Quando la cultura pop scolpisce il potere: dai fumetti alla presidenza.
IL TERRIBILE HULK ALLA CASA BIANCA
il Simplicissimus
In un’America dove l’immaginario collettivo è stato modellato più da supereroi invincibili che da miti morali, ci troviamo a riflettere sull’impatto profondo – e forse sottovalutato – che fumetti e cartoni animati hanno avuto sulla psiche occidentale. A differenza delle fiabe, che insegnavano a confrontarsi con la paura e l’incertezza, i nuovi miti illustrati offrono un’illusione di onnipotenza, di vittoria inevitabile e di corpi indistruttibili. E se oggi ci ritroviamo un “Hulk” alla Casa Bianca, non è forse anche il risultato di questa narrazione distorta? Un saggio provocatorio che indaga il legame inquietante tra cultura pop e leadership politica. (f.d.b.)
Abbiamo probabilmente sottovalutato l’impatto che hanno avuto cartoni animati e fumetti (oggi in via di estinzione) sulla psiche occidentale e in primo luogo su quella americana nel corso dei decenni che si sono susseguiti dalla fine della Seconda guerra mondiale. Mentre le fiabe erano racconti immaginari, ma realistici sulle difficoltà e i tranelli che ci aspettano nell’età adulta, fumetti e cartoni sono l’esatto contrario: hanno uno scenario contemporaneo, ma forniscono un’idea totalmente immaginaria della vita. Ci sono delle caratteristiche comuni tra loro: i personaggi non muoiono mai e sono esenti dalle leggi fisiche, vincono sempre e hanno, con pochissime eccezioni, super poteri di qualche tipo. E generalmente questa pletora di personaggi simboleggiavano, anzi simboleggiano nell’immaginario comune dell’America.
Ora mi domando se questo non abbia a che fare con la bizzarra vicenda dei dazi. Trump si è svegliato, si è sentito il terribile Hulk, ha imposto tariffe sulle importazioni a tutti, poi è tornato normale o quasi e le ha tolte per 90 giorni, tranne il 10 per cento; si è di nuovo trasformato aumentando i dazi alla Cina e infine si è acquietato togliendole sull’elettronica di consumo. A volte fa bene sentirsi il terribile Hulk, ma è disastroso quando si pensa di poter menare botte a tutti. La vicenda dei dazi è complessa e probabilmente lo staff di Trump voleva semplicemente ridurre gli interessi sui titoli del Tesoro americano, ma poi tutto è degenerato in una farsa azionaria dalla quale hanno guadagnato montagne di soldi i soliti noti. Rimane però lo spettacolo degli Usa che pensano di poter imporre qualsiasi cosa al resto del mondo e che soprattutto non vogliono credere di non poterlo più fare. La guerra economica e commerciale che essi pensano di poter vittoriosamente condurre contro la Cina e si suoi alleati geopolitici ha qualcosa di fumettistico: il Pil di Pechino dipende solo per il 3 per cento dall’export negli Stati Uniti di cui una metà e forse più riguarda prodotti di aziende americane che comunque non si ritrasferiranno in Usa, ma semmai altrove. Probabilmente poi Pechino potrebbe continuare a mandare merci negli States attraverso triangolazioni, ma in ogni caso il danno fatto alla Cina è tutt’altro che mortale, visto anche il gigantesco mercato interno dell’ex celeste impero che già da alcuni anni è al centro dell’agenda economica di Xi.
La stessa Goldman Sachs ha calcolato che i dazi da fine del mondo messi da Trump costeranno alla Cina uno 0,5 % del Pil mentre l’effetto collaterale sarà una diminuzione del 2% di quello Usa. O per vederla da un altro punto di vista: il pil cinese per il 2025 è stimato al 5%, mentre le importazioni dagli Usa rappresentano al massimo il 4% prodotto lordo complessivo di Pechino, si tratta davvero di poca cosa. E allora si capisce bene cosa sia accaduto nei mercati: le oligarchie americane si sono spaventate della fase Hulk della presidenza e lo hanno costretto a fare marcia indietro prima che venisse alla luce la verità: che non esiste più un “ordine statunitense” e che comunque il tentativo di ripristinarlo in qualche modo ne svelano l’imperialismo economico sottostante e trovano ostacoli che prima non esistevano. Qualcosa che sta ficcando gli Usa e purtroppo noi tutti in un tunnel insensato dove si tenta di rabbonire la Russia per aver mano libera contro la Cina mentre contemporaneamentesi minaccia l’Iran che è un alleato di Mosca. Forse Trump pensava davvero che con quattro noccioline avrebbe convinto la Russia al cessate il fuoco e l’avrebbe staccata dalla Cina, ma ciò suona terribilmente infantile.
Tutto questo dimostra l’impossibilità per gli Usa di uscire dalla parte del despota planetario: per quanto teoricamente Trump ci pensi non può rinunciare alle ossessioni della cultura imperialista in cui è nato: l’eroe non può essere sconfitto, gli Stati Uniti sono stati sotto l’influsso della kriptonite, ma adesso possono di nuovo volare. L’incapacità di cogliere quali siano i reali rapporti di forza, anzi la negazione della realtà sono i sintomi del declino che non può essere arrestato con un atto di forza, ma semmai con un atto di umiltà.
