Un secolo fa il fascismo scioglieva la Massoneria, chiudendo un capitolo oscuro e intrecciato tra potere, ideologie e società segrete.
IL MISTERO ROSSO E NERO DELLA MASSONERIA
Marcello Veneziani
Nel 1925 il regime fascista decretò la dissoluzione della Massoneria, sancendo la fine di un rapporto ambiguo e tormentato che aveva attraversato le fasi salienti della storia politica italiana tra Otto e Novecento. Ma la rottura non fu solo un atto repressivo: rivelò un intreccio profondo e rimosso tra fascismo, antifascismo e Massoneria, che coinvolse socialisti, sindacalisti e liberali in un labirinto ideologico in cui destra e sinistra, rivoluzione e reazione, spesso si confondevano. Marcello Veneziani riapre un capitolo scomodo e trascurato, indagando le ambiguità e i legami sotterranei di una confraternita troppo spesso ridotta a stereotipo cospirativo. Un viaggio tra miti, retroscena e verità taciute, dove la storia ufficiale si intreccia con il mistero rosso e nero della Massoneria italiana. (f.d.b.)
Cent’anni fa, nel 1925, il regime fascista scioglieva la Massoneria. Si chiudeva con una rottura vistosa un rapporto controverso e intenso tra fascismo e massoneria, anzi tra fascismo, antifascismo e massoneria, che coinvolgeva anche sindacalisti, liberali e socialisti. È una storia importante e decisiva, a lungo rimossa e sbrigata con facili schematismi, imbarazzante sia per i fascisti che per gli antifascisti, per gli stessi massoni e per i socialisti. La Massoneria viene tirata dentro tutti i complotti e le trame possibili e impossibili; poi quando c’è davvero un retroscena d’intrighi, passa inosservato.
Dunque, partiamo dalla storia di superficie. La Massoneria era considerata, lo diceva anche Antonio Gramsci, il vero partito della borghesia. Nel giudizio comune la Massoneria è portatrice di una concezione liberale, laica e cosmopolita, refrattaria alle ideologie estreme, radicali e antiborghesi. In realtà, la sua storia è assai diversa. Molti esponenti del socialismo e del fascismo erano massoni. La Massoneria aveva avuto un ruolo importante sia nel Risorgimento che nell’interventismo della Prima guerra mondiale. Non erano solo evidenti i legami tra la Carboneria e la Libera Muratoria; ma molti esponenti del Risorgimento, a cominciare dal suo Eroe più rinomato, Garibaldi, erano massoni di alto grado.
Anche nel movimento che condusse all’intervento italiano nella Prima guerra mondiale, a fianco della Francia, dell’Inghilterra e poi degli Stati Uniti, la Massoneria ebbe un ruolo fondamentale, anche nella conversione di molti socialisti alle ragioni dell’irredentismo e della guerra nazionale. La ragione primaria della posizione massonica non fu tanto a favore della causa patriottica quanto la sua opposizione al Trono e all’Altare; e in questa luce sia i socialisti sia i nazional-fascisti erano funzionali al suo disegno contro gli Imperi Centrali e la Chiesa.
Quando Mussolini passò dalla neutralità all’interventismo e lasciò la direzione de l’Avanti!, ebbe il sostegno economico di ambienti massonici per fondare il Popolo d’Italia. Due figure legate alla massoneria furono importanti in quel passaggio: Filippo Naldi dette una robusta mano a Mussolini per far nascere il quotidiano interventista da cui poi sarebbe scaturito il fascismo, e sul piano delle idee il filosofo socialista Giuseppe Rensi accompagnò il passaggio di Mussolini dal socialismo all’interventismo e poi alla fondazione del fascismo. Rensi fu il filosofo della svolta autoritaria del fascismo; salvo poi assumere una posizione antifascista.
Qualche tempo fa scrissi sulla presenza massiccia della Massoneria nel Partito fascista e nel Parlamento italiano all’epoca del primo governo Mussolini (erano ben 267 i parlamentari di maggioranza e di opposizione affiliati alla Massoneria). Secondo la documentazione pubblicata da Luca Irwin Fragale ne “La Massoneria nel Parlamento. Primo Novecento e Fascismo”, edito da Morlacchi University Press, massoni erano i quadrumviri della Marcia su Roma, Italo Balbo, Emilio De Bono, Michele Bianchi, massoni erano i vertici del Pnf, da Achille Starace ad Attilio Teruzzi, massoni erano Dino Grandi e Giuseppe Bottai, massone era Gabriele d’Annunzio (come lo erano stati Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli) e alcuni suoi collaboratori dell’impresa di Fiume, come lo stesso Alceste de Ambris che scrisse col Vate la Carta del Carnaro. E poi massoni, non aderenti alla stessa loggia, furono il sindacalista Edmondo Rossoni, il ministro Araldo di Crollalanza, il giurista Alfredo De Marsico; il ras fascista di Cremona Roberto Farinacci e il ras di Cerignola Peppino Caradonna; e Bernardo Barbiellini Amidei, Aldo Finzi, Balbino Giuliano e Costanzo Ciano, padre di Galeazzo, Alberto Beneduce, il fondatore dell’Iri e Giacomo Acerbo, autore della legge elettorale che porta il suo nome. E Armando Casalini, ex repubblicano e poi deputato fascista, ucciso nel 1924 su un tram a Roma sotto gli occhi di sua figlia, “per vendicare Matteotti”.
Di massoni in verità ce n’erano altrettanti anche all’opposizione antifascista: dal leader dell’Aventino Giovanni Amendola al comunista Francesco Misiano, dal socialista Ivanoe Bonomi al sindacalista e socialista Arturo Labriola, dal futuro partigiano Emilio Canevari al democratico sociale Andrea Finocchiaro Aprile, dal demoliberale Luigi Luzzatti al socialista Corso Bovio, da Pietro Mancini (padre di Giacomo) a Mario Berlinguer, della nota famiglia che dette poi i natali ad Enrico. E personalità come Vittorio Emanuele Orlando, l’economista Maffeo Pantaleoni, gli scrittori Paolo Orano e Sem Benelli, e ancora altri sindacalisti rivoluzionari. Un elenco lunghissimo. Senza dire dei massoni “esoterici”, legati ai riti più antichi e più defilati dall’arena politica. Fratelli tutti, si potrebbe dire parafrasando un’enciclica di Bergoglio: ma nel senso della fratellanza massonica…
Qualche giorno fa Paolo Mieli sul Corriere della sera ha ricostruito il rapporto tra Massoneria e fascismo, basandosi su una nuova ricerca di Fulvio Conti, appena uscita da Carocci (“Massoneria e fascismo. Dalla Grande guerra alla messa al bando delle logge”): dalla scissione dalla Gran Loggia d’Italia al ruolo di Domizio Torrigiani, e poi le vicende che seguirono, passando dall’interventismo alla nascita del fascismo, dall’avvento al potere di Mussolini al delitto Matteotti in cui quasi tutti i protagonisti e mandanti del sequestro e del delitto erano iscritti all’obbedienza massonica di Piazza del Gesù. E poi, ancora, dall’attentato a Mussolini ad opera del massone e socialista Tito Zaniboni poco prima dello scioglimento della massoneria, fino alla chiusura dei Rotary nel 1938, perché molti massoni si erano rifugiati nei loro club. Riapparve la Massoneria alla caduta del regime fascista: alla seduta del Gran Consiglio il 25 luglio del ’43, otto massoni votarono contro Mussolini; due confratelli si schierarono invece dalla sua parte, Farinacci e Buffarini Guidi. Poi ci fu il governo Badoglio, con molti massoni. Quanti fili di continuità sommerse dietro tante fratture storiche…
Resta un mistero il legame così forte di tanti fascisti con la massoneria, pur nella dichiarata ostilità di Mussolini e del regime verso le logge. E resta un mistero la rottura tra il regime e la massoneria, in parte spiegata con l’avvicinamento del regime fascista alla Chiesa cattolica, poi sancita dal Concordato. Ma probabilmente ci furono altri scontri sotterranei di altro tipo. È plausibile ipotizzare che la massoneria non si muovesse come un blocco unico ma fosse divisa tra diverse osservanze, in particolare tra una parte “nazionale” più vicina al fascismo e una più legata alle logge franco-inglesi via via sempre più antifascista; senza considerare che alcune figure della massoneria giocarono su due tavoli, esattamente come dall’altra parte fecero alcuni esponenti fascisti, sicché furono pro e contro il regime, a fianco di alcuni gerarchi e a fianco dell’opposizione. Comunque restò il paradosso che a pronunciarsi in Parlamento contro lo scioglimento della massoneria furono Benedetto Croce e Antonio Gramsci, che avevano più volte criticato la massoneria. E viceversa a sostenere lo scioglimento vi furono molti fascisti che avevano da poco riposto il cappuccio di fratelli… Un paese pirandelliano, non c’è che dire (E anche di Pirandello si diceva che una loggia…).
