”Sono sempre stato colpito da quello che potremmo chiamare il “gotico americano”

INCUBI… AMERIKANI
Sono sempre stato colpito da quello che potremmo chiamare il “gotico americano”. Che è, certo, derivato dalla letteratura gotica britannica, i romanzi di Walpole, Radcliff… poi fino al “Dracula” di Bram Stoker… ma che presenta un sottofondo, direi un animus, profondamente diverso. Qualcosa di più cupo. Disperato e disperante.
Perché questo lato, spesso in ombra, dell’America, ha tutti i connotati dell’incubo.
Oddio, dell’America… dovremmo dire degli Stati Uniti, e parlare di “gotico statunitense”. Perché il Sud, l’America Latina, che parla spagnolo e portoghese, è ben altra cosa. È immaginazione fantastica. Luminosa e ricca di colore. È sogno iridescente e mutevole… chi ha letto Borges, o Marquez, ne ha incontrato i diversi volti. Altra cosa, comunque…
Negli States, invece, l’immaginario letterario oscilla tra il realismo della “Pastorale americana” di Philip Roth – un realismo grigio, disperante – e gli incubi senza fine di una immaginazione ossessiva come quella di H. P. Lovecraft(1). Che discende da uno dei giganti della letteratura statunitense. Un gigante incompreso in patria, e amato in Europa. Edgar Allan Poe.
Così come tutti i grandi di questi filone gotico sono sempre stati snobbati dalla critica ufficiale. Dalla, cosiddetta, intellighenzia. E derubricati a letteratura di genere. Roba buona per ragazzotti e semi illetterati. E invece….
E invece Lovecraft, Howard, e prima di loro Abraham Merrit, e tanti altri, sono tutt’altro che scrittori dozzinali. Meramente commerciali. Anzi… sono coloro che rivelano un aspetto nascosto, e inquietante, dell’anima americana.
Prendete Lovecraft. È un grandissimo scrittore. Capace di immaginare un universo terrificante. Che urge dietro le apparenze del nostro mondo ordinario.
Una fantasia sfrenata. Che, in apparenza, contrasta con le convinzioni dell’autore. Che aveva una visione assolutamente realista, e materialista, della vita. E che, però… sognava. E i suoi sogni erano incubi. Dai quali emergevano terribili i Grandi Antichi, Chtulu e Yogh Shototh… e tanti altri. E nei quali dominava la presenza del Caos Strisciante…
Oppure guardiamo ad Howard. Considerarlo solo un autore di Fantasy non è riduttivo… significa non aver compreso niente della sua opera.
Che è un possente épos. Ambientato, certo, in una realtà che, a noi, appare pura invenzione. Fantasticheria.
Ma per Howard non era così. Era, come Lovecraft, un visionario. Vedeva, letteralmente, i mondi di cui narra. Atlantide, Valusya, le foreste dei Picti. La selvaggia Cimmeria e la tenebrosa Stygia… gli apparivano innanzi agli occhi… un cosmo remoto. Dimenticato dalla memoria storica degli uomini. Ma che ancora sentiva urgere dietro la patina della vita quotidiana. Dietro il grigiore e la solitudine che Hopper rappresentava nelle sue tele.
Anche gli eroi di Howard sono soli. E sono eroi cupi, come il loro mondo. Kull, Conan e gli altri lottano contro potenze tenebrose. Contro il Popolo Serpente che un tempo dominava la Terra con le sue arti oscure e i suoi riti sanguinosi. E che cerca di riprendere il dominio, mascherato dietro volti solo in apparenza umani…
Non sono, però, eroi luminosi, solari. Nè tantomeno, buoni e civili. Anzi, i protagonisti delle saghe howardiane sono barbari. Feroci e primitivi.
Per il solitario di Cross Plains, l’unica, possibile, salvezza per l’uomo era il ritorno alla barbarie. Ai barbari capaci di spazzare via civiltà decadenti e corrotte. Spargere il vecchio sangue esausto e malato. E infondere sangue nuovo. Un nuovo inizio.
Ed è proprio questo aspetto che mi ha sempre colpito del Gotico Americano. Questa visione apocalittica. Di fatto disperata e disperante… in netto contrasto con l’apparenza felice, ottimistica, superficiale, che una certa cultura di massa ha sempre divulgato. L’America di Happy Days, di Superman, di Hollywood e di John Wayne, di Elvis e dei Beach Boys… quella che si riflette nell’edonismo ottimistico, sorta di realizzazione del sogno di quel sublime idiota del Panglossismo di Voltaire… il migliore dei mondi possibili.

Dietro a questa copertina patinata, a questo, gigantesco Truman Show, vi è, però, altro.
Il cupo salmodiare dei Sacerdoti del Dio Serpente nelle piramidi di Stygia. Il gorgoglio di Yogh Shototh dagli abissi. Il grido, feroce, di Conan. E l’indicibile orrore.
L’altro volto dell’America. L’altro volto della modernità. Il più sincero, temo.

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