Commemorazione del 79° anniversario della bomba atomica su Nagasaki
INSULTO OCCIDENTALE ALLA VITTIME DI NAGASAKI
La commemorazione del 79° anniversario della bomba atomica su Nagasaki, ha avuto una defezione certamente non illustre, ma significativa: quella dell’ambasciatore statunitense in Giappone, Rahm Emanuel il quale ha così voluto protestare contro l’esclusione di Israele dalla cerimonia. Si tratta della solita guerriglia diplomatica che l’Occidente conduce senza requie, oppure di qualcosa di molto più grave che dimostra la cancellazione di ogni limite di decenza? Washington aveva lavorato perché non fossero invitati i rappresentanti di Russia e Bielorussia e perché quelli dei Paesi sudditi dell’Europa disertassero qualora non fossero stati convocati alla commemorazione gli emissari di Tel Aviv. Ora proviamo a mettere la questione nei suoi termini reali per vedere l’abisso che si apre di fronte a noi e capire perché questa vicenda in apparenza secondaria sia in realtà una delle più sfacciate e grottesche manifestazioni del modus operandi occidentale: l’ambasciatore del Paese che ha provocato l’inutile strage atomica di Nagasaki, non partecipa perché non è presente il Paese che ora sta compiendo una inutile strage di civili a Gaza grazie alle armi che gli Usa forniscono in abbondanza. È come un serpente che si morde la coda.

È pur vero che l’ambasciato americano in Giappone, ex sindaco di Chicago, nonché capo dello staff di Obama, noto premio Nobel per la pace preventivo, è un sionista di discendenza pura visto che il padre era membro di rilievo nell’Irgun, che lui stesso è stato volontario nell’esercito israeliano durante la guerra del Golfo del 1991 e, non contento, ha appoggiato da membro del congresso la guerra in Iraq del 2002, quelle delle armi di distruzione di massa che Saddam non aveva, ma che invece Tel Aviv possiede senza rivelarlo. Quindi in realtà la delegazione di Israele era presente quanto meno in spirito, visto che costui è più l’ambasciatore del governo israeliano che di quello americano. Due piccioni con una fava.

Ma la cosa importante in tutta questa squallida commedia fra stragisti abramitici è che il sindaco di Nagasaki, Shiro Suzuki, non si è piegato alle pressioni: ufficialmente perché la presenza di qualche rappresentante israeliano avrebbe potuto suscitare proteste e turbare la cerimonia, ma in realtà perché il sentimento giapponese nei confronti degli Usa va cambiando e tutta la questione si presentava come kafkiana. In realtà i funzionari israeliani e lo stesso Netanyahu, parlando con Biden alla fine dello scorso anno, hanno fatto più volte riferimento ai bombardamenti terroristici degli Stati Uniti e degli alleati su Giappone e Germania durante la Seconda guerra mondiale, per giustificare il massacro di massa dei palestinesi a Gaza. Quindi che senso avrebbe avuto invitare a commemorare i morti di Nagasaki coloro che se ne fanno scudo per giustificare le proprie stragi? E che indirettamente mostrano di apprezzare il lancio della bomba?

Perdite civili: 90 000 – 166 000 vittime a Hiroshima. 60 000 – 80 000 vittime a Nagasaki. Sono seguite altre vittime ammalatesi negli anni per varie patologie tumorali.
Chi lo vuole tra i piedi questo conglomerato di massacratori che girano il mondo con la loro faccia da schiaffi a parlare di pace, mentre sono alla radice dei massacri che vediamo? I giapponesi hanno detto di no, perché così come si era posta la vicenda, la commemorazione si sarebbe tradotta in effetti in un insulto alle vittime che teoricamente si volevano onorare. Come appare inequivocabile a chiunque si sia interessato della vicenda ci troviamo di fronte alla caduta di qualsiasi apparenza di pentimento che non viene più ritenuta necessaria nella tracotante agonia dell’impero. A mio giudizio questo episodio, assieme ad altri, comincia a far trapelare una sempre più visibile insofferenza giapponese per l’umiliazione e i condizionamenti che devono sopportare dagli americani e non è certo un caso che il politico più eminente del Paese dal dopoguerra, Shinzo Abe, sia stato ucciso nel 2022 in un attentato del solito lupo solitario, visto che era favorevole a un ruolo più autonomo del Sol Levante.
