Privatizzare i profitti e socializzare le perdite non è certo una prerogativa degli ultimi anni

Alberto Sordi nel 1989 in una scena del film “L’Avaro” diretto da Tonino Cervi – .

ITALIANI, POPOLO CON IL BRACCINO CORTO

CHE GIUSTIFICA LA SOSTITUZIONE ETNICA


Braccino corto. È inutile scervellarsi tanto su investimenti, salari da fame, marketing da quarto mondo, manutenzione inesistente del territorio quando, poi, tutto si risolve in un drammatico problema di taccagneria del ceto padronale di questo Paese. Servono investimenti per le aziende? Aspettiamo i soldi pubblici. Bisogna aumentare le retribuzioni dei dipendenti perché in caso contrario vanno a lavorare all’estero? I soldi ce li deve mettere il governo.

Privatizzare i profitti e socializzare le perdite non è certo una prerogativa degli ultimi anni. La dinastia Agnelli ha rappresentato un modello forse ineguagliabile, seguita a distanza da De Benedetti. Però, perlomeno, esistevano comportamenti minimi di decente generosità. Interessata, ovviamente, ma comunque ci si vergognava di apparire con il braccino corto. Nulla a che fare con i “santi sociali” torinesi che ottenevano dai privati subalpini le ingenti risorse per aiutare i giovani in difficoltà, per accogliere i più disperati (moralmente e fisicamente), per sostenere i lavoratori poveri. Il Cottolengo non sarebbe mai nato con i braccini corti di questi ultimi anni.

Ma anche la promozione di prodotti e di eventi segue le medesime regole. Svaniti i banchetti luculliani degli Anni 80, proseguiti anche dopo la fine del craxismo. Finita l’abitudine degli omaggi di prodotti da promuovere. Ora gli uffici stampa se la cavano con una mail in cui illustrano le qualità di un prodotto, compresi quelli enogastronomici: dal profumo al sapore, alla consistenza. E visto che il tempo è denaro si evita anche di ringraziare.

Gli enti pubblici preferiscono evitare i buffet per non dare adito a polemiche sullo sperpero del denaro dei contribuenti. Ma anche i privati, multinazionali comprese, offrono agli ospiti misere tartine, vini dozzinali,  dolci striminziti. Perfettamente ripagati dagli ospiti che, nelle aste di beneficenza, offrono cifre ridicole in linea con l’inutilità della serata.

Altro che Bel Paese, che stile di vita italiano, che dolce vita. Comportamenti che denotano la meschinità di una classe dirigente che punta solo ad arraffare senza sentire il minimo dovere di ridistribuire al territorio almeno una briciola di ciò che hanno ottenuto. Forse la sostituzione etnica non sarà un gran male.

Enrico Toselli

 

 

 

 

 

 

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