Una cantante israeliana sembrava essere quotata a vincere l’Eurofestival
ISRAELE E L’EUROPA
Una cantante israeliana sembrava essere quotata a vincere l’Eurofestival. Poi ha vinto uno svizzero. O una svizzera… non saprei dire. Non binaria… se per voi significa qualcosa…
E la cosa non riveste, almeno per me, interesse alcuno, visto quello che penso, e non da oggi, di tale kermesse.
Però, la sua presenza alla manifestazione canora, ripropone una vecchia questione. O meglio, un dubbio. Come quando vediamo il Maccabi partecipare ai tornei di basket del nostro continente.
Cosa ha a che fare Israele con l’Europa?
Dal punto di vista puramente geografico… nulla. È parte di quello che chiamiamo Medio Oriente. Una lingua di terra inserita fra il mondo arabo orientale e il Maghreb. E affacciata sul Mediterraneo.
Tuttavia sappiamo bene che la geografia fisica non è l’unica… geografia. Perché esiste anche una “geografia culturale”. Strettamente connessa con la geopolitica.
E, dal punto di vista della geografia culturale, Israele è, a tutti gli effetti, Europa. O meglio Occidente Collettivo. Quello a cui l’Europa è stata progressivamente ricondotta, e ridotta, nell’ultimo secolo.
E Israele rappresenta, a pieno titolo, una emanazione, una propaggine, di questo Occidente. Incistata nel corpo di un mondo, quello arabo, con cui poco o nulla ha a che spartire.
Intendiamoci bene. Sto parlando di Israele, lo Stato, e della società e cultura israeliana contemporanea. Non dell’ebraismo e della tradizione ebraica. Che, anzi, per molti aspetti sarebbe molto più contigua e consonante con quella araba mediorientale che con l’occidente.
Tant’è che, per molti secoli, gli ebrei tradizionali hanno convissuto con gli arabi islamici in modo molto più… pacifico e tranquillo di quanto avvenisse in Europa.
Solo che lo Stato israeliano è una costruzione, anzi una proiezione del pensiero occidentale. Con i suoi pregi e i suoi difetti. Le diverse anime del sionismo sono riconducibili al nazionalismo o a forme di socialismo nazionale. Quindi ad una cultura precipuamente europea e occidentale.
I modelli e gli stili di vita di Tel Aviv sono simili a San Francisco, Londra, Bruxelles… non a Damasco o al Cairo.
Non è una questione di lana caprina. Perché proprio questo fatto che Israele viene percepita come Occidente, costituisce il nocciolo del problema. Al di là di tutte le recriminazioni reciproche, che lasciano il tempo che trovano, gli arabi considerano Israele come un avamposto del colonialismo occidentale. Creato, artatamente, per mantenerli in una condizione di subordine.
L’antisemitismo, sbandierato a vanvera sui nostri Media, non c’entra nulla. È un prodotto della moderna cultura europea. Con radici darwinistiche, sorto in Inghilterra e Francia. E approdato in Germania.
Gli arabi non sono mai stati antisemiti. Perché sono semiti essi stessi. Per lingua, e per ascendenza.
Identità linguistica che hanno sempre avuto in comune con gli ebrei. Soprattutto quelli mediorientali. Quindi, un certo qual modo, loro conterranei. E simili.
Ma gli israeliani sono, in maggioranza, discendenti della recente migrazione europea. A tutti gli effetti europei di origine e, in maggioranza, fortemente americanizzati nei costumi..
Di qui una ostilità, una antitesi insanabile. Perché va ben al di là degli accadimenti storici. È, piuttosto, elemento di uno scontro fra culture – o, citando Huntington, fra Civiltà – dalle radici ben più antiche.
Di qui, soprattutto, l’estrema difficoltà di arrivare ad una soluzione positiva della, annosa e sanguinosa, questione. Ed una delle ragioni che rende difficilmente attuabile (per usare un eufemismo) la formula “Due popoli, due Stati”.
Ciò che separa mondo palestinese da mondo israeliano è un baratro culturale. Lo stesso baratro che separa, ed isola, l’Occidente Collettivo dall’orbe arabo. E, in sostanza, da gran parte del Mondo.
Prendere coscienza di questo, certo, non significa trovare una soluzione al conflitto israeliano-palestinese.
Ma permetterebbe, almeno, di cominciare a pensare, e a muoversi, secondo un principio di realtà. E non, come si continua a fare, inseguendo vecchi fantasmi privi di ogni consistenza.