”Risolvere il gioco dell’esistenza facendo il vuoto di sentimenti e passioni dentro di sé dando un fondamento alla propria vita
IL GIOCO DELLE PARTI

Leone Gala mi ha sempre affascinato. È uno dei personaggi di Pirandello che mi hanno maggiormente colpito. Il suo distacco ironico dalla vita. Il suo essere, volutamente, un guscio vuoto. In apparenza uguale agli altri. Come tutti soggetto alle convenzioni, alle ipocrisie della società. In realtà… totalmente alieno. O meglio su un altro piano. Quello, vuoto, dell’essere. Non quello, ingombro di troppe cose, dell’esistere.
Il dramma ha l’andamento di una commedia brillante. Il Gioco delle Parti, come in una pièce dei comici, quelli che improvvisavano sul palco, che recitavano a soggetto. E che Pirandello non solo ben conosceva, ma particolarmente amava. Una pupazzata. Il gioco degli equivoci. Un gruppo di giovani bene che sbagliano appartamento. Hanno festeggiato il ritorno di uno di loro da Parigi. Si presume abbiano bevuto vogliono andare da una, ben nota in città, entraîneuse… Si usava, un tempo, per concludere una serata di baldoria. Tra uomini.
Vergognosi? Mah… giovani, spensierati, allegri. Nessuna trasgressione morbosa. Nessun droga party con trans e affini. Come accade oggi in un certo mondo. Quello che piace alle vestali del politically correct…
Comunque, sbagliano piano. E porta. Fanno irruzione nell’appartamento di Silia. La moglie di Leone Gala. Che non è sola. Con lei c’è Guido, il migliore amico di Leone. E, ovviamente, l’amante di Silia. I giovani fanno irruzione, e mancano di rispetto alla Donna. Ma Guido, l’amante, non interviene. Si è nascosto. L’apparenza va salvata. La forma conta più della sostanza.
Da questo equivoco, da pochade borghese, si genera il dramma.
Paradosso radicalmente pirandelliano.
La vita è, tutto sommato, una farsa. Cosa c’è di più farsesco dell’amante nascosto in camera, della donna insultata, che pretende che sia il marito cornuto a vendicare il suo onore?
Farsa, ma perché tale è la vita. O meglio l’esistenza ordinaria. Che ci ostiniamo a chiamare vita. Anche oggi, nonostante della vita vera abbia ormai perso anche la minima parvenza. E si sia tradotta in una farsa. Triste e squallida, però…
Comunque, Leone Gala a fingere che la farsa sia una cosa seria, non ci sta.
La prende con leggerezza. Non è una cosa seria. Per gli altri, tutti, la moglie, l’amante di lei, lo è, invece. Seria, tragicamente seria. Tremendamente seria. La gabbia dei luoghi comuni, delle convenzioni sociali, delle ipocrisie ha, per loro, sbarre troppo strette. Non lascia scampo. Soprattutto perché è il prodotto di un minimo Comun denominatore. La rappresentazione dominante. Arthur Schopenhauer. E il lanternino del professor Anselmo Paleari.(1)
Riassumo, vecchio vizio da vecchio prof…
Il mondo è una stanza buia. Ci aggiriamo avendo in fronte, ognuno, un lanternino. Che emana un alone di luce. Non solo parziale e limitato, ma anche fioco e tremolante. Quello che vediamo, o meglio crediamo di vedere, pensiamo sia la realtà. Tutta la realtà. La somma dei lanternini crea, poi, l’illusione di avere una certezza. La Verità. Che è tale perché riconosciuta dalla maggioranza. Come e perché, non importa. Se la maggioranza si convince, o si fa convincere che le cose stanno in un determinato modo, non c’è nulla da fare. Nulla di cui ragionare. Soprattutto se tale persuasione fa leva sugli istinti più infimi. E sulle paure…
Leone Gala, però, ha ben compreso il gioco illusorio dei lanternini. Il gioco delle ombre che incutono terrore alle umane bestie. E determinano le loro azioni. Come i fili dei burattini. Anche se non si vede chiaramente il puparo.
Ma Leone è un uomo vuoto.
Vuoto di aspettative, illusioni. Soprattutto vuoto di paure. Lascia che l’esistenza scorra. Ma distingue vita da forma. E discute, a colazione, col suo cameriere. Che, come dice, è stato rovinato dalle idee di Bergsòn.
Per Silia, volubile, inquieta, ansiosa, maligna, il finale è una tragedia. Per il debole Guido, prigioniero delle convenzioni, è, inevitabilmente, la morte.
Per Leone è solo l’ennesima declinazione della pupazzata.
Il perenne Gioco delle parti.

Note:
(1) Lanterninosofia. La cosiddetta “lanterninosofia” è una teoria filosofica esposta da Mattia Pascal al proprietario della pensione in cui egli alloggia, Anselmo Paleari, il quale ama filosofeggiare. Secondo questa teoria gli uomini hanno la possibilità di conoscere soltanto poco della realtà, poiché sono dotati di un lanternino che genera poca luce e che quindi non permette loro di avere una conoscenza completa della realtà: il mondo così come appare è soltanto un’illusione, generata dalla luce del lanternino che tende a tramutare la natura di ciò che ci circonda. (f.d.b.)
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