La frase è attribuita a Stalin…

IL DESTINO DI VARSAVIA. SOGNI E REALTÀ


La frase è attribuita a Stalin. Ma potrebbe essere d’altri. Non conta chi l’abbia detta, ma il suo significato.

“I polacchi sono il popolo più coraggioso d’Europa. Ma anche il più stupido. Non puoi trovarti tra tedeschi e russi e pensare di combattere con entrambi. Sei destinato a perdere…”

L’ho un po’ rimaneggiata e ampliata. E, soprattutto, quando si parla di stupidità, il riferimento non è al popolo, ma alle classi dirigenti di Varsavia. Che, con poche eccezioni, continuano a vivere nel mito, nazionalistico e tribale, della Grande Polonia. L’egemonia polacco-lituana che tra XVII e XVIII secolo dominò un vasto impero nella regione. Controllando, di fatto, anche gran parte dell’odierna Ucraina.

 

 

 

 

 

 

 

 

Un mito che diventa, in certo qual senso, “incapacitante”. Incapacità di vedere con chiarezza la propria forza e i propri limiti. Di essere realisticamente conosci della propria posizione geografica. E di cosa questa comporti sotto il profilo politico.

La Polonia ha conosciuto stagioni lunghe e difficili. Smembrata, invasa. Sottoposta al dominio tedesco e a quello russo. Ma non è servito ad aprire gli occhi sulla vanità di un’illusione. Il Mito della Grande Polonia, di un passato ormai remoto. E neppure la tragedia vissuta nella Seconda Guerra Mondiale sembra avere portato ad una più attenta valutazione della realtà.

In sostanza, e fatte le debite proporzioni storiche, è come se l’Italia di oggi, le sue classi dirigenti, vivessero ancora nella fantasticheria di riconquistare tutto l’Impero che fu dell’antica Roma.

Assurdo. E pericoloso.

Eppure proprio questo approccio condizionato da un mito nazionalistico, spiega il ruolo di Varsavia, e il suo comportamento, nell’odierna crisi globale scatenata dal conflitto russo-ucraino.

Crisi nella quale la Polonia ha rivestito, e continua a rivestire, un ruolo di primo piano.

È stata infatti Varsavia, con il corteo dei piccoli Paesi Baltici, a fomentare e sostenere il golpe di Piazza Maidan.(1) E ad appoggiare l’evoluzione nazionalistica e violentemente anti-russa dei governi di Poroshenko prima, di Zelensky ora.

Marionette dei cartoni animati del Dipartimento di Stato Victoria Nuland e Ucraina.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed è ancora Varsavia che, più di ogni altro alleato, preme per un sempre maggiore, e diretto, coinvolgimento della NATO al fianco di Kiev.

Dichiarandosi persino pronta ad ospitare armi atomiche in posizione strategica per colpire la Russia.

Certo, dietro a Varsavia vi erano, e vi sono, ben altre “forze”. Il Regime Change a Kiev era stato deciso altrove. In centri di potere politico economico di oltre Atlantico.

E anche il premere per una escalation bellica non è una invenzione dei governanti polacchi. Che sono, palesemente, eterodiretti.

La nuova guerra fredda ha fatto sì che i liberali statunitensi imparassero ad amare la bomba
Bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Perdite civili: 90 000 – 166 000 vittime a Hiroshima. 60 000 – 80 000 vittime a Nagasaki. Sono seguite altre vittime ammalatesi negli anni per varie patologie tumorali.

È noto il ruolo avuto in tutte queste ultime vicende da Victoria Nuland e dalle Ong che fanno riferimento a George Soros. Così come storici, e forti, sono i legami tra Varsavia e Parigi. Per cui non è certo un caso che la Polonia faccia da cassa di risonanza, anzi, da amplificatore, ai furori bellicisti di Macron.

Dunque, in questo pericolosissimo gioco, Varsavia è uno strumento. E sa di esserlo.

Tuttavia mi sembra lecito chiedersene il perché. Ovvero perché si presti a questo con tanto…entusiasmo. Perché, soprattutto, non si muova con maggior cautela, come fanno gli altri paesi del versante est della NATO. Ben consci che sarebbero loro a pagare lo scotto più pesante in un, eventuale, conflitto con Mosca.

I polacchi non amano gli ucraini. E sono ancora aperte le ferite inferte dai nazionalisti ucraini di Bandera durante la Seconda guerra mondiale. Inoltre, le tensioni tra Varsavia e Kiev continuano tutt’ora. Come ha dimostrato la “guerra del grano”, che vede le proteste degli agricoltori polacchi per la “concorrenza sleale” dell’Ucraina.

Padroni del Mondo (2)

Tuttavia, Varsavia si presenta come il paladino della lotta contro Mosca. Prestandosi ad essere strumento di quegli ambienti di Washington e della NATO – con appendice nella UE – che tale conflitto mirano ad inasprire sino alle estreme, e tragiche, conseguenze.

E la ragione di questo atteggiamento schizoide riposa proprio nel mito, o se preferite, sogno, di cui parlavo.

A Varsavia vi è chi spera in una, futura, spartizione dell’Ucraina, e quindi nella riconquista di Leopoli e della Galizia. Nonché in una sostanziale egemonia sui Paesi Baltici.

Di fatto, la ricostruzione del vecchio Impero Polacco.

 

 

 

 

 

 

 

 

Un sogno pericoloso. Per i polacchi, certo. Ma anche, e soprattutto, per gli equilibri, già estremamente fragili e critici, di tutta Europa…

Redazione Electo
Andrea Marcigliano

 

 

 

 

 

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