È una notizia che, da qualche giorno, rimbalza sui social e sui quotidiani online

IL DESTINO DELLE SPIE


È una notizia che, da qualche giorno, rimbalza sui social e sui quotidiani online. Ma che non ha trovato molta eco nei grandi Media. E solo alla fine qualcosa è filtrato. Perché era impossibile tenere ancora tutto in silenzio.

Una cronaca scarna. Una imbarcazione. Con dei gitanti sul Lago Maggiore, affonda tra le isole Borromee e la Svizzera. Un fortunale, dicono. Una improvvisa tromba d’aria. Muoiono in molti. Quattro o più. Una disgrazia. La magistratura, in casi di questo genere, apre come d’obbligo un’inchiesta. Autopsie ed altro. Ma questa volta… nulla. E i sopravvissuti… spariscono. Senza lasciare traccia.

E così, a poco a poco, viene fuori che quattro passeggeri erano israeliani. Agenti del Mossad. Altri – il numero resta incerto, chi dice due, chi addirittura quindici – italiani. Dei nostri servizi di intelligence. Si parla anche di una donna. Russa. Moglie dello skipper. Morta anche lei.

Ora il Lago Maggiore è stupendo. Ma sinceramente non credo che un tale gruppo di “gitanti” fosse lì per ammirarne le bellezze naturali e artistiche. E il silenzio della magistratura appare eloquente. Come quello dei media. Qualcuno, e qualcuno molto potente e influente, ha ordinato di tacere. E di volgere lo sguardo altrove.

Ora tutte le ipotesi sono plausibili. Che ci facevano su quella barca, tutti insieme appassionatamente, agenti israeliani e italiani? Era una qualche operazione segreta sotto copertura? E la presenza di una cittadina russa può far pensare ad una qualche connessione con il conflitto in Ucraina? E se così fosse, perché il Mossad? O tutto è solo frutto del destino beffardo…. improbabile.

Ultima, ma non meno importante. Si è trattato davvero di un fortunale? Di un incidente? E allora perché vietano le autopsie?

Unica domanda che può avere facile risposta, è perché stavano recandosi in Svizzera. La Svizzera, con la sua storia di neutralità, è sempre stata il terreno privilegiato dei giochi dello spionaggio internazionale. Una sorta di porto franco, dove possono avvenire incontri (e scontri) che sono impossibili per la diplomazia ufficiale. E dove si combattono guerre di cui televisioni e giornali non parlano.

Sarebbe assurdo azzardare ipotesi. E ancora di più sperare di venire a conoscenza, prima o poi, della verità. Le guerre nascoste, i giochi di ombre restano sempre tali. Per moltissimo tempo, se non per sempre. E il destino delle spie non è solo vivere nell’anonimato. È morire in silenzio e sparire nel nulla.

James Bond è un romanzo di fantascienza. La vera spia è il, grigio e anonimo, George Smiley di Le Carrè.

Però la notizia, filtrata con fatica e indubbiamente alterata, è interessante. Merita. Rivela una realtà cui si presta poca, o nessuna, attenzione. Inevitabile. Perché è una realtà, e, più esattamente, una guerra che si svolge nell’ombra. E che ha i suoi codici, le sue battaglie. I suoi morti.

Qualche volta questi morti li possiamo intravvedere. In un andito oscuro. In un vicolo. O nelle acque di un lago. Non conosceremo mai i loro nomi. Né sapremo mai chi li ha uccisi. E perché. Ma ci fanno capire che quella che ci viene raccontata è solo la punta di un iceberg. Ben altri conflitti restano sommersi. E ignoti.

Ciò detto… resta una domanda. Che, lo so, continuerò a pormi a lungo. Che ci facevano lì israeliani ed italiani? Quale, delle molte palesi e di quelle occulte, guerra stavano combattendo?

Resterà l’ennesimo mistero di cui la nostra storia nazionale è costellata.

Andrea Marcigliano

 

 

 

 

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