”Nel corso del giorno e della notte, nel nostro linguaggio, nei gesti o nei sogni, che ce ne accorgiamo o no, ognuno di noi usa i simboli. Essi danno volto ai desideri, stimolano certe imprese, modellano un comportamento, avviano successi o fallimenti
L’ACQUA
La materia vivente iniziò dall’acqua la sua avventura nel nostro pianeta; nel liquido (amniotico) vive l’uomo la sua formazione iniziale; l’acqua costituisce la quasi totalità della materia vivente. Logico quindi che, a monte anche del pensiero razionale, già nell’albeggiare del pensiero simbolico l’uomo percepisse, per immediata intuizione, la fondamentale importanza dell’acqua nel ciclo vitale. L’acqua divenne così oggetto di una enorme speculazione, e ai suoi modi di apparire furono legate infinite ierofanie presso tutti i popoli.
Nel pensiero occidentale – greco od ebraico o nella speculazione alchemica – i quattro elementi si legano analogicamente a tutte le simbologie del quattro: le quattro proprietà (freddo, umido, secco, caldo); i quattro temperamenti (melanconico, flemmatico, collerico e sanguigno); le quattro stagioni; le quattro fasi del giorno; le quattro età dell’uomo; le quattro fasi del processo alchemico; i quattro colori fondamentali.
Nella speculazione dei presocratici i quattro elementi sono all’origine del mondo; in particolare l’acqua è all’origine di tutto per Orfeo e per Talete. I quattro elementi sono in relazione tra loro, cioè possono esser derivati l’uno dall’altro nella mobilità tipica del pensiero simbolico che procede per analogie.
Per Carl Gustav Jung l’acqua era un’efficace metafora dell’inconscio. L’acqua, il mare, è il simbolo dell’inconscio per eccellenza, con tutti i contenuti rappresentati da tutti gli esseri che vivono nelle sue profondità. Noi tutti abbiamo navigato nel mare uterino delle nostre madri e l’acqua ci ricollega a uno stato in cui non ci sentivamo ancora separati dal grande universo. La barca è da sempre stata non solo un veicolo, uno strumento, ma anche compagna dell’uomo. Alla barca si dà un nome e guai a cambiarlo! Da sempre la barca è stata espressione di un archetipo, colei che ci porta nel nostro viaggio terreno da una sponda all’altra. L’Io che nel viaggio individuativo deve confrontarsi e relazionarsi con le intemperie che il destino ci pone sul nostro viaggio. La vela è un’immagine che ci parla molto, perché si muove con il vento e nessuno può comandare il vento. È una metafora per le nostre attitudini, le nostre caratteristiche, le nostre qualità. Il vento è il simbolo del destino, colui che interferisce nel dialogo tra mare, barca e vela. Quindi, dobbiamo adattare le vele come meglio possiamo. Capita, per esempio, che un vento contrario ci costringa a rinunciare almeno temporaneamente a raggiungere un dato porto; proprio come con certi obiettivi che ci fissiamo nella vita. In altri casi siamo costretti a circumnavigare un’isola, proprio come dobbiamo spesso «girare attorno» a ciò che vogliamo ottenere. Il viaggio in barca a vela sottolinea la relazione che intercorre tra l’energia divina (il vento) e l’essere che si muove a seconda del proprio destino nella presente incarnazione.
Il ruolo dell’acqua come fecondatrice risale fin dai tempi antichi.
Nel poema babilonese Enuma Elish, il dio Marduk dà origine alla terra inferiore tagliando in due Tiamat, dea delle acque cosmiche. «Nella cella dei destini, nella stanza degli archetipi fu generato il più saggio dei saggi, il più intelligente degli dèi, Bel.» (Tavola I, vv. 79-80. Traduzione Giovanni Pettinato)
Lo storico greco Erodoto, vissuto nel V secolo a.C., definì l’Egitto il dono del Nilo. Con questa espressione l’autore delle ‘Storie’ intendeva marcare la straordinaria importanza rivestita da questo fiume nella vita e nella cultura del popolo egizio. Infatti il Nilo scorre per le vaste terre aride e deserte dell’Africa e prima di tutto trasporta acque limpide, poi riceve sabbie rosse e molte erbe. Pertanto le acque del Nilo non sono sempre limpide e cristalline ma lorde e fangose. Ogni anno nel mese di luglio il fiume si gonfia e straripa e inonda a lungo tutti i campi. Lungo la valle i contadini sfruttavano abilmente le piene, organizzando opere di bonifica a danno di paludi e acquitrini e pianificando ordinati sistemi di canalizzazione che consentivano di rendere produttive terre non investite dall’azione benefica delle inondazioni. Allora gli abitanti si rifugiano sui luoghi più elevati e i villaggi dei contadini, emergono, come isole dalle acque. Dopo essersi ritirate a novembre le acque del Nilo trasportano con sé il limo fecondo e lo depongono sui campi; e così, quando il fiume si abbassava, gli agricoltori non aravano la terra, ma seminavano il frumento e poi lo mietevano.
L’acqua, nel pensiero simbolico, non è legata soltanto alla Luna, ma anche ad altri due simboli di fondamentale importanza: l’albero e il giardino. Osiride rappresenta l’acqua come elemento fertilizzante, fertilizzando il suolo della madre terra – essendo Isis – per portare avanti tutte le creazioni. Osiride è acqua di sorgente ma anche albero: sacrilego è chiudere una sorgente o tagliare un albero da frutto. Acqua e albero uniti sono cantati in alcuni dei più bei passi delle Upanishad; sono presenti nelle visioni profetiche di Ezechiele e nell’Apocalisse. Come gli egiziani considerano il Nilo come l’effusione di Osiride, così essi detengono e credono che la terra sia il corpo di Isis, non tutto, ma così gran parte di esso come il Nilo copre, fertilizzando e unendo con esso. Da questa Unione fanno di Horus la nascita. Il tutto conservando e favorendo Horus, che è il temperamento stabile dell’aria circostante, è Horus l’insidioso intrigante e usurpazione di Seth [Typhon], allora, è il potere della siccità, che guadagna il controllo e dissente l’umidità che è la fonte del Nilo e del suo sorgere.
Per gli ebrei l’acqua ha un ruolo fondamentale, come ad esempio nell’antico rito dell’immersione nel mikveh, una piscina d’acqua piovana in cui bisognava bagnarsi nudi per liberarsi dai peccati. Ancora oggi questo rituale è necessario per coloro che si convertono all’ebraismo, prima del Yom Kippur e per le donne dopo il periodo mestruale.
L’acqua è vista come un elemento positivo, che dà vita alle persone e agli animali. Essa è un Dono di Dio, dono gratuito che Egli dà, perché Dio è un Dio buono.
Nel Pentateuco l’acqua è una presenza costante nei testi e nelle interpretazioni più profonde della tradizione ebraica. Nella Creazione ci mostra come l’acqua esistesse da sempre, già quando “lo Spirito del Signore aleggiava sulle acque”. L’acqua la ritroviamo nel racconto del diluvio universale è acqua purificatrice mandata da Dio per risistemare le cose del mondo. Nell’Esodo: il passaggio del Mar Rosso dà la libertà al popolo ebraico, l’incontro con le acque amare nel deserto, che Dio addolcisce omeopaticamente immergendovi un albero amarissimo (Midrash Tanchuma), l’acqua che Mosè fa scaturire battendo una roccia, il pozzo di Miriam che per 40 anni disseta i Figli d’Israele e anche l’episodio della manna, che secondo il midrash era una nutriente rugiada cristallizza
Nel Cristianesimo, l’acqua ha avuto un ruolo centrale, in quanto, come affermava San Francesco d’Assisi: “Laudato si, mi Signore, per sora Acqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta” L’acqua è sempre stata considerata un segno dello spirito di Dio sia nell’antico che nel nuovo testamento. L’acqua è all’origine della creazione. Essa è in ogni caso una manifestazione di Dio, ma può essere creativa o distruttiva, sorgente della vita come della morte. Oltre a una funzione purificatrice, l’acqua ha anche una funzione di salvezza come si vede nel rito del Battesimo. La parola battesimo proviene da “baptismos”, un termine greco che significa “immergere”. Il battesimo consiste nella immersione completa in acqua del credente che riconosce Gesù Cristo come Salvatore e Signore. La materia del Battesimo è l’acqua naturale benedetta e il suo uso come già detto è simbolo della purificazione dell’anima. Il Battesimo può avvenire “per immersione” in uso nelle Chiese Orientali e nella liturgia ambrosiana; “per infusione” cioè versando acqua sulla testa del battezzando (generalmente usata dal XV secolo nella Chiesa Occidentale); “per aspersione” (gettando acqua gettata sulla persona del battezzando, in casi particolari).
Acqua e giardino appaiono legati, anche materialmente, nelle famose costruzioni dell’antichità il cui significato e la cui topografia erano sempre simbolici: giardini romani, arabi, persiani e giapponesi, erano immagine del mondo e del Paradiso Terrestre.
Come nazione, il Giappone riceve molte piogge. Non sorprende che l’acqua sia un elemento chiave nel giardinaggio giapponese. Anche il rastrellamento della sabbia o della ghiaia rappresenta l’acqua, come nel giardino di Karesansui. Gli elementi basilari di ogni giardino giapponese sono: acqua, roccia e verde. L’acqua significa vita, senza l’acqua una persona non può vivere. L’acqua deve scorrere da est ad ovest, come il sorgere ed il tramontare del sole. Le rocce formano un punto di pace nel giardino. Forme rotonde portano atmosfera e pace. La posizione e importante, la roccia deve dare l’impressione che sia lì da sempre. Il giardino deve essere verde tutto l’anno, sono ammesse alcune fioriture in primavera (azalea, rododendro, camelia…)
Nell’Induismo le abluzioni rituali sono necessarie non solo dopo ogni contaminazione o impurità (es.: nascita o morte di un familiare) ma anche prima di ogni atto di culto.
Tra i riti purificatori: bagnarsi in uno stagno sacro; tuffarsi in acqua nel momento del bagno purificatore che conclude la maggior parte delle feste è il modo migliore per cancellare i peccati. L’acqua svolge una importante funzione nelle cerimonie dei pellegrinaggi che sono considerati mezzi eccellenti per avvicinarsi agli dei. Il Gange come tutti i grandi fiumi dell’India sono venerati come divinità femminili: sono sorgenti di vita e di forza in un paese caldo e polveroso. Il Gange, che ha le sue sorgenti nell’Himalaya e attraversa tutto il paese, è il fiume più sacro. A Benares i devoti di Shiva si bagnano nelle acque del Gange per ottenere dalla dea Gaṅgā la liberazione dal karma negativo e dal ciclo delle reincarnazioni. Benares è anche il luogo preferito per la cremazione dei morti e la dispersione delle loro ceneri. Lo Yamuna è un affluente del Gange a cui è associata la dea Kalindi che, secondo la tradizione, concede l’amore di Dio a tutti coloro che si immergono in quelle acque.
Al contrario, presso i popoli del Nord Europa l’acqua, impregnando il paesaggio nelle sue valenze lacustri e paludose; legandosi al freddo e al grigio pluviale del clima; assumendo toni cupi e insondabili; appare associata soprattutto ai temi della disgregazione della materia, dell’inganno, del mondo infero grigio e umido. Anche nel Mediterraneo tuttavia esiste una valenza infera e di morte legata all’acqua: sono le acque del mare che per millenni terrorizzano le popolazioni con la loro immensità, le loro furie, le misteriose e inquietanti isole lontane delle quali si favoleggia. Il mare, sede di esseri mostruosi, è impuro tanto per gli ebrei che per gli egiziani. Il mondo greco rurale ancora ne diffida nel momento in cui Esiodo racconta le Opere e i Giorni. Il mare, con le sue incognite e i suoi inganni, è il teatro dei lunghi itinerari dell’eroe in cerca di sé stesso, e il rifugio di una antichissima e imprevedibile divinità ctonia: Poseidone. Altra figura emblematica, il quale, detronizzato il padre Crono, ottenne il regno del mare ed ebbe alle sue dipendenze i flutti e gli esseri marini. Poseidone costruì uno splendido palazzo subacqueo a largo di Egea, in Eubea, nel quale, oltre a lui, avrebbero dimorato i cavalli bianchi dagli zoccoli di bronzo e dalle criniere d’oro che tiravano il suo cocchio. All’apparire in superficie del dio, le tempeste si placavano e mostri marini emergevano dalle onde per fargli da scorta.
L’acqua è vita anche in senso spirituale: chi beve l’acqua di Cristo non avrà mai sete. Per Tertulliano l’acqua fu prima sede dello spirito divino. Ma l’acqua è morte per sant’Agostino. Un giorno, sant’Agostino in riva al mare meditava sul mistero della Trinità, volendolo comprendere con la forza della ragione. S’avvide allora di un bambino che con una conchiglia versava l’acqua del mare in una buca. Incuriosito dall’operazione ripetuta più e più volte, Agostino interrogò il bambino chiedendogli: «Che fai?» La risposta del fanciullo lo sorprese: «Voglio travasare il mare in questa mia buca». Sorridendo Sant’Agostino spiegò pazientemente l’impossibilità dell’intento ma, il bambino fattosi serio, replicò: «Anche a te è impossibile scandagliare con la piccolezza della tua mente l’immensità del Mistero trinitario». E detto questo sparì.
Morte e vita, cioè nuova vita: l’acqua, intuizione di unità, è legata alla profezia. Dal Mare Eritreo sorge il babilonese uomo-pesce Oannes, è un essere umano con mani e piedi palmati, considerato uno dei sette saggi apkallu. Secondo il mito raccontato da Berosso nel suo “Storia di Babilonia” (Βαβυλωνιακὰ), sarebbe stato colui che avrebbe insegnato agli uomini la civiltà, le scienze, le lettere e le arti l’astrologia prima del diluvio universale. Era un uomo con particolari attitudini acquatiche. Egli era munito di branchie, ma poteva respirare anche all’aria con i polmoni, i piedi erano palmati come le mani ed il suo ambiente naturale era l’acqua. Trascorreva la notte in mare, dato che ogni sera vi si immergeva.
Secondo la mitologia greca, dall’unione della Terra con Urano, nacquero i dodici Titani, tra cui il maggiore era Oceano. In unione con Teti, l’umidità che tutto pervade e nutre.
Oceano generò le ninfe Oceanidi e i fiumi di tutta la terra. Nell’Iliade troviamo all’origine del mondo e delle divinità “Oceano, che a tutti i numi fu origine” e Teti, “la madre”; inoltre, per quanto riguarda Oceano, è specificato che di lui “tutti i fiumi e tutto intero il mare, tutte le fonti e i grandi pozzi traboccano”. (Omero, Iliade, libro XIV, v. 246.)
I Greci provavano terrore e attrazione per l’acqua, che disintegra e germina dando follia e profezia. Esiodo raccomanda di pregare prima di attraversare un fiume. A mezzogiorno si evitavano fontane, fiumi, sorgenti, umidità legate a grotte e ombre d’alberi: ivi regnavano ambigue le Ninfe.
Talete aveva notato che tutto ciò che era vivo nella natura era anche umido, di qui l’intuizione che l’acqua era il principio, cioè l’archè, da cui originano di tutte le cose che, tramite processi di rarefazione e condensazione, si trasformava in aria, vapore, fuoco, inteso come gas rarefatto, e terra, residuo.
L’acqua è la sostanza da cui traggono origine tutte le cose; la sua scorrevolezza spiega anche i mutamenti delle cose stesse.
Questa concezione deriva dalla constatazione che animali e piante si nutrono di umidità, che gli alimenti sono ricchi di succhi e che gli esseri viventi si disseccano dopo la morte.
Un discepolo di Talete, Anassimene, ritenendo che l’acqua non potesse generare il suo contrario, il fuoco, propose che l’aria fosse l’archetipo primordiale che, per successive condensazioni e rarefazioni, si trasformava in fuoco, acqua e terra.
Empedocle di Agrigento cercò di coordinare e di integrare le precedenti concezioni in modo da evitare sofisticate razionalizzazioni delle relazioni tra l’essere ed il divenire che conducono la ragione all’irrazionalità. Concluse, quindi, che erano sufficienti solo quattro elementi base e non infiniti atomi per comprendere la pluralità della materia ed il suo reale divenire.
Così, furono concepiti da Empedocle quattro elementi, due leggeri, fuoco ed aria, e due pesanti, terra ed acqua, corrispondenti, rispettivamente, alle sensazioni di secco ed umido. In tale modo Empedocle trattò i quattro stati fisici delle forme della materia come reali elementi stabili, dalla cui miscela, in differenti proporzioni, si ottenevano tutte le realtà conosciute.
L’acqua è anche il simbolo di purezza e di rinascita spirituale, in quanto libera l’anima dalle macchie terrene e purifica il corpo liberandolo da infezioni e malattie. Inoltre, scorre nelle profondità della terra, trapassando la materia oscura e densa, torna in superficie portando con sé energie segrete e pure.
Da sempre, la sua capacità catartica ha dato vita a riti, cerimonie e leggende.
Tra gli esempi più noti, c’è quello del diluvio universale che accomuna moltissime civiltà antiche. Ma l’acqua come simbolo di purezza è riconoscibile anche in quei rituali di purificazione ed iniziazione che permettono all’uomo di liberarsi dai peccati commessi e di poter così iniziare una nuova vita o una nuova e più evoluta fase dell’esistenza.
Se andate a Paestum potrete visitare la Tomba del Tuffatore (480/70 a.C.). All’inizio si pensava che fosse dedicata ad un nuotatore, ma poi ci si accorse che il soggetto rappresentato, un giovane nudo che si tuffa nell’oceano, era l’immagine metaforica del passaggio dalla vita alla morte.
L’acqua è anche un elemento di dissoluzione, di annegamento e di rinnovamento.
Il mitolgema del diluvio universale è di solito mirato all’interruzione dei cicli più antichi della creazione per annientare, per ripulire la terra da forme di vita non gradite agli dèi (nel racconto biblico e puranico, nella mitologia greca e babilonese).
La funzione purificatrice dell’acqua (dal peccato, sfortune e maledizioni) è fondamentale nei rituali di benedizione, nel rituale del bagno e del bagno battesimale diffusi in molte culture (nel cristianesimo, nell’induismo, nelle tradizioni dell’ antico Messico, dell’antico Egitto – culto tardoantico di Iside –, nell’antica Grecia – Misteri Eleusini –).
Nelle acque del mare occidentale tutte le sere si immerge il Sole allo scopo di riscaldare durante la notte il regno dei morti: l’acqua è spesso associata al di là (rio abajo, i cinque fiumi dell’Ade).
Nella tradizione esoterica europea l’acqua di sorgente (che scaturisce dalla terra, dal basso) viene impiegata durante gli esorcismi di divinità ctonie (sotterranee) e demoni, mentre l’acqua piovana (che scende dall’alto) viene utilizzata per evocare spiriti celesti.
Il polo positivo della dimensione simbolica dell‘ acqua comprende la vitalità, la fertilità essa cade dal cielo sotto forma di pioggia, disseta, pulisce, irriga e rende florida la natura. Il polo negativo – opposto e complementare a quello positivo – allude invece allo scorrere occulto e sotterraneo, all’annegamento, all’affondamento, alla dispersione, all’inondazione, alla putrefazione, al declino.
Un altro aspetto simbolico molto interessante dell’acqua è quello legato alla ciclicità (dal basso verso l’alto e viceversa) nonché quello legato alla continua trasformazione (la troviamo in forma liquida, solida, semisolida, gassosa).
Nella dimensione psicologica l’acqua, popolata da esseri misteriosi e inafferrabili (pesci, ma anche ninfe, divinità, mostri, spiriti…), è simbolo degli strati profondi e inafferrabili della personalità.
Essa, all’apparenza trasparente, riempie e occulta alla vista dell’uomo gli abissi della terra, restituendo, attraverso la sua superficie riflettente, immagini bizzarre, ora perfettamente speculari, ora mutevoli ed ingannevoli.
Nello studio dei simboli connesso alla psicologia del profondo all‘ acqua viene attribuita estrema importanza: è un elemento indispensabile alla vita ma non nutre, è simbolo fondamentale di ogni energia inconscia e pertanto è anche pericolosa quando si presenta travalicando gli argini che le sono propri (psicosi).
L’acqua nella letteratura
La nostra letteratura è piena di riferimenti all’acqua: dalle «Chiare, fresche, dolci acque» del Petrarca a Ofelia che annega in un ruscello; ci sono le sirene nei mari di Ulisse, Caronte che vi traghetta le anime e infinite poesie che ritraggono paesaggi, alberi, natura in cui sono immancabili i corsi d’acqua.
L’acqua è una delle materie primordiali per eccellenza, una specie di sostanza delle sostanze rispetto alla quale tutte le altre diventano attributi. La prima metafora a cui l’acqua si lega nella nostra cultura è quella di origine. Fin dall’età vedica dell’India, quando l’acqua si distende come uno specchio oceanico, rappresenta la manifestazione cosmica, secondo due significati legati tra loro: da un lato come acqua che da la vita materialmente, come Madre Natura; dall’altro assume un significato più trascendente legato all’Essere.
In poesia e in letteratura l’acqua è, per antonomasia, fresca. La freschezza dell’acqua è carica di risveglio, è positiva, impregna la primavera con i suoi zampilli ruscellanti, valorizza tutta la stagione con un rinnovamento. L’acqua fresca è vita. Anche se non è affatto scontato che ‘fresco’ sia un concetto indissolubilmente legato alla vita e alla positività. Per esempio non si può dire lo stesso dell’aria; quando è l’aria ad essere fresca la valenza è peggiorativa: un vento fresco lascia dietro di sé un senso di freddo. La freschezza dell’acqua imprime un clima poetico: quando c’è acqua fresca ci sono profumi freschi, verdi praterie, carni fresche e lustre, carni sode come quelle di un bambino.
Acqua è vita, è nascita; non a caso gli antichi popoli ungrofinnici conoscevano una Madre-Acqua alla quale si rivolgevano le donne desiderose di figli, mentre le spose tartare sterili, ancor oggi, si inginocchiano a pregare nei pressi degli stagni. Tutta questa corrispondenza è sostenuta dall’acqua primitiva, da un’acqua carnale, elemento universale.
Ma se l’acqua è la metafora del principio, della vita, spesso lo è anche della fine, della morte. La morte legata all’acqua è decisamente femminile – d’altra parte l’acqua è mitologicamente patria di ninfe, sirene e altre bellissime creature femminili. Abbiamo citato Ofelia, che rappresenta il simbolo del suicidio femminile. Si tratta davvero di una creatura nata per morire nell’acqua, ove ritrova, come dice Shakespeare, «il suo elemento». L’acqua è l’elemento della morte giovane e bella, della morte fiorita.
L’acqua è poi simbolo per eccellenza della purificazione morale. Le è stato infatti attribuito un potere esorcistico in molte liturgie religiose e nelle ritualità d’impronta magica perché ha in sé un carattere sacro, un potere «scongiuratorio! contro tutti i malefici». L’acqua, in questa dimensione religiosa, è spesso chiamata a separare i defunti dai vivi; sono immagini classiche fiumi inferi, isole dei morti, oceani che sorreggono il vascello fantasma o che precipitano nelle viscere del pianeta. Il personaggio letterario più celebre è Caronte, traghettatore dell’Ade che trasportava i nuovi morti da una riva all’altra del fiume.
L’acqua è poi tradizionalmente legata a un significato di rigenerazione spirituale, così come nella realtà fisica vi sono fonti che hanno proprietà terapeutiche per il corpo. La metafora della fontana della giovinezza è una delle più note, in cui ci si tuffa per uscirne rinnovati. Spesso queste fonti d’acqua sono custodite da esseri pericolosi, come draghi o serpenti, o fascinatori, come ninfe, satiri o elfi, per esaltarne la preziosità. Per attingere a queste sorgenti, infatti, è necessario rimanere con la coscienza sempre vigile, senza abbandonarsi ad alcuna suggestione, come fece Ulisse con il canto delle sirene durante la sua peregrinazione in mare.
A proposito di ninfe e sirene, non si può trascurare la funzione sessuale di un corso d’acqua, che evoca la nudità femminile. Quadro classico: acqua limpida, fanciulla diafana, giovane e nuda. La nudità evocata dall’acqua è comunque naturale, innocente.
Naturalmente tutti gli aspetti dell’elemento acqua sin qui considerati possono acquisire un segno negativo: le immagini del mare in burrasca o del fiume che straripa dagli argini indicheranno la possibilità che oscure forze dell’inconscio minaccino l’equilibrio dell’individualità, in una dimensione profonda dell’io che, come si diceva all’inizio, vede l’acqua assumere un significato trascendente.
Acqua come inizio e come fine; come fonte di vita, femminilità, sensualità e giovinezza ma anche come morte; e, quando il suo fresco scorrere si trasforma in tempesta, diventa presagio di oscurità e negatività. L’acqua è materia onnicomprensiva, che può rappresentare tutto e il contrario di tutto, vita e morte, pace e follia, scorrere gentile in prati verdi o esplodere in enormi onde zaffiro, come in un cerchio perfetto che si chiude.
Riccardo Alberto Quattrini