”Nel corso del giorno e della notte, nel nostro linguaggio, nei gesti o nei sogni, che ce ne accorgiamo o no, ognuno di noi usa i simboli. Essi danno volto ai desideri, stimolano certe imprese, modellano un comportamento, avviano successi o fallimenti.
La betulla
- Ecco l’oracolo che si legge nel libro “Runemal” dedicato alla Betulla e alla sua runa:
“Guarda la dolce curva del ventre di una donna - Quando trepida attende il primogenito.
- Ascolta il canto della Primavera
- Che scioglie il ghiaccio del ruscello.
- Contempla il presagio di nuove imprese.
- Avvolto nel sudario del guerriero.”
La Betulla, pianta della vita e della rinascita. Alla Betulla appartiene il simbolismo del colore: le strie nere si alternano nella corteccia alle bianche. La parte scura del fusto rappresenta il passato dalle tinte fosche, da lasciare alle spalle. Quella bianca il futuro verso cui aprirsi, sottile come un foglio di carta velina. Un’infinità di opposti si verifica nel legno docile della Betulla. Caldo e freddo. Notte e giorno. Bianco e nero si uniscono come due mani giunte in preghiera. Allegria e tristezza.
In un tempo lontano, ma nemmeno poi così tanto, il Nord Europa era abitato da una popolazione che noi chiamiamo “Celti“. La classe sociale più venerata e stimata tra i Celti era quella dei Druidi. Sacerdoti, saggi, alti funzionari, i Druidi erano i depositari della cultura celtica. La loro visione della vita partiva da un presupposto molto semplice. Furono i Druidi a creare gli Ogham per esprimere la concezione olistica della vita. La Betulla era l’albero degli inizi, per questo ogni famiglia costruiva le culle dei neonati col suo legno.
Plinio pensava che la Betulla fosse originaria della Gallia: «la betulla», dice, «fornisce ai magistrati i fasci che tutti temono, e ai panierai i cerchi e le coste necessarie per la fabbricazione di panieri e cestini». Aggiunge che viene impiegata anche per confezionare torce nunziali, ritenute porta-fortuna il giorno delle nozze. In ogni caso è strettamente legata alla vita umana, come simbolo tutelare.
Per tramandare la loro saggezza i Druidi formularono uno speciale alfabeto che è molto diverso dal nostro. Gli Ogham, le loro “lettere”, non esprimevano solo un fonema, ma un insieme di concetti e principi molto vasto. Ogni Ogham, soprattutto, corrispondeva ad una specie arborea.
Gli alberi avevano un posto speciale nella visione del mondo dei Druidi. Essi affondano le loro radici nel cuore della Terra per poi elevarsi fino al Cielo. Gli alberi sono la memoria del Mondo e ognuno di essi ha caratteristiche sue proprie, anche magiche. E siccome in Natura tutto è collegato, ad ognuno di noi corrisponde un albero, e quindi un Ogham.
Gli Ogham erano segni speciali che permettevano ai Druidi di lanciare uno sguardo alle cose Invisibili. Anche le cose Invisibili, infatti, fanno parte del Tutto. Ecco dunque che gli Ogham potevano diventare anche degli strumenti di divinazione. Incisi sul legno, il materiale vivo che costituisce gli alberi, e letti secondo dei rituali ben precisi, consentivano di gettare uno sguardo nel magma indistinto del futuro.
Ritrovare oggi la profondità spirituale e naturale che era espressa dalla cultura celtica e da quella druidica sembra impresa ardua. Per noi è così raro vedere un albero. Al limite si tratta di un esemplare isolato, che sopravvive a stento ai margini di una strada trafficata. Un tempo i Celti vivevano in immense foreste, dove ogni cosa possedeva una voce.
A seconda del giorno di nascita, ognuno di noi possiede le caratteristiche di un determinato albero. Non si tratta di un equivalente del nostro Zodiaco. Nello Zodiaco si dice che l’influsso delle stelle determini il nostro carattere. Viceversa gli Ogham non ci “influenzano” ma “risuonano” in armonia con il nostro essere. Per questo ognuno di noi ha il suo albero-guida. Ecco qual è il tuo.
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- BETULLA (24 dicembre – 20 gennaio)
- SORBO (21 gennaio – 17 febbraio)
- FRASSINO (18 febbraio – 17 marzo)
- ONTANO (18 marzo – 14 aprile)
- SALICE (15 aprile – 12 maggio)
- BIANCOSPINO (13 maggio – 9 giugno)
- QUERCIA (10 giugno – 7 luglio)
- AGRIFOGLIO (8 luglio – 4 agosto)
- NOCCIOLO (5 agosto -1 settembre)
- VITE (2 settembre – 29 settembre)
- EDERA (30 settembre – 27 ottobre)
- GIUNCO (28 ottobre – 24 novembre)
- SAMBUCO (25 novembre -22 dicembre)
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La Betulla albero di rinascita tra i popoli slavi, legata alla fertilità e alla leggenda delle Rusolski, Ninfe degli Stagni e dei Laghi molto belle ma pericolose. A tarda primavera, dopo il disgelo, uscivano
dalle acque e si portavano, vestite di lunghi abiti candidi, a insidiare i viandanti che si trovavano a passare tra i boschi di tronchi biancastri che, non so cosa promettessero, ma chi non fosse stato in grado di resistere al loro fascino veniva catturato e ucciso. Per scongiurare questo pericolo, quelle popolazioni erano solite tagliare annualmente una enorme betulla, per poi metterla eretta nella piazza del paese e danzarvi attorno in modo propiziatorio. Di quella stessa pianta, di cui forse le ninfe erano considerate emanazioni, dopo averle reso onore nel modo suddetto si faceva poi a sera inoltrata un grande falò e se ne disperdevano le ceneri nei campi. Secondo i contadini scacciavano il vecchio anno usando rami di Betulla.
In tutta Europa si adoperavano verghe di betulla per segnare i confini e per fustigare i delinquenti (e un tempo anche i pazzi) allo scopo di scacciarne gli spiriti maligni. Il simbolismo purificatorio si ritrovava un po’ ovunque. Nell’antica Roma i fasci(1) intorno all’ascia che reggevano i littori davanti ai magistrati erano composti da rami di betulla. Questi rappresentavano le punizioni che potevano essere inflitte ai colpevoli ed avevano anche la funzione di purificare l’aria dinanzi ai magistrati. Anche nel Medioevo era considerato un albero di luce, simbolo di saggezza e di purificazione, tanto che lo scettro dei maestri di scuola era composto da rami di betulla intrecciati e in tutta Europa furono usati anche per calmare gli esagitati e frustare i delinquenti e gli alienati, allo scopo generale di scacciare gli “spiriti cattivi”.
Il giovedì prima della Pentecoste, gli abitanti delle regioni del Nord Europa, si recavano nei boschi e abbattevano una giovane Betulla, che vestivano come una donna. Veniva portata in processione nei villaggi e gettata in acqua per propiziare la fertilità dei campi e del bestiame.
In Svezia è considerato il “Maggio”: i giovani escono con un mazzo di suoi ramoscelli appena tagliati, più o meno frondosi.
Numerose credenze popolari poi, avvolgono la Betulla di un alone di mistero: ad esempio si riteneva che coi suoi rami le streghe costruissero scope volanti, mentre per la grande luminosità della sua fiamma il legno si usava per scopi rituali.
Presso le tribù dell’America boreale, per prevenire o curare le lussazioni all’anca dei bambini, le mamme portavano i loro piccoli in speciali sacchi di scorza di betulla che caricavano sul dorso. In Italia, per curare il rachitismo infantile, si raccoglievano nella notte di San Giovanni alcune foglie di betulla, si facevano seccare nel forno e si infilavano ancora calde nel letto del bambino.
La Betulla è l’energia cosmica legata alla natura e alla terra, l’albero che non da frutti, ma i suoi rami si estendono al cielo in contatto con l’assoluto. Infatti i suoi frutti non sono materia, bensì estro che porta a creare, che tocca le fasi fantasiose eteriche dell’essere; per questo motivo nei riti popolari usavano fruste di betulla per allontanare lo spirito del vecchio anno e la utilizzavano per creare
oggetti utili all’arte e al lavoro manuale. Le culle dei bimbi ad esempio erano spesso create con questa pianta in segno di buon auspicio.
Questa pianta è associata alla runa Berkana(2) che raccoglie in assoluto il simbolismo della fase primaverile nonché l’archetipo della Grande Madre che genera vita e che tutto guarisce; dona quindi ricchezza, fertilità, amore, abbondanza, spensieratezza e felicità; il rinnovamento dopo il lungo sonno invernale. Ed è anche associata al simbolo Ogham Beth, la Betulla appunto, che è la Dea che si risveglia e dona energia nuova.
Albero classicamente sacro e mistico, stimola il desiderio di cambiamento, il passaggio dal buio alla luce. Risuonano per lui le parole di Johann Gottfried Herder, filosofo tedesco del Settecento: “Il mio cammino è il percorso dell’universo: per questo per me brilla ogni stella, per questo risuona per me e nel mio spirito, l’armonia degli astri” (sulla metempsicosi)
La Betulla è l’albero sacro per eccellenza delle popolazioni siberiane, presso le quali riveste tutte le funzioni dell’Axis Mundi (lett. “asse del mondo”) in quanto pilastro cosmico viene inciso con sette, nove o dodici tacche che rappresentano i livelli celesti. In occasione delle cerimonie sciamaniche viene piantato al centro della yurta, la tenda circolare e culmina in cima con un foro che rappresenta la porta del Cielo o del sole, attraverso la quale si esce dal cosmo in direzione dell’asse della stella polare, o cupola. Essa rappresenta universalmente la volta celeste e l’insieme dell’edificio a cupola è l’immagine stessa del mondo. La cupola è spesso posata su quattro pilastri o su una costruzione a base quadrata, riconducendoci così al simbolismo cinese secondo il quale il cielo copre e la terra sostiene, ma anche secondo il quale il cielo è rotondo e la terra né quadrata.
La Betulla è talvolta associata alla luna, o al sole e alla luna: in questo caso è doppia, padre e madre, maschio e femmina. Esercita una funzione protettiva, o meglio di strumento della discesa dell’influsso celeste: donde la nozione di dualismo che per eccellenza appartiene al manifestarsi. La Betulla è il simbolo della via attraverso la quale discende l’energia del cielo e risale l’aspirazione umana verso l’alto.
La Betulla è anche l’Albero Cosmico delle popolazioni siberiane: viene chiamata Il Custode della Porta perché apre allo sciamano la soglia del cielo. Il neofita si arrampica su un tronco di Betulla e
vi pratica nove incisioni a simboleggiare i Nove Livelli Celesti che lo sciamano deve attraversare per compiere il suo viaggio estatico. Gli alchimisti, interpretando i segni della sua corteccia, le hanno attribuito una connotazione femminile legata all’influsso di Venere e della Luna Piena. Si racconta che per lungo tempo questa pianta era connessa con la fertilità e le sue capacità magiche di guarigione. Ramoscelli di Betulla erano usati per donare fertilità al bestiame e ai giovani sposi e le culle dei bambini venivano costruite con questo legno.
La betulla è una “fanciulla del nord”. Il suo nome deriva da bitumen, il catrame che i Galli ricavavano dalla sua corteccia per vari usi. Nell’Europa centro settentrionale, fino alla Siberia il suo nome deriva da una radice indoeuropea: bhrig-bherek (luminoso) da cui proviene anche Brigida, in nome di una santa nordica ma, ancor prima, di una dea della vegetazione. Presso queste popolazioni la Betulla era l’albero cosmico che unisce il cielo luminoso e la terra, ed era usato nei rituali primaverili, quando dopo la lunga notte invernale, il sole tornava a inondare dei suoi raggi il pianeta e a stimolare la vegetazione. In Russia è il simbolo della primavera e della ragazza; Betulla è il nome di una celebre compagnia russa di canti e danze unicamente composta di ragazze.
Note
- (1) I fasces lictorii erano, nell’Antica Roma, le armi portate dai littori, che consistevano in un fascio di bastoni di legno legati con strisce di cuoio, normalmente intorno a una scure. Divennero in seguito un simbolo del potere e dell’autorità maggiore, l’imperium, e assunsero la tipica forma di fascio cilindrico di verghe di betulla bianca simboleggianti il potere di punire, legate assieme da nastri rossi di cuoio (in latino: fasces), simboli di sovranità e unione, al quale talvolta era infissa un’ascia di bronzo, a rappresentare il potere di vita e di morte sui condannati romani. Vennero poi riprese come simbolo nell’araldica da movimenti e ideologie politiche autoritarie del XX secolo come il fascismo.
- (2) Le rune sono i caratteri grafici dell’antico alfabeto germanico, servivano a veicolare i suoni di quelle che furono le lingue nordeuropee del passato. Da ex studentessa di lingue e letterature straniere gli aspetti linguistici legati alle rune hanno subito solleticato la mia mente quando ho scoperto questo cofanetto dedicato all’alfabeto ‘magico’ della tradizione nordeuropea. Nelle antiche lingue di ceppo germanico la parola runa significava mistero, segreto. L’indoeuropeo ‘reu’ ha il significato sia di mormorare che di urlare. Le rune pare accompagnino la storia dell’uomo da circa diciannove secoli.
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