”È stupefacente come lo spirito gregario abbia schiacciato in modo così profondo un popolo tradizionalmente ribelle
IL DOCILE GREGGE DI PETER PAN
Leggiamo i risultati di un’analisi demoscopica condotta dall’omologo spagnolo dell’Istat su abitudini e credenze della popolazione di quel paese, così simile al nostro. La conclusione è sconfortante, benché tutt’altro che inaspettata: un gregge soggiogato e genuflesso, pronto a credere ed accettare qualsiasi sciocchezza, purché “nuova”, diffusa con la potenza della comunicazione e il fascino della moda. Otto intervistati su dieci riconoscono che “preferiscono seguire la maggioranza, anche se sono in disaccordo, per paura di essere emarginati”. È stupefacente come lo spirito gregario abbia schiacciato in modo così profondo un popolo tradizionalmente ribelle, fino a ridurlo a poltiglia umana timorosa di manifestare dissenso “a causa delle ripercussioni che può avere sulle nostre vite”.
Una sconfitta cocente per l’idea di libertà, che si nutre di contrapposizioni. Lo studio contiene rivelazioni devastanti. Una domanda riguardava le abitudini alimentari al tempo della pressione pubblicitaria e delle mode sociali. La maggioranza ha risposto che mangerebbe i cibi preferiti senza restrizioni se non ci fossero la “narrazione” salutista e le follie dell’Agenda 2030, che ci vuole consumatori di insetti e di altre piacevolezze estranee alle inclinazioni della specie.(P.I.)
Un’aspirazione comune è “avere rapporti intimi con diverse persone”. Ecco un punto decisivo: la promiscuità sessuale sganciata da sentimenti e regole è esattamente ciò che vogliono i padroni del gregge. Siamo talmente manipolati e docili da introiettare le linee guida del sistema come se fossero desideri autonomi. L’indagine include una serie di informazioni che delineano un paesaggio da discarica umana, che possiamo estendere all’Italia, al resto d’Europa e al disastrato occidente: sette spagnoli su dieci ammettono che le reti sociali (Facebook, Twitter, Instagram) condizionano il loro modo di agire e pensare; più della metà si sottopone a diete o ritocchi estetici per “non essere rifiutata”; quasi la metà segue le serie televisive di moda. Un panorama che descrive masse cretinizzate, regredite alla condizione infantile, eterodirette.
Un ulteriore pugno nello stomaco è la risposta sul ruolo della famiglia. Sarebbe importante conoscere come è stata posta la domanda, ma l’opinione più diffusa è: “la famiglia è un’importante ostacolo alla nostra indipendenza”. La mucillagine umana a cui ci hanno ridotto condivide alla lettera tutte le consegne, tutti i luoghi comuni della cultura imposta nell’ultimo mezzo secolo. Addirittura rinuncia volontariamente alla famiglia, l’istituzione naturale che potrebbe salvarla da un’esistenza privata di senso e direzione, per non avere ostacoli a un’indipendenza astratta, fatta di soggettivismo estremo, desiderio di “realizzazione” e volontà di sciogliere ogni vincolo. Nessuno stupore se ogni sciocchezza e schifezza proveniente dal centro dell’impero diventa prontamente moda seguita con stolido entusiasmo di gregge. Pensiamo ad Halloween, che ha sostituito la festa dei santi e la solennità dei defunti con festicciole a base di travestimenti satanici. Le zucche forate per farne oggetti antropomorfi sono l’allegoria delle nostre teste vuote riempite con la segatura fornita a caro prezzo dal sistema. D’altronde, ci siamo lasciati inoculare preparati che non hanno immunizzato dalla pandemia e ci hanno finanche persuaso che l’aumento della mortalità – al netto delle morti “con” o “per” Covid – sia causata dal cambiamento climatico prodotto dall’uomo cattivo, lo stesso, peraltro, riconfigurato a colpi di “dolcetto o scherzetto”. Consegniamo noi stessi e i nostri figli a veri e propri predatori seriali che fanno credere che la famiglia reprime l’autonomia e l’indipendenza. Ne L’abolizione dell’uomo, C.S. Lewis scrisse che sarebbe arrivato il momento in cui i “manipolatori armati dei poteri di uno stato onnicomprensivo e di una tecnologia scientifica irresistibile”, avrebbero completamente rimodellato le generazioni. Quel momento è arrivato. Siamo una folla infantilizzata alla deriva, una massa amorfa che accetta acriticamente ogni novità proveniente dall’alto. Foglie morte in balia del vento. Una delle caratteristiche più sorprendenti della società odierna è l’enorme rapidità con cui alcune nozioni o idee nuove, strane e insolite raggiungono un’ampia accettazione, per quanto assurde siano. È sufficiente che la televisione e le reti sociali lancino un messaggio ripetuto, avvolto in una narrazione accattivante, preferibilmente “buonista”, perché un’idea venga accolta in fretta e senza alcun giudizio critico. Credenze sempre nuove – spesso sciocche o folli – appaiono come dal nulla, si diffondono e riescono a rompere qualsiasi ancoraggio non solo al passato, ma anche al senso comune, alla logica, alla verità più evidente, come se il pensiero navigasse alla deriva tra emozioni e mode.
Le direttrici dell’infantilismo e dello spirito gregario sono la coazione a ripetere e il linguaggio politicamente corretto di cui neppure più ci accorgiamo. Parole, concetti, credenze, abitudini nuove sorgono all’improvviso, instabili e mutevoli. Alcune parole vengono sostituite da altre – inventate – poiché ritenute improvvisamente offensive per qualcuno, o censurate in quanto razziste, sessiste, discriminatorie, nonostante “prima” non sembrassero tali.
Cresce in modo sbalorditivo il numero delle “identità di genere”, in attesa di essere superate il giorno successivo. L’acquiescenza generale è il segno del conformismo diffuso e della carenza di pensiero critico. Siamo al punto in cui moltissimi sono convinti che anticonformismo sia aderire e sostenere i criteri predicati dagli altoparlanti del sistema, attaccando chi li mette in discussione. Il mondo sottosopra.
Perché così tanti sono disposti a credere a qualsiasi cosa? Da dove viene la tendenza ad adottare rapidamente l’opinione percepita come maggioritaria, che è invece l’idea imposta dai padroni del linguaggio per i loro scopi? Un’ipotesi è quella formulata da David Riesman ne La folla solitaria, un saggio del 1950. Già all’epoca si stava verificando un cambiamento drastico nel carattere dell’individuo medio, una trasformazione radicale nel modo di formare i criteri delle scelte di vita. Tale cambiamento è parte di un’ampia evoluzione verso una personalità umana sempre più flessibile. Molti anni dopo, Zygmunt Bauman avrebbe parlato di società liquida. In natura ciò che è liquido si disperde oppure assume la forma del contenitore, ossia di chi guida e orienta i processi sociali. Per Riesman sono tre le tappe storiche attraverso le quali è passato l’uomo: l’individuo guidato dalla tradizione; quello “introdiretto” (inner-directed) e infine, la personalità eterodiretta (other-directed), standardizzata, seriale, conformista, quindi accettabile dal gruppo sociale di appartenenza. È il risultato peggiore dell’egualitarismo. Una società di individui non è pianificabile se non convincendola che bisogna essere “come tutti gli altri”. Conseguito questo risultato, la società si è già arresa, autoconsegnata al padrone del gregge.
Nelle società di ieri la maggior parte era guidata dalla tradizione. Erano sufficienti idee rigide, stabili da una generazione all’altra, non era necessario cercare nuove soluzioni poiché pochi erano i nuovi problemi. Le grandi trasformazioni generate dalla rivoluzione industriale produssero un individuo dall’indole più flessibile, guidato dal suo foro interiore, un soggetto che manteneva determinati principi e alcuni valori fondamentali, ma, immerso in una realtà mutevole, non ricorreva più a regole fisse. Ognuno tendeva a formare i propri criteri, decidendone il corso in ogni nuova situazione. Non esisteva un percorso segnato, ma l’individuo possedeva ancora una bussola per orientarsi. L’accelerazione del cambiamento tecnologico e la cultura di massa hanno determinato l’apparizione del soggetto guidato da altri, che ha rotto con il passato e manca di principi per formare i suoi criteri: si limita all’imitazione dell’ambiente. Non ci sono più valori stabili ma idee in rapido mutamento; tutto è in balia delle mode o dell’influenza dei media. La fase adolescenziale, con la sua irresistibile influenza del gruppo dei pari e delle loro pulsioni emotive, si estende simbolicamente al resto della vita, dando origine a un tipo umano il cui obiettivo primario è l’approvazione. Si estende un’infantilizzazione di massa che disprezza l’esperienza in quanto inservibile nel mutamento tecnologico. L’individuo ha smarrito la bussola, ma gli è stato fornito un radar per rilevare dove si trovano gli altri. Per Riesman il mondo eterodiretto della folla solitaria è una sorta di risposta evolutiva: la flessibilità come processo di adattamento a un mondo sempre più mutevole. Gli mancava, inevitabilmente, la prospettiva per prevederne le conseguenze. L’eccessiva flessibilità genera personalità malleabili, facilmente plasmabili dal potere, una massa amorfa che assume forme capricciosamente cangianti. Questi soggetti si considerano liberi, dalla mente aperta, ma sono facile preda dell’ambiente, dei mass media, dei persuasori più o meno occulti, dei gruppi di pressione. La loro flessibilità è apparente poiché, una volta convinti, assumono un atteggiamento dogmatico, aggressivo con chi non condivide l’opinione del momento. Farsi guidare dall’ ambiente conduce a un mondo di contraddizioni: la folla solitaria. La mancanza di ancore spiega la naturalezza con cui oggi si accetta l’allarmante rottura dei principi che sorreggono lo Stato di diritto: l’eguaglianza davanti alla legge, la libertà individuale, la limitazione del potere. Emergono sempre più leggi che violano questi principi, regole che accordano diritti speciali per determinati gruppi, ovvero nuovi privilegi.
La pandemia ha offerto una radiografia della mancanza di principi e della flagrante disconnessione dal passato, anche prossimo. Il confinamento dell’intera popolazione, escluso perché controproducente in tutti i piani di contrasto alle epidemie e in quanto violazione dei diritti fondamentali, è stato imposto a cascata in un paese dopo l’altro, semplicemente perché altri governi così avevano deciso: una decisione chiaramente eterodiretta. L’instabilità dei criteri ha prevalso senza che la maggioranza ne fosse consapevole. In una prima fase, una massa chiassosa ha approvato la privazione dei diritti dei non vaccinati. Una volta ottenuta la vaccinazione di massa, con esiti contraddittori e ricatti evidenti, la stessa folla ha premuto affinché continuassero le restrizioni. Ha anche mostrato indifferenza per le esperienze del passato, accettando in modo minaccioso, isterico e furioso, l’idea che una semplice mascherina fosse in grado di fermare un virus respiratorio. L’umanità di ieri sapeva che non è vero. Decenni, secoli di conoscenze accumulate sono svanite dinanzi alla schiacciante intimazione – diffusa a reti e testate giornalistiche unificate – a credere in pseudo dogmi scientifici i cui testimonial in camice bianco sono spesso contraddittori, inattendibili, gravati da vicinanza alle multinazionali farmaceutiche e compromissione con il potere politico. Le masse infantilizzate hanno rapidamente dimenticato che le proposizioni scientifiche non sono verità assolute ma acquisizioni provvisorie passibili di confutazione. Le personalità “intro-dirette” sono risultate una minoranza, sia pure non trascurabile, rispetto a una vasta massa acritica nutrita di parole d’ordine mediatiche. Di qui l’impossibilità di comprensione reciproca e lo smarrimento di fronte all’instabilità e all’intransigenza della folla.
L’individuo guidato dal suo foro interiore è più equilibrato, libero e critico. Condivide alcuni principi e valori con il gruppo, ma ha principi a cui non rinuncia. Sebbene controcorrente, è meno manipolabile perché l’adesione a convinzioni radicate agisce come freno agli istinti, all’influenza emotiva dell’ambiente, dei media, dei governanti e dei gruppi di pressione. Senza adeguati elementi di giudizio, provenienti dalla cultura, dalla comunità e dalle convinzioni personali, gli individui finiscono prigionieri di dogmi, slogan, consegne senza senso ma di fascino immediato, diventando disponibili a cancellare ogni passato, definito malvagio e sbagliato. David Riesman non avrebbe immaginato che la folla da lui analizzata avrebbe un giorno reclamato la rimozione delle statue di Thomas Jefferson, padre della nazione americana. Le generazioni postmoderne, insieme con l’animus del gregge, soffrono la sindrome di Peter Pan, la condizione psicologica di chi è incapace di crescere, diventare adulto e assumere responsabilità. Il dramma è che questa malattia che infantilizza, rende vulnerabili e deboli, è epidemica perché eterodiretta dal potere che ci vuole omologati, capi di bestiame con il codice a barre. In balia del presente e dell’”ultima” moda, canne al vento o foglie morte, paghi di essere “come tutti gli altri”: Peter Pan e la banda dei bambini sperduti.
Roberto PECCHIOLI
Potrebbe Interessarti
.