”Il sistema totalitario tratta i dissidenti da attori, quello democratico li riduce a comparse
JULIAN ASSANGE E L’ONESTÀ NELLE TIRANNIE
Ogni sistema dogmatico, sia esso politico e/o religioso, richiede categoricamente ai suoi sudditi l’accettazione incondizionata di princìpi e di verità non negoziabili, pena la condanna esemplare per eresia che può arrivare fino alla morte del dissidente.
Galileo se la cavò con l’abiura, borbottando “Eppur si muove”, rispetto alla terra immobile di Tolomeo sostenuta dal Sant’Uffizio. Giordano Bruno, invece, fu inflessibile. “Tremate più voi, o giudici, nel pronunciare la sentenza, che io nell’ascoltarla”, disse, e dopo la tortura, mentre si avviava al rogo continuando a urlare la verità contro il papato, gli fu imposta la mordacchia, uno strumento di tortura che provocava lesioni sanguinanti alla bocca e alla lingua.
Tutto terribile, se ci aggiungiamo manicomi forzati (Vladimir Bukovskij ed Ezra Pound) o lavori forzati (Solgenitsin, Sinjavskij e Daniel), ma onesti: tutto esecrabile, ma profondamente irreprensibile. Io ho il potere, e io lo gestisco; la mia verità non può essere confutata.
Il caso di Julian Assange, dal punto di vista simbolico, dimostra la viltà delle istituzioni democratiche. L’attacco a WikiLeaks non è la rivendicazione di una dottrina, ma il riconoscimento di verità che non devono essere rivelate. Ergo: sappiamo di mentire, ma la menzogna non può essere svelata e divulgata. Siamo oltre al convincimento di fede; siamo alla volontà di proporre il falso. Assange dice il vero, ma il vero dev’essere occultato.
In questa condizione surreale, e grazie all’avanzata tecnologia, la mordacchia che decretava fisicamente il silenzio è stata sostituita dalla perfezione degli algoritmi e dell’intrusione bancaria. L’isolamento sociale viene applicato con l’oscuramento dei siti di informazione, con lo sfinimento attraverso le citazioni giudiziarie, con il blocco dei conti di finanziamento, con l’intimidazione di testi e di sostenitori. Metodi subdoli, ipocriti e democraticamente legittimi.
Fisicamente, poi, il potere ha rinunciato alla ghigliottina giacobina, alla forca plebea, al rogo inquisitorio: ha sostituito il boia con il burocrate informatico che uccide visivamente il dissidente, azzerando i suoi contatti e le sue minime esigenze esistenziali.
Il sistema totalitario tratta i dissidenti da attori, quello democratico li riduce a comparse.
Per la democrazia, il corpo del dissidente, dell’eversivo, del ribelle, dell’irriducibile – che sia quello di Bobby Sands nel carcere di Maze a Long Kesh o quello di Julian Assange al Belmarsh di Londra – deve semplicemente scomparire, senza esposizione come esempio alla folla. Il corpo vivente viene sottratto alla visibilità e fatto letteralmente scomparire, da vivente, al riconoscimento pubblico.
È questa la missione più ardua per i sostenitori di Assange: far capire che lui esiste, che non è un semplice oggetto giuridico, che i suoi princìpi sono quelli di tutti coloro che sono refrattari all’ipnosi propagandistica del potere.