Quello del ritorno degli Eraclidi è un mito

Donald Trump

IL RITORNO DEGLI ERACLIDI


Quello del ritorno degli Eraclidi è un mito. Ma uno di quei miti greci che adombrano un avvenimento storico. E che, a ben vedere, sono davvero molti. A partire dalla guerra di Troia.

Dunque, gli Eraclidi. Dopo che Eracle morì, o meglio fu assunto fra gli Dei, la sua discendenza fu obbligata a lasciare il Peloponneso, perseguitata da Euristeo. Ma un Oracolo predisse che sarebbero tornati “alla terza messe”. Dopo tre generazioni.

E così fu.

 

Descrizione

Tutta la letteratura antidemocratica del IV secolo a.e.v. guardò a Sparta con nostalgia, come a sede di nobili uomini, scevri da volgari interessi e da edonismo. A chi chiedeva in che le leggi di Licurgo avessero giovato a Sparta, rispose Agesilao: “A disprezzare il piacere”. Platone propose Sparta all’eternità e come modello, e non dovette trovare altrove il suo Stato dello spirito, in cui uomini sublimi, purificati da ogni lordura, attendessero a farsi divini; e attribuisce ai ‘custodi’ della Repubblica costumi modellati su quelli degli Spartani: educazione marziale; immediatezza di istinti contro il nemico; eugenetica; beni e donne in comune. Come a Sparta, Platone lascia commerci e artigianato ai ‘tecnici’, e avverte che essi devono bene eseguire e mai decidere, non essendone capaci: perpetuo monito, valido soprattutto in questo XXI secolo.

Il mito probabilmente parla dell’invasione dorica. La discesa da Nord dei cavalieri dalle lunghe lance. Che portarono il cavallo e il culto di Poseidone. Dando origine alla stirpe di Sparta. E la stessa dinastia macedone, quella di Alessandro Magno, rivendicava tale ascendenza.

Storie vecchie. Anzi antiche. E, tuttavia, che hanno, o sembrano avere, risonanze in tutte le epoche. Anche nella nostra.

Perché è abbastanza evidente come, negli States e un po’ in tutto il mondo occidentale, covi, oggi, una forte aspettativa. L’attesa di… un ritorno.

Certo, nessuna somiglianza con Eracle e la sua stirpe. Il volto rubizzo, i capelli color carota, acconciati, anzi plastificati in modo indescrivibile…. la collezione di Barbie più o meno stagionate e plastificate, con le quali, da sempre, si accompagna…

Eppure, l’atteso, l’Eraclide del nostro tempo, non può essere che lui. Donald Trump. O meglio The Donald, come lo chiamano i suoi sostenitori.

L’avventuroso miliardario populista, che ha guidato gli States per quattro anni. In modo, certi, originale. Ma non privo di una qualche genialità.

Anzi, troppo originale, e geniale, per piacere ad un certo establishment, o meglio a quello Stato Profondo che non ha alcun consenso popolare, anzi di questo si disinteressa. Perché i suoi scopi, economici e non solo, non hanno nulla a che fare con quella “democrazia” di cui si ammanta. Velo di ipocrisia, che nasconde le peggiori turpitudini.

Così, The Donald ha perso le elezioni con nonno Joe. Che di quei poteri è inquietante, e incredibile, burattino. Come abbia perso, quasi inutile evocarlo. Probabilmente il più clamoroso, e palese, broglio elettorale della storia.

Cosa sarebbe stata l’America, e cosa il mondo, in questi ultimi anni con Trump alla Casa Bianca, è difficile dirlo con certezza. Ma, con ogni probabilità, non ci sarebbe alcun conflitto in Ucraina. E ci saremmo risparmiati la tirannide sanitaria della, cosiddetta, pandemia.

Oggi, comunque, The Donald sembra sul punto di tornare. Più forte di un tempo. Perché ha ormai conquistato il Partito Repubblicano, mettendo nell’angolo le vecchie oligarchie familiari che, da sempre, lo dominavano. I Bush ed altri.

E ha imposto una nuova linea politica, come si è visto alla Camera, quando lo Speaker repubblicano è stato messo in minoranza dai rappresentanti del MAGA. Ovvero, Make America Great Again, lo slogan di Trump. E non su una questione secondaria: gli accordi con i Dem per continuare a stanziare fondi per l’Ucraina. E con la minaccia del taglio dei finanziamenti a tutto l’apparato statale. Forze Armate comprese.

Trump rappresenta, molto a modo suo, una cultura politica che mai, prima, aveva conquistato la Presidenza. Ed egemonizzato un grande partito. Il populismo. Che è, negli States, una cultura importante, alternativa sia ai liberal che ai conservatori.

Negli anni è stata rappresentata da movimenti popolari – ricordate i Tea Party? – e da intellettuali di grande spicco come Christopher Lasch, il massimo pensatore sociale di fine ‘900, o Paul Picone con la rivista “Télos”. Mai, però, era divenuta forza politica di governo.

L’odio per Trump, i continui tentativi di eliminarlo, attraverso gabole giuridiche e magistrati compiacenti, la demonizzazione della sua figura, cela una paura più profonda.

The Donald potrà essere anche un personaggio pittoresco, una meteora, ma nella sua ombra sta insorgendo il Populismo. L’anima dell’America profonda che, se si affermasse, potrebbe spazzare via l’egemonia dei “soliti noti”. Che si celano dietro alle maschere dei liberal e dei conservatori. Dell’Asino e dell’Elefante.

Sarebbe una autentica Rivoluzione. O, se vogliamo, il ritorno dell’America alle sue origini popolari più autentiche.

Il Ritorno degli Eraclidi, appunto.

Andrea Marcigliano
Andrea Marcigliano

 

 

 

 

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