Eccolo smascherato, il primo negazionista climatico della storia: Sant’Agostino…

ITALIA: CAVIA EUROPEA: ORA ANCHE PER IL PANICO SUL CLIMA

«I nostri antenati si lamentavano dei loro giorni, e gli avi loro si lamentavano dei loro giorni. A nessun uomo sono mai piaciuti i giorni della sua vita. Piuttosto, ai posteri piacciono i giorni degli avi. Ogni anno, quando sentiamo freddo, di solito diciamo: non ha mai fatto un freddo così. E se invece sentiamo caldo, diciamo: non ha mai fatto un caldo così»


Eccolo smascherato, il primo negazionista climatico della storia: Sant’Agostino, IV secolo dopo Cristo. Lo cita uno studioso come Nicola Bizzi, esasperato dal refrain parossistico dei nostri media. «Non sanno più cosa inventarsi, per terrorizzare la popolazione. Logico: l’emergenza permanente predispone le persone ad accettare qualsiasi imposizione».

ITALIANI SCETTICI

«Per fortuna, però, gli ultimi sondaggi rivelano che gli italiani – spesso creduloni e timorosi – non sono disposti a farsi prendere in giro in eterno». Vero: la maggioranza – stando alle rilevazioni di questi giorni – conferma di aver mangiato la foglia. Sospetta cioè che tanto allarmismo serva essenzialmente a lanciare il business dell’agenda finanziaria green.

Il vero obiettivo – dice Bizzi, fondatore dell’editrice Aurora Boreale – è deindustrializzarci: un piano che punta alla sottomissione di interi popoli. «E quello che sconcerta è il ruolo dell’Italia, trattata sempre come cavia europea: per l’orrenda austerity Ue, per la gestione Covid, per il vassallaggio Nato contro la Russia. E adesso anche per l’inesistente emergenza climatica».

BIZZI: GOVERNA LA PAURA

Voce autorevole della cosiddetta controinformazione, Bizzi – appassionato di storia antica e di archeologia “proibita” – è stato probabilmente il primo, in Italia (con il bestseller “Operazione Corona”, uscito già a fine 2020) a denunciare la montatura pandemica. La tesi: l’ipnosi psico-terroristica come grande test. Per vedere fino a che punto sarebbe stato possibile ridurre il cittadino a semplice suddito, grazie all’arma della paura.

«Ora siamo oltre il ridicolo: come denunciato dai meteorologi onesti, a luglio le temperature vengono assurdamente misurate al suolo. Lo si fa per dare l’idea del super-caldo: in un’estate in realtà normalissima, dopo una tarda primavera fresca e piovosa. E c’è già chi parla di “smart working da caldo”, sempre per abituare il cittadino a rassegnarsi all’eccezionalità, presunta e possibilmente perenne».

EVENTI ESTREMI

BASE TERRA

 

 

 

A proposito di eventi estremi: dopo la siccità invernale nel nord-ovest e la catastrofica alluvione in Romagna, ecco le grandinate abnormi in Lombardia e Friuli. Chicchi grossi come saponette, per la gioia dei telegiornali e dei neo-climatologi di grido. «Purtroppo, fenomeni calamitosi sono sempre avvenuti. Ma forse sarebbe un errore trascurare il nostro attuale potenziale tecnologico».

Bizzi lo afferma in modo esplicito, come suo costume (nella diretta web sul canale YouTube “Base Terra”, il 27 luglio). Ovvero: «È ormai risaputo che, teoricamente, certi eventi particolarmente avversi – forti piogge, nevicate, crisi siccitose, trombe d’aria e tempeste di grandine – è possibile provocarli, localmente, anche attraverso i satelliti».

MINI: CLIMA MANIPOLATO

LA GUERRA AMBIENTALE È IN ATTO

Il primo a parlarne, in Italia, fu il generale Fabio Mini, già a capo della missione Kfor nei Balcani. Titolo del dossier: “Owning the wheather”, possedere il clima. Tra le possibili finalità, quella militare: il meteo come arma. Piuttosto ovvio: suscitare inondazioni o prolungati periodi asciutti può mettere in serie difficoltà il territorio nemico.

L’intera questione rientra nel grande capitolo – tuttora ufficialmente misterioso – della geoingegneria atmosferica. Alcuni paesi ammettono di farvi ricorso (per sostenere l’agricoltura in regioni aride, come nel caso della Cina). Ma in genere, da noi, sul tema si sorvola: preferendo tacere sulle strane scie rilasciate dagli aerei, che poi spesso diventano vere e proprie nubi artificiali.

DAL TERRAPIATTISMO AD ASSANGE

Julian Paul Assange. (IL PROCESSO A JULIAN ASSANGE. STORIA DI UNA PERSECUZIONE)

Complottismo? Ma certo: è la parola magica per spegnere sul nascere ogni interrogativo. Va a braccetto con l’altro recente neologismo americano, “fake news”. Perfetto per zittire qualsiasi voce scomoda: che si tratti dell’11 Settembre o delle imprese dell’Isis, è uguale. Chi osa fiatare rischia di finire come Julian Assange: colpirne uno per educarne cento.

Il che non significa, ovviamente, che le più imbarazzanti illazioni debbano per forza essere veritiere. Il web è pieno anche di favole iperboliche e sensazionalistiche, basate sul nulla. Provvidenziali, peraltro, per squalificare in blocco l’intero fronte dell’informazione indipendente. Il terrapiattismo? È la madre di tutte le bufale. Un grande favore, reso ai Padroni della Verità: non aspettavano altro, per poter dire che il dissenso è popolato solo di pazzoidi e squinternati visionari.

INFORMAZIONE ADDIO

Dal canto suo, Bizzi rimpiange apertamente l’informazione – pur reticente e lottizzata – della Prima Repubblica, opera della tanto vituperata partitocrazia. La tripartizione della Rai: Dc, Psi e Pci, con relativi telegiornali. «Se non altro, potevi seguire quello che sentivi più affine. E comunque, nell’insieme, si potevano cogliere – nelle reciproche differenze – vere e proprie notizie».

Ora, invece? «Ecco: con la sola eccezione de “La Verità”, il giornale cartaceo è diventato unico, così come il telegiornale (vale anche per Mediaset e Sky). Titoli tutti uguali, ogni giorno. Cambiare canale non serve: è la stessa canzone, ovunque. Perché i giornalisti non verificano più nulla. E le redazioni pescano le veline delle medesime agenzie, che a loro volta rispondono agli stessi poteri superiori: sempre quelli».

VERA EMERGENZA: L’INQUINAMENTO

Il dominio atlantista del Grande Fratello. Quello che ormai, da decenni, detta l’agenda della paura. Il terrorismo islamico e quello finanziario, poi quello sanitario. Quindi il terrore russo, che non passa mai di moda. E infine, il panico climatico: basato sull’illazione – tendenziosa e colpevolizzante, tanto per cambiare – sul ruolo della CO2 di origine antropica.

«Tutto questo, oltre a ottenere sudditanza e a promuovere i nuovi consumi green, serve a occultare il nostro vero problema: l’inquinamento». Bizzi non ha dubbi: «Tutti sanno che il dramma terrestre è l’avvelenamento: dei suoli, delle acque, dell’aria. E i principali imputati sono quelli classici: il petrolchimico e l’industria pesante, specie nei paesi in via di sviluppo».

FINTI AMBIENTALISTI

Ecco il punto: «Questa realtà elementare, da sempre nota a tutti, è diventata improvvisamente clandestina: si preferisce negare l’evidenza e accodarsi alla narrativa del potere, quella climatica. Trovatemi un ambientalista – uno solo – che abbia ancora il coraggio di dire le cose come stanno. Niente da fare: tutti allineati alla bufala climatica dell’anidride carbonica».

Caso patologico, quello del verde Bonelli. «Secondo lui, chi osa contraddire la versione ufficiale dovrebbe essere addirittura sanzionato e magari arrestato, se il “negazionismo climatico” dovesse mai diventare un reato. E il guaio è che sono tutti d’accordo: l’obiettivo non è il bene dell’ambiente, ma il cittadino da colpire. Le città blindate e precluse alle auto a benzina promuovono certo l’elettrico, ma puntano soprattutto a eliminare la mobilità, la libertà di circolare, il possesso personale dei veicoli».

VERITÀ OCCULTATE

Drastico, Bizzi: siamo in un tunnel, alla mercé di poteri che, come minimo, non ci amano. «Purtroppo la questione è antica: è stata appositamente creata una mitologia fuorviante. La nostra intera storia sarebbe da riscrivere: lo dimostrano i tanti reperti archeologici a lungo occultati, che ora stanno emergendo in modo sempre più ridondante».

In un bel libro (“I Minoici in America”) proprio Bizzi sostiene – prove alla mano – che l’Età del Bronzo nel Mediterraneo sarebbe nata grazie al rame che la civiltà di Creta si procurò estraendolo dalle miniere dell’Isle Royale (Lake Superior, Michigan) dopo aver attraversato l’Atlantico. Altro che Cristoforo Colombo: miniere aperte già nel quarto millennio e poi frequentate dai minoici. Lo comproverebbero anche i relitti navali cretesi rinvenuti alla foce del fiume San Lorenzo, tra Usa e Canada.

CATACLISMI E FAKE NEWS

Tra i tanti, un sito turco come quello di Göbekli Tepe sta a dimostrare che una civiltà antichissima era fiorente ben prima del cosiddetto diluvio universale, citato in svariati testi (dai Sumeri alla Bibbia ebraica). Per i geofisici, si tratta di un evento realmente accaduto. La scoperta risale al 2014: attorno al 9600 avanti Cristo, il pianeta sarebbe stato letteralmente sconvolto. Inondazioni apocalittiche e maremoti devastanti, tali da ridisegnare la geografia dei continenti.

Discorsi che possono portare lontano: lontanissimo, sicuramente, dall’odierna vulgata dell’emergenza climatica e dai suoi “negazionismi” altrettanto mediatici. «Tutti sanno che il clima terrestre è ciclico: se solo scienziati come Franco Battaglia e Franco Prodi potessero parlare liberamente in televisione, tutti gli italiani lo potrebbero facilmente verificare».

L’ANNO SENZA ESTATE

Secondo vari studiosi, almeno in alcune regioni, la Terra avrebbe ripreso a raffreddarsi: in Groenlandia, l’estensione dei ghiacci avrebbe ripreso a crescere a partire dal 2016. La vera notizia però è un’altra: oggi è materialmente impossibile sperare che un confronto aperto e alla pari, tra le varie ipotesi, possa avere luogo serenamente, in sede pubblica. Tutto è come militarizzato: redazioni, atenei, governi. Unica parola d’ordine ammessa: moriremo di caldo, per colpa nostra.

Bizzi cita il famoso “anno senza estate”: era il 1816. Clima glaciale, fiumi gelati nel cuore dell’Europa. Temperatura media: 10 gradi. Inevitabile la catastrofe agricola, dunque anche sociale. Oggi, gli esperti ipotizzano che – oltre al periodo (la Piccola Era Glaciale) – nella genesi di quella crisi così drammatica possa avere avuto un ruolo determinante, l’anno prima, l’eruzione del vulcano Tambora in Indonesia: le ceneri avrebbero oscurato il cielo, schermando il calore solare.

LA TERRA TREMA?

Il guaio – chiosa Bizzi – è che gli eventi apocalittici sono purtroppo frequenti, nella lunghissima vicenda del nostro pianeta: secondo alcuni calcoli, ricorrerebbero ogni 12-13.000 anni. C’è chi addirittura ipotizza che – tra il 2019 e il 2020 – la crosta terrestre possa essere “scivolata” di 2,5 gradi di latitudine, in direzione sud-est: cosa che avrebbe leggermente “traslocato” anche i poli.

Un’ipotesi, spiega Bizzi, che discende dalla storica teoria formulata dallo statunitense Charles Hapgood: la crosta della Terra potrebbe periodicamente slittare, scorrendo sul “mantello” sottostante. «Anche questo, forse, potrebbe contribuire alla ridistribuzione geografica del clima?». Nonostante la stima sincera che lo stesso Albert Einstein nutriva per Hapgood, però, la sua tesi non è mai stata accettata dalla maggior parte degli studiosi.

FINE DEL MONDO, A PUNTATE

«Solamente a partire dai tardi anni ’70 del secolo scorso – scrive Wikipedia – le idee di Hapgood hanno conosciuto nuova notorietà grazie ad un gruppo di studiosi indipendenti». Per esempio Graham Hancock, Colin Wilson, Rand Flem-Ath, John Anthony West. Autori di numerosi libri «talvolta sconfinanti in teorie riconducibili alla pseudoscienza della archeologia misteriosa».

“Pseudoscienza”, la chiama Wikipedia: abbastanza ovvio. Il che, per converso, aiuta a rafforzare l’indicazione che si può cogliere: la volontà di screditare interpretazioni eterodosse. Non c’è da stupirsi, quindi, se oggi ci raccontano che l’imminente fine del mondo sta per investirci per via climatica (non più finanziaria, bellica, terroristica, sanitaria). Narrazioni, di fronte alle quali il bivio è sempre lo stesso: credere, oppure dubitare socraticamente. E quindi, tentare di informarsi davvero, dribblando le tante favolette ufficiali.

CI PRENDONO IN GIRO

Dicono certi nuovi terrapiattisti climatici: il significato del nome Groelnandia (“terra verde”) nasce da una storiella. L’avrebbe raccontata il vichingo Erik il Rosso, mentendo, per convincere i suoi a seguirlo in un’isola che in realtà era desolata dai ghiacci. Peccato – dice Bizzi – che tanti mammut emersi dal permafrost in Siberia, morti congelati (evidentemente nel giro di pochi minuti), avessero ancora la pancia piena di erbe che crescono solo nei climi temperati: il grande gelo può anche irrompere senza preavviso, è già successo.

Tralasciando qualsiasi suggestione dietrologica e magari catastrofistica, il messaggio di Nicola Bizzi è squisitamente politico: ci stanno prendendo in giro, ancora una volta. I dominatori dimostrano un’unica preoccupazione: tenerci costantemente in preda all’angoscia. E in Europa, per i loro esperimenti, usano regolarmente l’Italia: fragilissima colonia in disarmo, svuotata di sovranità. Italiani predestinati al peggio: i primi, sempre, a subire il delirio dell’agenda.

Giorgio Cattaneo

 

 

 

 

Approfondimenti del Blog

 

 

 

 

 

 

Descrizione

Nel mese di Settembre del 2019, secondo gli autori, l’economia globale era giunta a un punto di non ritorno. Tutto stava per crollare, per implodere, con conseguenze devastanti. Ma ecco che un virus proveniente dall’Oriente è arrivato manifestandosi al momento giusto. L’obiettivo di questa pandemia è stato quello di bloccare, o quantomeno rallentare al massimo, l’economia globale, la crescita e i consumi mediante una demolizione controllata fatta di lockdown pianificati. Un libro di denuncia, voluto e curato da uno storico e da un chimico farmaceutico e realizzato con il contributo di una squadra di giornalisti, analisti finanziari, psicologi, biologi, medici e avvocati.  

 

 

 

 

Descrizione

Questo nuovo saggio di Nicola Bizzi, frutto di anni di ricerche, potrebbe essere definito un viaggio nella scienza. Ma non in quella scienza “laica” – allo stesso tempo materialista e dogmatica – che affonda le proprie radici nell’Illuminismo settecentesco, bensì in quella autentica antica Sapienza, che l’autore, libero muratore e iniziato ai misteri eleusini, conosce piuttosto bene. Quegli antichi eruditi e ricercatori che la moderna cultura definisce asetticamente “scienziati”, non solo appartenevano a quella élite colta alla quale solitamente rivolgevano i propri insegnamenti, ma erano anche e soprattutto dei grandi iniziati. Nell’antichità, infatti, non esisteva una netta separazione tra ricerca spirituale e ricerca scientifica. Esisteva una Conoscenza realmente onnicomprensiva che si fondava principalmente sulla matematica, sull’astronomia e sulla geografia, ed attraverso di essa gli antichi popoli mediterranei perfezionarono le tecniche di costruzione delle navi e l’arte della navigazione, arrivando ad esplorare tutto il mondo. A tali popoli era ben nota quindi l’esistenza di un grande continente al di là dell’Oceano Atlantico, che a più riprese visitarono e colonizzarono.

 

 

 

 

 

 

 

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