”Nel corso del giorno e della notte, nel nostro linguaggio, nei gesti o nei sogni, che ce ne accorgiamo o no, ognuno di noi usa i simboli. Essi danno volto ai desideri, stimolano certe imprese, modellano un comportamento, avviano successi o fallimenti.
La porta
- Soglia come uscio, uscio come uscire, come lasciarsi andare.
- Come andare incontro a ciò che succede.
- Le porte esistono soprattutto per essere aperte,
- per accogliere e lasciare entrare la luce, il vento,
- gli altri.
- Noi.
(Andrea Marcolongo)
Fin dall’antichità più remota, il concetto di Porta è sempre stato caricato di valenze simboliche e spirituali profonde e articolate, spesso comuni a culture molto distanti tra loro, nel tempo e nello spazio.
La porta rappresenta il luogo di passaggio fra due stati, fra due mondi, fra il conosciuto e l’incognito, la luce e le tenebre, la ricchezza e la miseria. La porta si apre su un mistero. Oltrepassare la porta, dal punto di vista iniziatico allude all’evoluzione spirituale, all’accesso a un grado di conoscenza superiore, al raggiungimento della verità. È l’invito al viaggio verso un aldilà…
La porta è l’apertura che permette di entrare e uscire, dunque il passaggio possibile – oltre che unico – da un campo all’altro: spesso nell’accezione simbolica, dal campo profano al campo sacro. Lo stesso dicasi dei portali delle cattedrali, dei torana indù, delle porte dei templi o delle città khmer, dei torii giapponesi, ecc.
In Cina la portasi configura come una frontiera sacra: ogni abitazione è protetta dagli “dei delle porte” che hanno il compito di allontanare gli Spiriti malvagi. Si tratta di guerrieri dotati di arco e frecce dipinti sui battenti delle porte. In origine, dovevano impedire alle anime dei defunti di oltrepassare la “porta degli Spiriti” per tornare sulla terra e controllare che i viventi fossero stati trascinati per errore nell’Aldilà. Gli dei delle porte più famosi si chiamano Yule e Sen-Tsui.
Le quattro porte cardinali di Angor-Thom mostravano nei quattro orientamenti la faccia raggiante di Lokeshvara, sovrano dell’universo, e permettevano l’accesso, dalle
quattro direzioni, a quel centro del mondo.
Le porte dei templi sono spesso provviste di guardiani feroci (animali favolosi, dvârapâla nei templi dell’Asia, come si vede nei mandala tantrici, guardie armate nelle logge delle società segrete). Si tratta ad un tempo di impedire l’entrata nel sacro recinto alle forze impure, malefiche e di proteggere l’accesso agli aspiranti che ne sono degni. Sono loro che entreranno «nella città attraverso le porte» (Apocalisse 22,14); gli altri verranno rigettati nelle tenebre eterne.
I Romani tributarono un’importanza speciale alle porte, al punto che il concetto stesso di Porta si fa divinità nella figura di Giano.
Divinità esclusivamente romana, Giano è il più antico dio indigeno. Dio delle porte, delle transizioni, dei passaggi, degli inizi e tutelava il primo mese dell’anno, Gennaio: con una faccia guardava il passato e con l’altra il futuro. Aveva il compito di esorcizzare un periodo dell’anno in cui vecchio e nuovo si compenetravano. Ianus deriva dalla radice indoeuropea y-a, da cui il sanscrito yana (via) e il latino ianua (porta). Giano, dio latino ed egli era rappresentato infatti come ianitor, cioè portinaio, con un bastone e delle chiavi in mano. Giano proteggeva le porte delle case e i passaggi in generale. Era rappresentato bifronte, ossia con due facce, una davanti e una dietro, per controllare entrata e uscita. Giano presiedeva anche al mattino e a tutti gli inizi, compreso quello dell’anno, il cui primo mese, gennaio, è infatti a lui dedicato. Numa Pompilio, secondo re di Roma, avrebbe costruito nel Foro una porta speciale dedicata proprio a Giano, che veniva aperta in tempo di guerra e chiusa in tempo di pace. Dell’iniziazione ai misteri, custodiva le chiavi delle porte solsziziali, cioè delle fasi ascendente e discendente del ciclo annuale. Si tratta rispettivamente della porta degli dei e della porta degli uomini, che danno accesso alle due vie di cui Giano (come Ganesha in India) è il maestro: pitri-yana e deva-yana, dice la tradizione indù, vie degli avi e degli dei.
Nel cuore di Roma, nei giardini di Piazza Vittorio Emanuele II, sorge una strana porta cosparsa di simboli alchemici e iscrizioni latine, un portale nascosto per il mondo dell’alchimia del 1600.
La porta è l’unica sopravvissuta della villa costruita a metà del XVII secolo dal marchese romano Massimiliano Palombara(1) nei pressi dell’attuale Piazza Vittorio Emanuele. Palombara frequentò la corte romana della regina Cristina di Svezia, appassionata di scienza e di alchimia e mecenate di luminari come Cartesio e Kircher, ed entrò a far parte del gruppo conosciuto come “Gli Alchimisti di Palazzo Riario”, oggi Palazzo Corsini.
Secondo la leggenda un alchimista pellegrino trovò ospitalità nella villa Palombara mentre cercava una misteriosa erba in grado di realizzare l’alchimia
suprema, la trasformazione del metallo in oro. Il mattino seguente il pellegrino sparì nella porta, lasciandosi alle spalle alcune scagliette d’oro, a testimoniare il successo della sua trasmutazione, e una pergamena. Su questa era scritta la ricetta per la trasformazione ma il marchese non fu in grado di leggerla e quindi la iscrisse sulla porta nella speranza che qualcuno, vedendola, la comprendesse e bussasse alla sua porta.
Il fascino e il mistero circondano questa porta che come altre hanno popolato l’immaginario simbolico e fantastico dell’umanità. Basti pensare alla leggendaria apertura della caverna nella fiaba di Alì Babà e i quaranta ladroni, in cui la mitica frase “apriti sesamo” permetteva di accedere a un grandioso tesoro che però fu anche la rovina del fratello di Alì. O ancora la porta dell’inferno dantesco che riecheggiando di altre epiche discese negli inferi recita la celeberrima “Lasciate ogni speranza, voi ch’ intrate”.
La Porta rappresenta dunque un “confine” e, di conseguenza, l’atto di varcare la soglia simboleggia l’ingresso in uno spazio diverso da quello da cui si proviene, forse ignoto, misterioso o perfino sacro, a seconda del luogo e del tempo in cui si colloca la porta in questione.
Osservando l’andirivieni della porta e l’immutabilità del cardine, Meister Eckhart(2) fece della prima il simbolo dell’uomo esteriore e del secondo quello dell’uomo interiore non investito, nella sua posizione assiale, centrale, dal movimento che viene dal di fuori. La potenza simbolica e magica della porta è arrivata fino alla letteratura fantastica di oggi, come la porta di Dùrin del Signore degli Anelli, rappresentante l’amicizia (“amici” in elfico è la parola per sbloccarla) ma che nasconde grandi pericoli per la compagnia, oppure il portale nascosto per il mondo fantastico di Narnia ne Il leone, la strega e l’armadio, o ancora Alice nel paese delle meraviglie dove Alice, che attraverso una porticina nella tana del coniglio accede al Paese delle Meraviglie, mentre nelle Cronache di Narnia i giovani protagonisti accedono al fantastico mondo di Narnia attraverso la porta di un vecchio armadio pieno di pellicce. In questo caso in particolare, la porta diventa il passaggio per un’altra dimensione, molto più magica e affascinante della noiosa realtà quotidiana da cui i personaggi provengono.
Nella tradizione giudaico-cristiana l’importanza della porta è immensa, poiché dà accesso alla rivelazione; su di essa vengono a riflettersi le armonie dell’universo. Le porte dell’Antico Testamento e dell’Apocalisse, quali il Cristo maestoso e l’ultimo Giudizio, accolgono il pellegrino ed i fedeli. Il Cristo glorioso è raffigurato nel timpano dei portali delle cattedrali poiché egli stesso, per mistero della Redenzione, è la porta attraverso la quale si accede al regno dei Cieli: «Io sono la porta, se qualcuno entra attraverso di me, sarà salvato». (Giovanni, 10,9). Da questo passo emerge decisamente la centralità di questo simbolo per i cristiani: non è un caso infatti che San Pietro, vicario di Cristo sulla terra, sia il guardiano delle porte del Paradiso e abbia come attributo proprio due chiavi.
Anche nella vita quotidiana però, ci sono delle soglie da varcare, che ci conducono da una fase all’altra della vita, spesso attraverso specifici riti di passaggio: si pensi per esempio al passaggio dall’infanzia alla maturità, anticamente marcato dal superamento di prove di iniziazione, o ai riti religiosi, come il battesimo, che originariamente era il momento in cui il neofita aveva finalmente la possibilità di entrare in chiesa per la prima volta, o ancora al matrimonio, in particolare al momento in cui lo sposo varca la soglia di casa con la moglie in braccio. Questa usanza ha le sue radici addirittura nell’antica Roma: tale gesto avrebbe dovuto rievocare il mitico ratto delle Sabine ma, soprattutto, avrebbe avuto l’importante funzione scaramantica di evitare che la donna, inciampando, gettasse un cattivo auspicio sulla vita coniugale appena cominciata.
La porta si presta a numerose interpretazioni esoteriche. per gli alchimisti e i filosofi, secondo dom Pernety (396) «essa ha lo stesso significato della chiave, inizio e modo
di operare in tutto il corso dell’opera». La porta rappresenta la comunicazione con l’oggetto occulto, con lo strumento segreto.
Per i Massoni la Porta del Tempio è posta fra le due Colonne e si apre su una facciata murata sormontata da un frontone triangolare; al di sopra del frontone un compasso, con le punte rivolte in alto, si dirige verso il Cielo. La Porta del tempio deve essere molto bassa. «Penetrando nel tempio, il profano deve curvarsi, non in segno di umiltà, ma per sottolineare la difficoltà del passaggio dal mondo profano a quello iniziatico. Questo gesto gli ricorda anche che, morto alla vita profana, rinasce ad una nuova vita, alla quale si accede in modo simile a quella del bambino che viene al mondo.» Plantageneto(3) osserva che «la Porta del Tempio è designata come Porta d’Occidente: questo ci ricorda che il sole si corica alla sua soglia, cioè che la Luce si spegne. Al di là regnano dunque le tenebre, ovvero il mondo profano».
L’importanza del simbolo della Porta è testimoniata dall’uso ininterrotto che l’uomo ne ha fatto dagli albori della civiltà fino ai nostri giorni, in un viaggio attraverso i secoli che non ha però alterato la portata mistica e spirituale di questa immagine così potente, ma al tempo stesso semplice da comprendere, che si ritrova in ogni cultura.
La Porta compare come simbolo legato principalmente alla realtà funeraria già nell’Antico Egitto, come elemento imprescindibile delle sepolture, inizialmente esclusiva di quelle regali, poi anche dei ceti più abbienti. Il simbolo della porta svolge anche un altro ruolo molto importante, ossia quello di elemento catartico. Le porte dei templi, infatti, rivestendo la privilegiata funzione di accesso a un luogo sacro, dimora della
divinità, costituivano il valico tra la realtà sensibile e quella immateriale degli dei. Varcare questa mistica soglia implicava quindi una purificazione, che permetteva cosi di prepararsi in vista del contatto con il divino.
Nelle tombe cosiddette a mastaba (le antiche sepolture a tronco di piramide) si trova infatti la rappresentazione di una porta, detta “falsa porta”, con una stuoia arrotolata sopra. Questa rappresentazione, il cui schema iconografico veniva utilizzato anche per la raffigurazione geroglifica del palazzo reale, costituiva il punto di intersezione effettivo tra la realtà dei vivi e l’aldilà. Da questa porta, infatti, l’anima del defunto poteva accedere al tavolo delle offerte, posizionato proprio di fronte.
Nelle mastabe più ricche si trovavano addirittura due false porte: quella rivolta a settentrione, riservata al defunto, e quella a sud, riservata alla consorte.
In una tomba di Deir El Medina, la tomba di Sennedjem, il defunto viene addirittura rappresentato nell’atto di aprire i battenti di una porta socchiusa, attraverso la quale si intravedono due montagne all’orizzonte.
Per altre antiche civiltà la porta è associata non solo all’idea di confine tra umano e divino tipica dell’ingresso al tempio, spesso sottolineata da battenti di materiali pregiati o di dimensioni imponenti, ma addirittura a divinità specifiche. Basti pensare ai Karibu, esseri mostruosi al servizio degli dei, dalla testa umana, il corpo di leone, zampe di toro e ali d’aquila, le cui statue venivano poste dagli Assiri a guardia dei palazzi. L’immagine di questi “guardiani” mostruosi fu ereditata prima dagli Ebrei e poi dai cristiani e si ritrova nella Bibbia, nel libro di Ezechiele e nell’Apocalisse di Giovanni, nella visione del famoso Tetramorfo.
Per i Greci ogni porta era invece sacra a Hermes, il messaggero degli dei, dio del commercio, degli inganni e dei ladri, ma anche e soprattutto dio dei cambiamenti di stato e per questo “Psicopompo”, cioè colui che conduce le anime dei defunti nell’Ade. Inoltre i Greci riconoscevano nei due solstizi la data di apertura delle due porte celesti, quella del Tropico del Cancro e quella del Tropico del Capricorno, che permettevano il contatto tra la sfera umana e quella divina. Queste importanti date di passaggio furono ereditate in seguito dal Cristianesimo, che vi fece corrispondere la festa di San Giovanni e il Natale.
Napoleone Bonaparte amante delle civiltà antiche, specie quella romana, vide l’importanza dei grandiosi archi di trionfo, i monumentali passaggi attraverso i quali l’esercito vittorioso celebrava la processione trionfale al ritorno dalle guerre vinte. Così volle a Parigi l’Arc de Triomphe per celebrare la vittoria nella battaglia di Austerlitz, e in seguito dall’architetto Johann Otto von Spreckelsen, che progettò la Grande Arche sempre a Parigi, dedicata agli ideali umanitari, anziché militari, e inaugurata nel 1989.
Al termine di questo breve viaggio nel tempo e nello spazio alla scoperta del simbolo della Porta appare chiara l’importanza simbolica di questo elemento, al tempo stesso così mistico e così familiare per tutti noi. La sua forte carica simbolica e spirituale, comune a tutte le culture del passato, è sopravvissuta attraverso i secoli fino ai nostri giorni, dove la ritroviamo nelle porte decorate di chiese e palazzi moderni, ma anche nel gesto rispettoso di togliersi le scarpe prima di varcare la soglia di alcuni luoghi
sacri o anche semplicemente entrando in casa.
Infatti, perfino le nostre porte di casa sono cariche di significati: per il Fleng Shui, (“vento e acqua”),(4) l’arte cinese della sistemazione degli spazi, la porta d’ingresso dell’abitazione riveste la funzione fondamentale di far entrare le energie dall’esterno. Secondo questa disciplina, infatti, l’aspetto della porta deve essere sempre curato e pulito e lo spazio antistante dovrebbe sempre essere sgombro per permettere all’energia di fluire, apportando benefici spirituali e materiali alle persone che abitano la casa.
Anche le porte presenti all’interno della casa hanno un loro ruolo e la loro scelta dovrebbe rispecchiare la personalità del proprietario: una porta scorrevole comunicherà apertura ed espansività, una porta a vetri il gusto per la raffinatezza, una porta classica enfatizza il bisogno di protezione e intimità.
Le carte dell’Oracolo delle Porte,(L.C.) illustrate da Mariuccia d’Angiò, sono un’occasione per esplorare questo magico mondo fatto di imponenti portali di templi, semplici porte di casa, chiavi, porte di giardini, porte del Paradiso o dell’Inferno e perfino, come si è visto, divinità protettrici delle soglie.
L’augurio è che ogni carta diventi per voi una Porta da aprire, una soglia da varcare, per iniziare un viaggio alla scoperta non solo del futuro, ma anche di voi stessi.
Note
- (1) Massimiliano Savelli Palombara, marchese di Pietraforte (Roma, 14 dicembre 1614 – Roma, 16 luglio 1685), è stato un alchimista e poeta italiano. Fece costruire la famosa Porta Magica di Roma, unica testimonianza di architettura alchemico-magica del mondo occidentale ancora oggi esistente. Scarse sono le informazioni relative ai suoi primi anni di vita ed alla sua formazione scolastica, ma appartenendo al ceto aristocratico quasi certamente utilizzò fonti classiche e grazie agli agganci di questo mondo riuscì ad entrare nella vita pubblica di Roma, ricoprendo la carica di conservatore presso il Campidoglio per ben due volte nel 1651 e nel 1677. Non fu per formazione uomo d’armi, ma nel 1648 si rese protagonista di un episodio rocambolesco: decise infatti in quell’anno di entrare come soldato di ventura nell’esercito francese che all’epoca si trovava d’istanza in Abruzzo e si presentò con delle credenziali false credendo che in tal modo sarebbe stato per lui più facile superare le difficoltà nel farsi accettare da un esercito nemico dello Stato Pontificio. Purtroppo venne scoperto e messo ai ferri per qualche tempo, giungendo poi a liberarlo. Deluso, fece ritorno a Roma e qui venne catturato in località Borghetto dal noto brigante Giulio Pezzola che lo tenne imprigionato anch’egli per qualche tempo, richiedendo però alla famiglia d’origine un riscatto a cui, per quanto pagato, il Pezzola non tenne fede ed anzi fuggì a Pescara con Massimiliano al seguito. Qui egli riuscì a fuggire e fece ritorno a Roma.
- (2) Meister Eckhart (Colonia o Avignone, 1327/1328), è stato un teologo e religioso tedesco. È stato uno dei più importanti teologi, filosofi e mistici renani del Medioevo cristiano, e ha segnato profondamente la storia del pensiero tedesco. «Tutto sarebbe donato a chi rinunciasse a sé stesso assolutamente, anche per un solo istante.» (Meister Eckhart)
- (3) I Plantageneti furono una casata comitale medievale, anche chiamati seconda casa d’Angiò o Angiò-Plantageneti. Divenne una casata di rango regale con Enrico II d’Inghilterra, figlio di Goffredo V d’Angiò il Bello. Goffredo, nato nel 1113, sposò Matilde, figlia di Enrico I d’Inghilterra. Il nome della casata prende origine dal latino planta genistae, ovvero «pianta di ginestra», dal momento che il suo simbolo fu il fiore di detta fabacea. Le origini dei Plantageneti sono individuabili nel Gâtinais (odierna Centro-Valle della Loira) e successivamente nell’Angiò (Paesi della Loira), di cui divenne la prima casa comitale sin dal IX secolo. In seguito assunse, oltre al governo dell’Inghilterra (1154-1485), quello di Normandia (1144–1204, 1346–60 e 1415-50), di Guascogna e Aquitania (1153–1453), ma nel 1206 perdette la stessa contea di Angiò, passata alla corona francese con Filippo Augusto. La dinastia plantageneta, includendo anche i rami cadetti di Lancaster e di York, conta quindici sovrani d’Inghilterra e regnò ininterrottamente dal 1154 al 1485.
- (4) Il feng shui (風水T, 风水S, fēng shuǐP) è un’antica arte geomantica taoista della Cina, ausiliaria dell’architettura, affine alla geomanzia occidentale. A differenza di questa prende però in considerazione anche aspetti della psiche e dell’astrologia. Attualmente non esiste alcuna prova scientifica delle sue ipotesi ed è quindi considerata pseudoscienza.
Fonte Wikipedia
(L.C.) Libri Citati
- L’ oracolo delle porte. Con 32 Carte
- Francesca Romana Valente
- Illustratore: Mariuccia D’Angiò
- Editore: Il Punto d’Incontro
- Collana: Nuove frontiere del pensiero
- Anno edizione: 2019
- In commercio dal: 28 marzo 2019
- Pagine: 167 p., ill.
- EAN: 9788868205874
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