”La proposta di far nascere un parlamento mondiale chiamando alle urne sette miliardi e mezzo di abitanti del pianeta terra per eleggere mille deputati del popolo terrestre, mi sembra una suggestiva e coerente utopia
IL SOGNO DI CAPANNA:
L’UMANITÀ IN ASSEMBLEA PERMANENTE
In un testo che sta per uscire, il mitico o famigerato Mario Capanna, leader storico, anzi preistorico del Movimento studentesco che fece il ’68, con un gruppo di suoi compagni irriducibili con cui ha costituito un laboratorio, ha partorito una proposta globale che spiazza un po’ tutti, ma a partire da chi parla nel nome dei diritti umani: eleggiamo un parlamento mondiale su base universale. Un caso, potremmo dire, di populismo umanitario. Urbi et orbi ma in versione democratica.
La proposta di far nascere un parlamento mondiale chiamando alle urne sette miliardi e mezzo di abitanti del pianeta terra (eccetto i minori, immagino) per eleggere mille deputati del popolo terrestre, mi sembra una suggestiva e coerente utopia. Dico suggestiva perché riesce a dare una proiezione e una prospettiva globale al suffragio universale e al significato etimologico di democrazia, partendo dai popoli e dai cittadini e non dalle caste e dai sistemi di potere. Dico poi coerente perché Mario Capanna, e chi condivide il suo percorso, porta a coronamento una visione politica e ideologica che ha caratterizzato tutta la sua passione civile e morale, tutto il suo impegno politico e sociale, tutto il suo slancio fondativo e movimentista. Torna il ’68 e porta in assemblea permanente l’umanità.
Ma aggiungo “utopia” perché reputo il progetto impraticabile, o realizzabile a prezzo di sostanziali tradimenti e deviazioni di percorso e di scopo; ma utopia soprattutto perché non potrà essere un grande soggetto assembleare su base planetaria, che somiglia a una torre di Babele e a un circo globale, a cambiare verso al mondo, a raddrizzare i poteri e spezzare la Cupola ‒ politica ed economica, mediatica e giudiziaria, militare e tecnico-finanziaria ‒ che lo domina.
Sarebbe perlomeno problematico eleggere su base numerica un parlamento sbilanciato verso i paesi demograficamente più pesanti (India, Cina, Africa) fino ad assumere una netta caratterizzazione terzomondista, con l’Europa ridotta a un ruolo ultra minoritario, e la nostra Italia assolutamente irrilevante, lo zero virgola qualcosa di delegati.
Il parlamento mondiale avrebbe, se ho ben capito, un ruolo di controllo e di stimolo, oltre che di proposta politica e legislativa. Ma nel Vangelo secondo Capanna il suo scopo principale è salvifico, escatologico: “Perché l’umanità sopravviva”. Ma è possibile un parlamento mondiale senza un governo mondiale, che a Capanna non piace e a noi nemmeno?
E tuttavia una proposta del genere, benché folle, ha alcuni meriti: innanzitutto porta “allo scoperto” le funzioni, i limiti e le contraddizioni delle Nazioni Unite, l’ipocrisia dell’ONU e della sua legittimazione; rimette in discussione un potentato mondiale che ha tradito i suoi scopi originari ed è sempre meno super partes o quantomeno extra partes. In secondo luogo rimette al centro l’essenza stessa della democrazia, mostrando come un suffragio veramente universale, con una sovranità popolare realmente estesa al mondo intero, possa generare non pochi cortocircuiti nelle nostre democrazie e in generale nei sistemi politici. In terzo luogo una proposta del genere mette in serio imbarazzo le retoriche umanitarie dell’accoglienza, del terzomondismo, dell’anticolonialismo, ponendole con le spalle al muro davanti alla richiesta di portare alle logiche conseguenze il loro moralismo, la loro etica globale. Perché è più facile e redditizio essere impresari dei flussi migratori, tribuni e avvocati della loro causa, lucrando politicamente e non solo, piuttosto che lasciare a loro la diretta responsabilità di auto-rappresentarsi, senza mediazioni e deleghe ad altri.
Per quel che mi riguarda, preferisco i percorsi realisti e sono convinto che ogni sovranità, anche popolare, necessiti di confini, di territori e stati delineati: e tuttavia sarebbe davvero intrigante configurare la politica come una tensione permanente tra i luoghi della decisione, ossia i governi o i poteri sovranazionali, e i luoghi della rappresentanza globale dei popoli. È una provocazione ma ha qualche merito, pur con tutte le riserve critiche avanzate. Ma se posso sporgermi in una previsione, dirò: non si farà, ma servirà per accendere sogni e gestire illusioni.
Sono amico e nemico di Mario ormai da diversi anni: amicizia sul piano umano, inimicizia sul piano politico e culturale. A volte ci siamo divertiti a dibattere in pubblico, lui Movimento/Monumento del ’68 in difesa della sua Avventura Formidabile, io trasgressore ed eversore del medesimo, avendo scritto diversi saggi sulla necessità di Rovesciare il ’68. Una volta gli raccontai che nel ’68 facevo la scuola dell’obbligo e in un tema sulla famosa contestazione al Teatro La Scala nel ’68 scrissi: “le uova marce non sono idee”. Lui mi corresse dicendo che le uova lanciate da loro non erano marce. Già, non erano marce le uova ma le idee.
Riconosco a Capanna una passione genuina e un idealismo generoso (che sarebbe diventato rovinoso se fosse andato al potere). Ma ho sempre distinto tra chi nel nome del ’68 ha conquistato il potere e fatto carriera e chi, come lui, pur campando su quella spinta originaria, non ha mai tradito l’anelito rivoluzionario e velleitario di quei tempi e lo spirito di opposizione radicale al potere.
Ora la sua proposta di un parlamento mondiale mi fa quasi tenerezza: rieccolo col suo spirito assembleare di quel tempo; questa volta non si limita a un’aula universitaria e a una platea di studenti ma si rivolge addirittura al mondo intero e a una platea universale. Già vedo le facce infastidite dei potenti e di tutti i democratici, umanitari e antirazzisti, davanti a questa proposta che in teoria dovrebbe essere la loro. Loro sono il Palazzo, mica Capanna…