Gli stati sono strutture. Architetture desiderate, pensate, progettate, realizzate. Sono destinati a contenere un corpo sociale

 

 

Gli stati sono strutture. Architetture desiderate, pensate, progettate, realizzate. Sono destinati a contenere un corpo sociale. Prevedono gangli di controllo e/o gestione normalmente chiamato

Il popolo di Parigi assalta la fortezza della Bastiglia il 14 luglio 1789, divenuta l’immagine-simbolo della Rivoluzione francese

“sistema”. Il sistema tende a funzionare secondo la concezione auspicata in modo direttamente proporzionale all’ubbidienza degli elementi privati e associativi che in esso sono ammessi dal sistema stesso. La disobbedienza mette in crisi il funzionamento e la sopravvivenza dell’organismo sistema. In tempo di bassa consapevolezza generale il sistema adotta metodi di controllo e gestione ad essa confacenti e soddisfacenti. Quando il gradiente di consapevolezza generale tende a crescere, il sistema a sua volta evolve. Ciò che andava bene prima perde di efficienza e diviene necessario escogitare adeguate infrastrutture. La Rivoluzione francese(1) prima e l’Internazionale comunista(2) poi – farcite da altre minori espressioni – ebbero il pregio di alzare il livello di consapevolezza comune relativamente ai dictat imposti dai sistemi governativi. L’alfabetizzazione ne accelerò il processo.

Per mantenere il controllo e la gestione sociale serviva un’idea. Gli editori della Carta stampata, imprenditori collusi all’interesse statale, misero in campo il necessario per dirigere le idee. Il monopolio di radio e tv, moltiplicò il potenziale di fuoco comunicazionale dei giornali. L’ubbidienza generale tendeva ad essere garantita con un certo grado di sicurezza. Le emittenti poi liberalizzate accompagnarono prima il rigurgito violento degli Anni di piombo(3), poi si sopirono cantando e ballando l’edonismo e l’individualismo come frontiere conquistate. L’opulenza seguente spense del tutto lo spirito di bellezza. Tutti accettarono i suoi alter ego in forma di benefit e centri commerciali. Non è un caso che la voce anarchica – e le sue consimili – fosse ed è per tutti nient’altro che disturbo senza valore, da annientare e dalla quale stare alla larga.

Intanto, sebbene prevalentemente sottotraccia, la consapevolezza generale cresceva. La cosiddetta democrazia lasciava spazi associativi ed editoriali alternativi al sistema. Almeno fino ad un certo punto considerato accettabile, ovvero innocuo, ma anche funzionale alla facciata democratica. L’avvento del web, presumibilmente liberalizzato per ragioni economico-commerciali, ha in poco tempo manifestato il suo potere di diffusione di quella consapevolezza individuale prima tenuta più facilmente sotto controllo. Le attuali Major digitali dispongono dei dati utili per recuperare il controllo perduto. I loro clienti non siamo noi ma gli Stati. Il potenziale di fuoco informatico a loro disposizione sostituisce la prima linea che era stata degli editori, dei monopoli di radio e tv. La logica per il dominio della comunicazione comporta la battaglia tra la crescente consapevolezza degli individui cioè, tra il loro potenziale di disobbedienza e il controllo sociale. Tutti ne siamo vittime potenziali: le informazioni ci arrivano in quantità e sovrapposte; le fagocitiamo con velocità crescente. È un fatto emozionale, perciò estremamente volatile e inidoneo al pensiero autonomo. Ma non detto sia casuale. Nella guerra della comunicazione può facilmente essere un progetto strategico, opportunamente messa in campo. Lo scontro tra sistema e individui, in atto sulla scia del mito di Davide e Golia, ha messo in campo un’arma convenzionalmente proibita dalla cosiddetta democrazia: la censura. La Voce del Padrone ormai non fa più paura a tanti. Loro sanno e reagiscono. Comitati scientifici e dichiarazioni di fake news nei confronti di tutto ciò che non corrisponde al sistema sono altri due espedienti del momento. La generale reazione impaurita e la relativa obbedienza ottenuta ne dimostrano l’efficacia. Il sistema riesce ancora a tenere il controllo.

Tuttavia forse l’argine si è rotto. Non in un punto solo, ampio ed evidente, dove sarebbe facile portare provvedimenti. Ha ceduto in mille piccoli luoghi di improbabile controllo. Si rende necessario un altro espediente che abbia la forza di riportare l’attenzione dove serve, che sappia distrarre dalle ragioni della disobbedienza, che distragga dalla crescita di consapevolezza. In quest’ottica il 2019-nCoV o – secondo la nuova definizione – il Sars-CoV-2, fa al caso loro. Voluto o casuale è un diversivo che vale 1000 Champions League. Con la presunta pandemia in essere il controllo può essere mantenuto. La paura permette di trasmutare in untore il vicino di casa, l’avventore che entra in negozio mentre noi usciamo. Permette di ubbidire a ordini da mandriani.

L’eventualità di un sistema mondiale in via di riassetto appare oggi assai probabile. In essa vengono meno quelle conquiste sociali e individuali che appena la generazione passata concepiva come permanenti. I ciarlatani, così loro li chiamano, si stanno organizzando, ma il loro nemico non è più il sistema, la sua polizia, la sua burocrazia. Gli Ufficiali dispongono ora di reggimenti di proboviri che mai avevano sognato di comandare. Sono divisioni di vicini di casa. Sovranità, debito pubblico, diritti del lavoro, scuola, sanità, infrastrutture edili, burocrazia, serietà morale fanno acqua a profusione. Un’evidenza disastrosa e paracriminosa, sufficiente a farci abbandonare la nave, eppure da loro presentata, e da noi vissuta, come un’ineluttabile realtà. Il nuovo assetto di controllo è in osservazione. Su come andranno le cose pare tutto già scritto. L’ordine del mondo renderà ulteriormente ubbidienti anche i sistemi degli Stati. Che saranno sempre di più inginocchiati ad ubbidire a loro volta secondo i comandi ricevuti. Il virus diversivo ha compiuto il suo scopo. La vera pandemia è nelle menti. Quella delle corsie di terapia intensiva non è niente al confronto. Attendiamo nuovi giri di vite. Prendere consapevolezza della logica del Sistema resta disponibile a tutti, purché non in preda a diversivi vari. Il libero pensiero ne risentirebbe. La dicotomia tra spirto e coscienza anche.

Lorenzo Merlo

 

 

 

 

Note:

  • (1) La Rivoluzione francese (nota anche come Prima rivoluzione francese o Grande rivoluzione francese per distinguerla dalla Rivoluzione di luglio e dalla Rivoluzione francese del 1848, rispettivamente seconda e terza rivoluzione francese), fu un periodo di radicale e a tratti violento sconvolgimento sociale, politico e culturale occorso in Francia tra il 1789 e il 1799, assunto dalla storiografia come lo spartiacque temporale tra l’età moderna e l’età contemporanea. Evento estremamente complesso e articolato nelle sue varie fasi, le principali e più immediate conseguenze furono l’abolizione della monarchia assoluta, la proclamazione della repubblica con l’eliminazione delle basi economiche e sociali dell’Ancien Régime, ovvero del sistema politico e sociale precedente, ritenuto responsabile dello stato di disuguaglianza e povertà della popolazione subalterna, e l’emanazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, futuro fondamento delle costituzioni moderne. Sebbene terminata con il periodo imperiale-napoleonico e la successiva Restaurazione da parte dell’aristocrazia europea, la Rivoluzione francese, insieme a quella americana, segnando il declino dell’assolutismo, ispirò le successive rivoluzioni borghesi liberali e democratiche del XIX secolo (i cosiddetti moti rivoluzionari), dando definitivamente impulso alla nascita di un nuovo sistema politico basato sul concetto di Stato di diritto o Stato liberale, in cui la borghesia divenne la classe dominante, prodromi a loro volta della nascita dei moderni stati democratici del XX secolo.[3]
  • (2) L’Internazionale Comunista (in tedesco: Kommunistische Internationale), nota anche come Comintern o Terza Internazionale, fu l’organizzazione internazionale dei partiti comunisti attiva dal 1919 al 1943. Il Comintern sorse per iniziativa dei bolscevichi russi dopo la dissoluzione della Seconda Internazionale, causata dall’appoggio concesso dai partiti socialdemocratici tedesco e francese ai propri governi in occasione della prima guerra mondiale. Il I Congresso si tenne a Mosca nel marzo 1919 con lo scopo di sostenere il governo sovietico, favorire la formazione di partiti comunisti in tutto il mondo e diffondere la rivoluzione a livello internazionale
  • (3) Gli anni di piombo identificano in Italia un periodo storico compreso tra la fine degli anni sessanta e gli inizi degli anni ottanta del XX secolo, in cui si verificò un’estremizzazione della dialettica politica che produsse violenze di piazza, lotta armata e terrorismo. L’espressione deriva dall’omonimo film del 1981 diretto da Margarethe von Trotta, che trattava l’esperienza storica analoga e contemporanea vissuta dalla Germania Ovest. Questa espressione può anche essere vista in un contesto internazionale e più ampio, comprendendo le varie attività terroristiche, come la strategia della tensione, e di appoggio a regimi dittatoriali, come l’operazione Condor, svolte dalle varie nazioni durante la guerra fredda, il conflitto a distanza tra Stati Uniti d’America e Unione Sovietica. L’arco di tempo del periodo così chiamato non è perfettamente definito. Si considera solitamente dalla fine degli anni sessanta all’inizio degli anni ottanta, anche se gli anni considerati di inizio e fine possono variare in funzione delle convinzioni politiche dello storico. L’inizio è solitamente individuato con la strage di piazza Fontana.

    Fonte

 

 

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