Un missile fallisce, e con lui l’illusione di un’Europa armata. Forse non è una sconfitta, ma un segnale.
IN EUROPA PRECIPITANO MISSILI E DEMOCRAZIA
Il Simplicissimus
Nel giro di appena ventiquattr’ore, l’Europa ha offerto uno spettacolo emblematico: da un lato il tonfo e l’esplosione di un missile orbitale che avrebbe dovuto dimostrare forza e ambizione geopolitica; dall’altro, il crollo simbolico di un progetto che ormai sembra sempre più lontano dallo spirito della sua Carta fondativa. Dietro il fallimento tecnico si intravede una verità più profonda: l’illusione di un’Unione costruita sulla corsa agli armamenti e sulla subordinazione a interessi esterni non regge. E forse, proprio in quell’esplosione, si accende una nuova possibilità: quella di ripensare l’Europa come spazio di pace, di coesione e di sovranità dei popoli. Un fallimento, sì. Ma anche un’occasione – rara – per tornare a immaginare un altro futuro. (f.d.b.)
Nel giro di appena 24 ore l’Europa è riuscita a fallire sul piano militare e politico, mostrando tutta la fatuità delle parole d’ordine, l’incoerenza dei suoi supposti valori e l’inane tentativo di opporsi alla Russia su ordine esplicito dei poteri finanziari. Nel video qui sotto possiamo vedere la fine ingloriosa del tentativo di realizzare un missile orbitale: un tonfo e un’esplosione che fanno giustizia dell’illusione Ue di mettere in piedi una forza che potrebbe fa paura ai russi.
Non si tratta dell’unico fallimento perché due anni fa anche i britannici hanno fatto fiasco e l’azienda che aveva tentato l’impresa, la Virgin Orbit, è bruciata economicamente insieme al missile. Poi c’è il ritardo nella realizzazione di Ariane 6, la cancellazione del lanciatore di Vega-C. Isar Aerospace, la stessa azienda che ha costruito il missile esploso l’altro ieri che ha il significativo nome di Spectrum. Naturalmente si cerca di coprire il tutto dicendo che sono state raccolte “tonnellate di dati” che presumibilmente dovrebbero far capire cosa non ha funzionato e indicare la risoluzione dei problemi. Ma è del tutto evidente che ci vorranno parecchi anni prima che si possa mettere a punto un’arma sulla quale i russi hanno ormai decenni di esperienza, tanto che nel 2021 sono stati eseguiti 25 lanci di analoghi ordigni di cui peraltro dispongono da tempo anche gli Usa e la Cina. Insomma, la dimostrazione di potenza che si voleva dare si è trasformata in una sceneggiata dell’impotenza.
Ma il fallimento più importante e clamoroso è stata l’esclusione della Le Pen dalle elezioni sulla base di una un’accusa davvero di lana caprina: il fatto che alcuni funzionari ufficialmente pagati da istituzioni Ue, lavorassero invece per il Rassemblement National, ovvero il partito lepenista. Si tratta di qualcosa che avviene da noi ad ogni livello da decenni o almeno fin da quando ho cominciato a seguire le vicende politico – amministrative e che accade anche in molti altri Paesi. Si tratta di una pratica certamente scorretta, ma comunque diffusa, che merita una sanzione quando venga scoperta, ma che – ammesso e non concesso che i fatti siano dimostrati – non può prevedere una condanna tale da arrivare all’esclusione dalle elezioni. Si è trattato quindi di un’evidentissima forzatura. Qui, dopo la Romania, abbiamo la dimostrazione palese dell’uso politico della magistratura per far fuori candidati scomodi, ovvero quelli che non sono allineati col potere reale e che rischiano di vincere. Ma il fatto che questo sia possibile, vuole semplicemente dire che non siamo più in uno stato di diritto, il quale prevede appunto l’indipendenza dell’ordine giudiziario.
Si tratta di uno dei principi distintivi dell’Occidente e già Platone parlava di indipendenza del giudice dal potere politico, seguito da Aristotele, dai fondamentali della repubblica romana, e nella forma moderna da Locke e Montesquieu. Dubito che siano letture usuali del ceto politico, ma di fatto fu proprio la Francia della rivoluzione ad adottare per prima il principio della separazione dei poteri. La cosiddetta democrazia liberale non esiste se non c’è questo presupposto che, non a caso, viene contestato proprio dai fascismi. Ora a me la Le Pen proprio non riesce a piacermi, lo trovo un personaggio costruito e dalle idee piuttosto erratiche, ma non è questo il punto, anche se le persone di più modesta intelligenza esulteranno per la sua esclusione. Il fatto è che la battaglia politica condotta con questi sistemi sta uccidendo la democrazia nella sua forma rappresentativa. Ricordo che anni fa sui social era in voga farsi belli con una frase falsamente attribuita a Voltaire: “Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere”.(1)

Adesso non se ne trova più traccia anche nelle versioni meno retoriche perché in realtà viviamo in un mondo atomizzato e ridotto in vacue tifoserie, il cui pretesto per rinnegare il dibattito, è che questo possa avvenire solo con un minimum etico che, ovviamente, ogni parte stabilisce a seconda dei propri interessi, non riconoscendo l’altra come degna di discussione. Cosa che avviene attraverso le operazioni di hitlerizzazione o le accuse di negazionismo rispetto a qualcosa. In questo non si vede nulla di etico, ma semmai la mancanza di etica. Lo scempio della democrazia non procede dunque solo dall’alto, non è solo la strategia di chi dà le carte, ma è diventata la caratteristica dell’alienazione narcisistica contemporanea. E da questo punto di vista l’Europa non è seconda a nessuno. Fino a che non arriverà il botto.

(1) ”La celebre frase “Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere” viene attribuita spesso a Voltaire, ma non è sua. In realtà, è stata scritta da Evelyn Beatrice Hall, una scrittrice britannica che usava lo pseudonimo S. G. Tallentyre. Hall la scrisse nel 1906 nel suo libro The Friends of Voltaire, come sintesi del pensiero voltairiano, in particolare per descrivere l’atteggiamento di Voltaire nei confronti del diritto alla libertà di espressione, ma non è una citazione diretta. Quindi sì: è unaparafrasi interpretativa, non una frase uscita dalla penna di Voltaire.”(f.d.b.)