Giordano Bruno non è stato solo un filosofo di grande rilievo, ma un personaggio di spessore unico, un simbolo dell’intera Rinascenza

Statua di Giordano Bruno

Giordano Bruno non è stato solo un filosofo di grande rilievo, ma un personaggio di spessore unico, un simbolo dell’intera Rinascenza. Nelle fiamme del rogo che lo arse in

Roma, piazza Campo de’ Fiori con la statua di Giordano Bruno

Campo dei Fiori il 17 febbraio del 1600, stando ad un altro grande del pensiero italiano, Andrea Emo(1), si dissolse un’intera civiltà con il suo irrefrenabile slancio verso l’infinito. Di Bruno e del suo pensiero si è, nel corso dei secoli, detto tutto e il contrario di tutto. La bibliografia che lo riguarda ha riempito intere biblioteche ma, spesso, si è mostrata partigiana, in un senso o nell’altro. Si deve a Michele Ciliberto, docente della Normale di Pisa e tra i massimi esegeti della filosofia del Rinascimento, un’opera monumentale e chiarificatrice, Il sapiente furore. Vita di Giordano Bruno, nelle librerie per Adelphi (pp. 812, euro 22,00).(L.C.) L’autore, fin dall’incipit del volume, tende ad inquadrare la figura di Bruno all’interno del perimetro teorico del Rinascimento, non ritenendo tale età, si badi, blocco monolitico che, sic et simpliciter, avrebbe condotto illuministicamente l’umanità dall’oscuro Medioevo alla modernità. Al contrario, la Rinascenza è stata per antonomasia, come ha suggerito Cacciari, età del tragico: Giordano Bruno la incarnò esemplarmente nel percorso di vita e la testimoniò nelle opere. In esse dette nuovo vigore alla potestas dionisiaca. Ciliberto ribadisce l’intreccio profondo che lega in Bruno biografia e filosofia, chiarendo che: «la galleria delle fonti di un autore […] è importante» (p. 11), ma ancor di più lo è: «la chiave biografica in cui esse sono ripensate» (p. 11). Nel caso del Nolano, ebbe rilevanza il ruolo «mercuriale» che egli si attribuì. Il filosofo era fermamente convito che stesse giungendo a conclusione il ciclo ebraico-cristiano e svolse la funzione di annunciatore, attraverso la «nova filosofia», del ciclo «egizio». Si sentì profeta di un Nuovo Inizio europeo.

«Giordano Bruno nacque, nei primi mesi del 1548 a Nola, nella contrada di S. Giovanni del Ciesco, alle pendici del monte Cicala, da una famiglia non certo agiata. La madre, Fraulisa Savolino, apparteneva ad una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Il padre Giovanni era un soldato di professione, fedele al re di Spagna, in onore del quale impose al figlio il nome di battesimo del principe ereditario, Filippo. Del luogo natio, la gloriosa Nola, che aveva respinto Annibale e accolto l’ultimo respiro di Augusto, aveva ereditato la fierezza e lo spirito combattivo e, anche quando l’abbandonerà a 14 anni per andare a studiare a Napoli, Filippo Bruno rimarrà per sempre il “Nolano”.

Giordano Bruno

Nola, con la sua tradizione di indomabili guerrieri, dalla cui stirpe discendeva tuo padre, è patria degna di un Mercurio. E’ una terra dagli umori forti e in questo mi sento, anche nei miei difetti, suo figlio genuino, orgoglioso di essere nato sotto quel benigno cielo. Non potrei mai dimenticare i dolci pendii del Monte Cicala, ove giovinetto mi avventuravo tra l’edera e i rami d’olivo, del cornio, dell’alloro, del mirto e del rosmarino. Sentivo la natura animare e informare tutto con un potente dinamismo che da dentro il seme o radice manda ed esplica i germogli; da dentro i germogli caccia i rami, da dentro i rami le formate branche, da dentro queste spiega le gemme; da dentro forma, figura, intesse, come di nervi le fronde, i fiori, i frutti. Avvertivo la presenza di Dio, natura infinita, in tutte le cose per cui non c’è bisogno di cercarlo altrove ché l’abbiamo appresso, anzi di dentro, più che noi medesmi siamo dentro a noi. Così tutto si anima, tutto si risponde, dalle cose grandi alle vilissime minuzzarie, dall’albero al fiore al filo d’erba tutto, quantunque minimo, è sotto infinitamente grande providenza, perché le cose grandi sono composte de le picciole e le picciole de le picciolissime. È il complicato che si esplica, Dio che si fa natura, la luce che si fa ombra e viceversa.(N.d.R.) (Guido del Giudice Giordano Bruno il profeta dell’universo infinito)»

Tale consapevolezza accompagnò Bruno per tutta la vita, fin dall’infanzia. Egli racconta, infatti, che da infante, alla vista di un serpente fuoriuscito da una parete della sua stanza: «acuendo tutte le facoltà dell’animo, riuscì a parlare e a farsi intendere, a capire tutto quanto gli accadde intorno» (p. 26). Con questo riferimento, assieme ad altri di cui ci ha lasciato traccia nelle opere, Bruno volle far comprendere ai lettori la connessione di «memoria» e «destino mercuriale». Ciliberto, pertanto, attraversa, con dovizia di argomentazioni, discutendo una messe assai considerevole di documenti, i vari momenti della vita del Nolano, dalla nascita alla morte sul rogo, conducendo, parallelamente, l’esegesi delle opere. Lo fa in modo accattivante e, senza rinunciare al rigore accademico (il volume è arricchito da molte note di approfondimento), riesce a coinvolgere il lettore attorno alle vicende di questo personaggio teatrale. In queste pagine, vediamo Bruno seguire nel collegio napoletano di S. Domenico, con partecipata attenzione, le lezioni di dialettica del Sarnese, e privatamente, quelle di Teofilo di Vairano. In quegli anni, il giovane procedette alle letture fondamentali per definire il suo mondo spirituale, si spese sull’Ars memoriae del Ravennate e sui testi di Lullo, per non dire di Erasmo.

A Napoli gli fu intentato un processo per eresia e, per sfuggirgli, se ne andò a Roma, città nella quale ebbe altri contrasti con religiosi. Fu allora a Ginevra, dove, per ragioni strategiche, aderì alla religione riformata. Per tutta la vita Bruno ritenne le chiese riformate male peggiore della stessa Chiesa di Roma. A Parigi fu vicino agli ambienti dei Politiques di Bodin, che si battevano per un rafforzamento dello Stato, al fine di contrastare l’atomismo politico-sociale provocato dalle guerre di religione. Da ciò si evince la vicinanza del Nolano alle posizioni del Machiavelli. Il Nuovo Inizio bruniano presentava, infatti, tratti non semplicemente spirituali, ma politici. Durante gli anni inglesi si dedicò all’elaborazione della cosmologia dell’infinito su base teologica, che lo portò a superare le posizioni copernicane, occupandosi, inoltre, di ontologia. Nella polemica con i dotti oxoniensi emerse, da un lato la valorizzazione della filosofia, dall’altro la difesa orgogliosa del «primato» italiano. Ciliberto si sofferma anche sulla permanenza del filosofo in Germania, sul ritorno in Italia, a Venezia, ospite del Mocenigo e sulle diverse fasi del processo.

Ci preme soffermarci solo su alcuni plessi del pensiero del Nolano, rilevati dall’autore. Innanzitutto, la valorizzazione, nella gnoseologia bruniana, delle immagini basata sull’ontologia, vale a dire sul fatto che: «A fondamento del mondo esplicitato e sensibile […] sta […] un principio che, per la sua ricchezza, si sottrae ad ogni tentativo di espressione» (p. 544), sfugge, in definitiva, sostiene Bruno, all’approccio logocentrico. Il filosofo, in De la causa(2) e nella Lampas(3), rovescia la gerarchia cosmica aristotelica: «dimostrando che una materia unica e varia può esplicarsi in forme diverse […], così da percorrere i gradi infiniti della perfezione e identificarsi in ultimo con Dio» (p. 545). La forma germina direttamente dalla «potenza della materia», intesa in senso lucreziano. Nella physis, l’azione naturale, combinandosi con quella magicamente diretta dall’uomo, può creare ordini diversi da quelli dati. La magia deve essere, si badi, condotta filosoficamente. Da qui la primazia del filosofo-mago. Da ciò consegue che per Bruno: «nascita e decadenza, apocalisse e renovatio sgorgano dal profondo della Vita universale» (p. 510). È quella che il pensatore definì la «Vicissitudine universale» e che legò, per certi tratti, alla concezione astrologica e per altri a quella meramente biologica. La Vicissitudine, il Circolo, può venire concepito, come negli Stoici e in Nietzsche, quale eterno ritorno dell’identico, oppure, sulla scorta di Democrito, Lucrezio e, tra i moderni, Klages, quale ritorno del simile, poiché: «la materia, la sostanza è in continuo movimento […] ne è possibile riprodurre due volte la medesima figura» (p. 512). Se, quindi, il Nolano è distante da Virgilio a proposito della mitizzazione dell’Età dell’oro(4), gli è prossimo per quanto attiene alla visione della physis quale mixis implicante la «metasomatosi».

L’attualità di Bruno sta in queste tesi. Ci pare, infatti, quanto mai necessario che il contributo bruniano accompagni la rinascita del logos physicós. In esso va riconosciuto il nucleo essenziale della proposta teoretica-esistenziale del filosofo. Tali posizioni, come ricordato da Schoppe, lo indussero a volgere il viso: «pieno di disprezzo» (p. 687) in altra direzione, quando sul rogo gli fu mostrato il Crocefisso. A differenza di quanto sostenuto da interpreti di formazione massonica o prossimi all’ermetismo, a tale scelta, Bruno giunse, stando a Ciliberto, a costo di un grave travaglio interiore, tra ripensamenti ed ambiguità. Tale atteggiamento, umano troppo umano, non rappresenta una diminutio del suo valore, ma arricchisce la testimonianza del «sapiente furioso».

Giovanni Sessa

 

[btn btnlink=”https://www.ereticamente.net/2020/10/il-sapiente-furore-di-giordano-bruno-una-biografia-intellettuale-giovanni-sessa.html” btnsize=”small” bgcolor=”#59d600″ txtcolor=”#000000″ btnnewt=”1″ nofollow=”1″]Fonte: Ereticamente del 12 Ottobre 2020[/btn]

 

Note:

  • (1) Andrea Emo Capodilista (Battaglia Terme, 14 ottobre 1901 – Roma, 11 dicembre 1983) è stato un filosofo italiano.
  • Pensiero
  • Emo non volle mai organizzare il suo pensiero in una forma sistematica ma questo non fa certo di lui un filosofo estemporaneo. Le sue riflessioni sul nihilismo, ad esempio, possono essere considerate un’anticipazione del pensiero di Heidegger. Almeno fino agli anni trenta, Emo si dichiarò sempre debitore dell’attualismo gentiliano ma partendo da questo giunse a trasformarlo in un pensiero dove l’atto è raffigurazione dell’autonegazione del Nulla che comunque conserva una sua funzione positiva così com’è nella religione cristiana dove il Nulla, la morte ha la funzione di salvezza nella redenzione. Per Emo, infatti «credere in Dio è credere nel nulla». Mentre dunque in Nietzsche la vittoria sul Nulla è affidata all’oltreuomo, Emo sa bene che «tutte le forme superiori dello spirito intristiscono e cercano invano di uscire da sé per trovare qualcosa che le salvi». Un’istanza di salvezza che trova senso in una religione dove «Dio deve espiare la sua universalità, deve distruggere ogni valore e il proprio, sì che lo sparire, il nascondersi di Dio nella sua espiazione non è altro che la nuova creazione, la nuova creazione dei valori; e così il ciclo ricomincia». Dio «si abolisce col suo stesso realizzarsi».
  • «Un pensiero perfetto in sé non esiste; un pensiero è perfetto solo nella serie innumerabile dei pensieri che nascono da esso.» (Andrea Emo in Quaderni, 27, 1934)
  • (2) De la causa, principio et Uno è la seconda opera in lingua italiana che Giordano Bruno dà alle stampe a Londra nel 1584. Articolata in cinque dialoghi, egli dedica anche questa all’ambasciatore di Francia presso il quale era ospite, Michel de Castelnau. Proseguendo l’esposizione iniziata con La cena de le ceneri, il filosofo, sostenendovi l’unità di causa universale e principio universale, elabora una concezione animistica della materia, una materia eterna, infinita, viva.
  • «È dunque l’universo uno, infinito, inmobile. Una, dico, è la possibilità assoluta, uno l’atto, una la forma o anima, una la materia o corpo, una la cosa, uno lo ente, uno il massimo ed ottimo; il quale non deve posser essere compreso; e però infinibile e interminabile, e per tanto infinito e interminato, e per conseguenza inmobile.» (Teofilo: dialogo V)
  • (3) La Lampas triginta statuarum è la prima delle opere scritte da Bruno, non pubblicate, a Wüttemberg, nel soggiorno del 1587. Fa parte della trilogia delle “lampade”, cioè De lampade combinatoria lulliana, De progressu et lampade venatoria logicorum, e appunto, Lampas triginta statuarum,- inedita fino al 1891, quando Felice Tocco e Girolamo Vitelli furono gli scopritori del Bruno Maestro di arte della memoria, che solo dopo i lavori di Frances Yates dopo il 1950 sono stati scoperti nella loro sconcertante grandezza. Con molta serietà, decisero di pubblicare le opere inedite di Bruno e di presentarle in una Memoria letta all’antica Accademia napoletana di Scienze Morali e Politiche, sorella dell’Accademia Pontaniana, già costituita ai tempi di Giordano Bruno. Il manoscritto è tramandato in due copie, A ed M, questa seconda è del copista Besler che indica la numerazione dei capitoli e le date della trascrizione
  • (4) Il mito dell’età dell’oro identifica la realtà come ripetizione di un archetipo divino. Ogni aspetto positivo della vita ha un prototipo in una sfera superiore. «Fiumi, montagne, territori, città presuppongono un archetipo ultraterreno che ne è forma, quando non venga addirittura concepito come un doppione esistente ad un livello cosmico più alto»1 . Esiodo (VIII-VII sec. a.C.) ci offre la prima rievocazione della stirpe dell’oro, che visse durante il regno di Crono, prima dell’avvento di Zeus: Gli dei immortali … fecero una stirpe aurea di uomini mortali, che vissero al tempo di Crono. Essi vivevano come numi, senza dolori, senza fatiche, senza pene. Non gravava su di loro la vecchiaia … si rallegravano in conviti in assenza di ogni male … avevano ogni sorta di beni: la terra fertile produceva spontaneamente frutti ricchi e copiosi. Benevoli e pacifici, abitavano nelle loro terre ricchi di greggi e amati dagli dei beati (Le opere e i giorni, 109 ss., trad. di G. Costa). All’aurea seguirono, con progressivo declino, la stirpe argentea, empia e bellicosa, sterminata da Zeus; la stirpe bronzea, violenta al punto da autodistruggersi; la stirpe degli eroi, annientati dalle guerre e i cui successori passarono nelle Isole dei beati; la stirpe ferrea, la peggiore di tutte, che vive nel dolore in un mondo abbandonato da Aidos (Pudore) e Nemesis (Giustizia).
Fonte

 

 

Libri Citati

 

  • Il sapiente furore. Vita di Giordano Bruno
  • Michele Ciliberto
  • Editore: Adelphi
  • Collana: Gli Adelphi
  • Anno edizione: 2020
  • Formato: Tascabile
  • In commercio dal: 4 giugno 2020
  • Pagine: 812 p., Brossura
  • EAN: 9788845934834.  [btn btnlink=”https://www.ibs.it/sapiente-furore-vita-di-giordano-libro-michele-ciliberto/e/9788845934834?inventoryId=184310897″ btnsize=”small” bgcolor=”#59d600″ txtcolor=”#000000″ btnnewt=”1″ nofollow=”1″]Acquista € 20,90[/btn]

 

Descrizione

Lungo l’intera storia del pensiero, il legame tra biografia e speculazione filosofica si è spesso rivelato determinante, ma mai come in Giordano Bruno, che guardava alla propria vita come a un dono degli dèi, in vista di un destino eccezionale. Lo testimonia questa documentata biografia, che, scritta dal massimo interprete di Bruno, offre anche la migliore chiave d’accesso al nucleo più profondo della sua esperienza filosofica. Un’esperienza, e una vita, eminentemente rinascimentali, indagate e raccontate con maestria, fino al culmine del celebre processo; e qui, prendendo le distanze dal mito di un Bruno pronto a immolarsi quale martire del libero pensiero, Ciliberto lo mostra impegnato a giocare tutte le proprie carte per salvarsi. Solo dopo ottanta mesi di prigionia e di travaglio interiore, Giordano Bruno sceglierà la morte – e riuscirà nello stesso tempo a capovolgere il rapporto con gli inquisitori, ergendosi a giudice e riducendo la Congregazione al ruolo di imputato davanti al tribunale della verità.

 

  • Giordano Bruno
  • Michele Ciliberto
  • Editore: Laterza
  • Collana: Economica Laterza
  • Edizione: 4
  • Anno edizione: 2007
  • Formato: Tascabile
  • In commercio dal: 19 maggio 2005
  • Pagine: 342 p., Brossura
  • EAN: 9788842073376. [btn btnlink=”https://www.ibs.it/giordano-bruno-libro-michele-ciliberto/e/9788842073376″ btnsize=”small” bgcolor=”#59d600″ txtcolor=”#000000″ btnnewt=”1″ nofollow=”1″]Acquista . € 12,35[/btn]

 

Descrizione

Michele Ciliberto offre in questo volume un’opera unitaria su Giordano Bruno, individuando i nodi teorici fondamentali del suo pensiero secondo un’interpretazione mai unilaterale: Giordano Bruno non è né il “martire del libero pensiero” né il “mago ermetico”, ma una personalità ben più complessa e affascinante.

 

 

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