”Nel corso del giorno e della notte, nel nostro linguaggio, nei gesti o nei sogni, che ce ne accorgiamo o no, ognuno di noi usa i simboli. Essi danno volto ai desideri, stimolano certe imprese, modellano un comportamento, avviano successi o fallimenti.
Il Mito di Orfeo
- «È vero, ti travagliano le ire di un nume; paghi
- una grande colpa. Ti suscita questa punizione,
- se i fati non si oppongono, Orfeo, ingiustamente sfortunato,
- e duramente infierisce a causa della sua sposa rapita»
Georgiche IV 452-527 – Virgilio
Personaggio di un mito descritto in modi diversi dai poeti e oscurato da numerose leggende, Orfeo – traducibile come oscurità, o senza padre – era un poeta e cantore figlio del dio Apollo, la divinità della luce, della poesia e della medicina. La moglie di Orfeo, Euridice – traducibile come profonda giustizia –, che il cantore amava con tutto sé stesso, viene morsa da un serpente e muore. Distrutto dal dolore, Orfeo, le cui parole e musica potevano commuovere persino le rocce, decide di discendere nell’Ade, dove risiedono i morti, per incontrare Ade, il dio degli inferi, e convincerlo a lasciar tornare la sua amata nel regno dei vivi.
Dunque, la vicenda mitica di Orfeo è ricca di elementi simbolici.
La lira è simbolo delle virtù apollinee, perfezione di bellezza classica, di moderazione ed equilibrio, in contrapposizione al flauto, legato a Dioniso che rappresentava estasi e celebrazione.
Orfeo è icona dell’artista e simbolo dell’Arte, creatrice di tanta bellezza tale da incantare gli esseri viventi e addirittura i demoni e le anime dei trapassati.
Euridice è simbolo dell’anima, della spiritualità che l’artista ammira e ama e dalla quale è riamato. Aristeo è simbolo di bruta carnalità e bassi istinti umani essendosi invaghito di Euridice, la rincorse e lei, per sfuggirgli, non notò un serpente che la morse, uccidendola. Egli, dopo aver perso, inspiegabilmente le sue api, si recò dalla madre, la ninfa Cirene, alle sorgenti del fiume Peneo, nei gorghi più profondi, per scoprire la ragione della scomparsa dei preziosi animali e soprattutto per rigenerare l’alveare. Cirene lo indirizzò da Proteo, Dio dall’aspetto multiforme, che Aristeo sorprese mentre riposava. Lo incatenò affinché non potesse sfuggirgli con una delle sue note trasformazioni e quindi gli chiese la causa della sua sfortuna. Proteo gli rispose che la moria delle sue api era conseguenza dell’ira divina ma al tempo stesso colpa sua per aver provocato la morte di Euridice.
Orfeo si reca dagli dei degli inferi per chiedere la liberazione della sua amata. Il viaggio dell’anima è un tema che ha sempre affascinato l’umanità. Ci sono molti miti e leggende che descrivono il viaggio di un eroe nell’aldilà, lì dove risiedono le anime. Oggi la parola anima è un po’ fuori moda, se non quando utilizzata in modo descrittivo, come nel caso della musica soul. Anche in questa accezione è possibile scorgere il suo vero significato: la musica soul è una musica autentica, che proviene dalla profondità dell’essere umano, una musica capace di commuovere perché, priva della falsità dell’intelletto, scuote a livello fondamentale ed emotivo, il nostro essere. In effetti oggi spesso per riferirsi all’anima si usa l’espressione sé o vero sé, dove, secondo Winnicott, il Vero Sé contiene il senso di Sé stessi, di poter essere sé stessi, creativi e spontanei. A questo appartiene la percezione di una continuità della propria esistenza. In questo
modo, il viaggio per trovare l’anima è diventato la via per trovare il proprio Vero sé. Tra questo genere di storie una delle più grandiose è appunto quella di Orfeo.
Perché Euridice fu morsa proprio da un serpente?
I serpenti sono il simbolo della conoscenza o della saggezza, ma non in senso positivo, come siamo abituati a comprenderla, inoltre ricordano il mito del Giardino dell’Eden. Come ha scritto Wordsworth, “uccidiamo per dissezionare e ottenere conoscenza”: l’Albero della conoscenza porta alla rovina, inganna gli uomini facendogli credere di essere delle divinità, mentre in realtà non lo sono.
Cosi Orfeo, dopo aver trovato l’entrata dell’Ade, inizia la lunga discesa. Il viaggio di Orfeo agli inferi è dunque allegoria della scoperta, attraverso l’arte, dei più oscuri meandri della psiche umana, in cui risiedono i peggiori e indicibili orrori e timori. L’arte è in grado di ammansirli e vincerli.
Sulla via affronta molte difficoltà e supera ogni pericolo con la poesia e il canto. Riguardo la sua discesa, ci sono due cose particolarmente degne di nota: la prima è che lui si spinge più in profondità di qualsiasi altro eroe greco, incluso Eracle. Quindi il potere della musica e della poesia si dimostra superiore a tutte le armi fisiche e alla straordinaria forza degli eroi convenzionali. Quando Orfeo suona la lira i tormenti dell’Ade si placano, persino i dannati smettono di agire insensatamente e la loro razionalità inizia a emergere. Questo è il potere della bellezza. Tutto torna a vivere, poiché la musica celeste della sua lira riconnette ogni cosa alla propria origine divina, e dunque viva.
Alla fine riesce a raggiungere la sala del trono dell’inferno e si erge in piedi di fronte ad Ade, il re, e a Persefone, la regina. Qui accade un terzo, straordinario fenomeno: ascoltando la musica di Orfeo, Ade versa una lacrima (una lacrima nera come il catrame), un evento unico nella mitologia greca. La musica commuove persino i morti, e, come ricompensa, Ade accetta di permettere a Euridice di tornare nel regno dei vivi.
Ma gli fu posta una condizione, non doveva guardarla prima che fosse ritornata alla luce del giorno. Orfeo accetta e si appresta sulla via
del ritorno. Adesso ha la promessa di Euridice, ma affinché divenga realtà deve innanzitutto credere alla parola della divinità: la sua amata lo sta realmente seguendo, o scoprirà di essere stato ingannato dopo aver raggiunto la superficie? Inoltre non deve voltarsi a guardare l’anima direttamente nell’irreale mondo dell’Ade. Ma ecco che, preso da un dubbio, nel mezzo del cammino, Orfeo si volta.
Il mito di Orfeo è il mito dei miti stessi: infatti il requisito perché l’anima possa fare ritorno è non voltarsi indietro. Il non voltarsi indietro ricorda la storia della moglie di Lot, che venne trasformata in una colonna di sale proprio perché si voltò indietro. Ma, in quella storia, il peccato legato al guardare indietro sembra essere principalmente l’ingratitudine della moglie nei confronti della salvezza offerta da Dio.
Euridice così scompare per sempre. Egli sarebbe il simbolo della mancanza di forza d’animo. Orfeo non riesce a sfuggire alla contraddizione fra l’aspirazione verso il sublime e verso la banalità e, inconsolabile, finisce i suoi giorni dilaniato dalle donne trace di cui rifuggiva l’amore.
Il viaggio di Orfeo agli inferi è dunque allegoria della scoperta, attraverso l’arte, dei più oscuri meandri della psiche umana, in cui risiedono i peggiori e indicibili orrori e timori. L’arte è in grado di ammansirli e vincerli.
Musica e poesia, amore e duplice perdita, discesa agli inferi, disfatta e morte violenta.
Poche favole assommano in sé tematiche così numerose e coinvolgenti: e sono queste che hanno alimentato le letterature di tutti i tempi, poiché è nella letteratura e nella poesia soprattutto che il mito di Orfeo ha trovato la sua fonte di immortalità, ispirando autori cristiani dei primi secoli che vedevano in lui il vincitore delle forze brutali della natura (Dioniso) simile a Gesù che aveva trionfato su Satana; dando così origine a una ricca letteratura esoterica.