Trump come mostro globale, capro espiatorio perfetto del mondo “buono” che ha bisogno di un nemico per riconoscersi.

LA BESTIA NERA ALLA CASA BIANCA

Marcello Veneziani

Nel nuovo commento di Marcello Veneziani, La Bestia Nera alla Casa Bianca, prende forma una satira pungente contro l’ossessione collettiva – mediatica, culturale, politica – per la figura di Donald Trump. Non è più solo un uomo, ma un totem negativo, un capro espiatorio universale a cui attribuire ogni male del mondo. Dalle dichiarazioni del Papa alle canzoni delle popstar, tutto sembra ruotare attorno a un unico bersaglio: l’“Orco Immondo” dagli improbabili capelli d’oro. Veneziani mette a nudo il paradosso di un odio che si è fatto dogma: criticare Trump non è più un gesto politico, ma una liturgia, una scorciatoia morale, una patente di appartenenza al “mondo giusto”. Eppure, osserva l’autore, molte delle colpe che gli si attribuiscono non gli appartengono: non ha scatenato guerre, non ha inventato né il capitalismo né la disuguaglianza, e persino i famigerati dazi esistevano da prima di lui. Ma questo poco importa: Trump è il simbolo perfetto del Male, e come tale va trattato, anche a costo di ignorare la realtà. Tra sarcasmo e denuncia, Veneziani ci invita a riflettere sul meccanismo diabolico della demonizzazione sistematica, che trasforma il dibattito politico in una caccia alle streghe rovesciata, in cui la Bestia serve più ai suoi nemici che ai suoi sostenitori. In fondo, come ogni mostro utile al potere, Trump è tanto odiato quanto necessario. (f.d.b.)


La bestia globale, per l’Occidente libero, democratico, inclusivo e pacifista, ha un nome rinomato ai limiti dell’ossessione, della turbo-psicosi planetaria: Donald Trump. Non c’è discorso pubblico, non c’è conversazione privata, non c’è artista, scrittore, attore, regista, comico e cantante che non faccia un’allusione critica o un esplicito riferimento ostile a lui, il Biondo Maiale degli States. È una specie di minimo sindacale, di spot umanitario, di vaccino obbligatorio, di intercalare necessario inveire contro l’Orco Immondo, sapendo peraltro di godere di totale impunità; si può dire quel che si vuole contro Trump, non si ha nulla da perdere, semmai molto da guadagnare. E se un Papa, un Ayatollah, un Dalai Lama, denuncia il male nel mondo, le guerre e le prepotenze, la persecuzione e l’egoismo, la traduzione simultanea del Lessico Corretto è che sta parlando di lui, la Bestia Nera della Casa Bianca. Lui, il Nazi, il Razi, il Dazi, con la sua corte di Pazzi. Anche se le guerre non le ha fatte lui, non le ha volute né sostenute lui ma i suoi avversari di ieri e di oggi; anche se le ingiustizie nel mondo ci sono dacché esiste il mondo e quei conflitti sorgono da motivazioni antiche e recenti in cui lui non c’entra manco di striscio; anche se il capitalismo non l’ha inventato lui, gli extraprofitti dei nuovi ricchi non li ha introdotti lui, le censure e le cancellazioni storiche e ideologiche non le ha fatte lui, ma i suoi nemici; perfino i dazi esistevano prima che ci fosse lui.

Nel frattempo, quasi nascoste tra le righe dei Big Media apprendo che Trump, il malefico Trump sta imponendo a Big Pharma di ridurre, dimezzare e anche più i prezzi dei medicinali, ed è una cosa giusta, popolare, socialmente utile soprattutto per i più poveri. Apprendo poi che Trump, il malefico Trump, sta riducendo e negoziando con tutto il mondo, a partire dalla Cina, i dazi annunciati, allo scopo di ristabilire un nesso tra economia reale e relazioni internazionali, tra economia globale ed economie nazionali, cercando di far tabula rasa di privilegi, veti e speculazioni antecedenti. E anche questo va a vantaggio dei popoli, mica delle oligarchie finanziarie transnazionali. Apprendo pure che Trump, il malefico Trump, sta seriamente, concretamente tentando una soluzione di pace sull’Ucraina e sta litigando sul serio con Putin, da sempre considerato come il suo compare occulto, pur di portarlo a concludere una pace vera, mentre il suo predecessore e i cugini dementi della piccola Europa stavano cercando di riarmare il conflitto. E non solo: a chi pensava che si sarebbe schierato testa e pancia per Netanyahu, sta al contrario dimostrando di non confondere la difesa dell’Occidente, dei diritti e della libertà di Israele, col via libera ai massacri e con l’eliminazione finale della Palestina; non fornisce più aiuti tecnici e militari, come faceva il suo predecessore, tratta scavalcando il premier israeliano, tratta pure con l’Iran, coi sunniti e con gli sciiti; cerca in medio oriente una soluzione concreta e compatibile per tutti, magari anche brutale, ma vuol mettere fine a quel genocidio e a quella deportazione, alla tensione e al terrorismo che li ha giustificati.

Attaccano Trump sulla questione del papato americano, sulla scorta di quello stupido, rozzo foto shopping con Donald pontefice e vedono in Leone XIV colui che scomunicherà Trump come un nuovo Attila, magari in coppia con Putin. Poi si viene a sapere, almeno così scrivono i big newspapers, che il grande debito economico Vaticano verrà in parte ripianato dagli aiuti americani, e non da benefattori privati, ma dall’amministrazione Trump; una manna dal cielo, il piano Marshall della Provvidenza per ringraziare lo Spirito Santo che ha scelto un papa americano. Il dollaro di Trump non olet per i prelati progressisti e ai loro soci e ispiratori in borghese? Sul piano interno Trump non ha negato a nessuno il diritto di parola e di opinione, non ha vietato l’abuso ideologico e politico e perfino il diritto d’insulto nei suoi confronti, non ha chiuso emittenti, chat, testate ostili, accademie, ritrovi: ha solo annunciato di ritirare i finanziamenti pubblici a quelle università e quei luoghi pubblici che fanno scuola, formazione, educazione, corsi all’insegna di una faziosità ideologica e di una prevaricazione partigiana su istituzioni che dovrebbero occuparsi di tutti gli americani; anche di quelli, che sono poi i più, contrari a quella somministrazione ideologica permanente e asfissiante. Pagateveli voi, liberal, radical e dem, i vostri catechismi ideologici, cercatevi gli sponsor nelle vostre parrocchiette ideologiche, non pretendeteli dallo Stato, dal denaro pubblico di tutti i contribuenti.

Per carità, non esaltiamo Trump, ci sono mille cose che non ci piacciono di lui, soprattutto lo stile, quel che dice e come lo dice, un po’ meno quel che fa. E restiamo preoccupati dalle reazioni che hanno avuto i suoi annunci, anche d’annessione, sui mercati finanziari e le ricadute anche sui fondi pensioni e altri beni sociali. Però quelle cose che dicevamo prima non sono affatto trascurabili. Se quelle minacce sono preoccupanti, di contro quelle trattative sono promettenti. Paura e speranza siedono insieme.

E il fatto che ci siano molti leader europei che cominciano a guardare a lui con attenzione ed empatia, e a seguire la sua linea, incoraggiati dal largo consenso popolare, vuol dire qualcosa. Quando finiscono gli argomenti e le solite accuse di farsela con Putin, il jolly da giocare contro di lui per l’establishment alla frutta, è naturalmente la solita, vecchia carta nazifascista. Ma ditemi voi che ci azzecca, con lui, con la sua attività di Tycoon, con gli Stati Uniti (o con la Russia antinazista di Putin), con le scelte politiche e internazionali che sta facendo oggi; ma soprattutto cosa c’entra il 2025 col 1933 o col 1939, mentre non c’entra con nessun altro evento storico, tragedia o catastrofe del passato.

Comunque, riconosco, l’informazione internazionale su di lui, unita alla sua spericolata raffica di annunci drastici e spacconate, sta generando in Occidente e nelle sue periferie, ma anche negli Stati Uniti, una diffusa sensazione di paura. Si, Trump per le cose che dice e per l’alone malefico di cui è circondato, per l’amplificazione e drammatizzazione mediatica che si fa dei suoi messaggi, sta suscitando paura. E questo ha una ricaduta anche nei sondaggi. Eppure, è il meno guerrafondaio dei presidenti americani degli ultimi ottant’anni, è il meno ideologico e il più pragmatico dei soggetti in campo, ed ha quella dose di megalomania che lo porta a dire sì, molte sciocchezze ma anche a voler cambiare davvero le sorti dei paesi, dei popoli e la fine delle guerre. Trump non promette un mondo migliore, come quegli invasati progressisti che sognano i paradisi e lasciano gli inferni, ma perlomeno sta lavorando per non peggiorare il mondo, a partire dal suo Paese. Torno a dire: lo giudicheremo dagli esiti e non dalle intenzioni, ma non dite che non ci sta provando davvero.

La Verità – 14 giugno 2024
La Verità – 14 maggio 2025

 

 

 

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