Il XII e il XIII secolo avevano visto una significativa espansione economica e demografica in Europa

LA CRISI DEL TRECENTO: IL SECOLO NERO DELL’EUROPA

di Riccardo Alberto Quattrini

La crisi del Trecento, il secolo nero Ristagni economici, carestie, epidemie, disordini sociali e guerre nel corso del XIV secolo si abbatterono su tutta l’Europa trascinandola in un periodo di crisi epocale


A partire dal IX secolo la vita in Europa aveva conosciuto un graduale miglioramento: le epidemie di peste erano sparite; la mortalità, soprattutto infantile, era regredita generando un incremento demografico; l’economia agricola, industriale, commerciale si sviluppava. Il duecento fu forse il secolo più felice della sua storia. Ma già gli inizi del secolo successivo videro una pesante inversione di tendenza.

Certamente, l’intreccio tra mutamento climatico e aumento demografico rappresenta una delle possibili cause principali della prima recessione del Trecento, che segnò l’inizio del “secolo nero”. Questi due fattori, intrecciati tra loro, crearono una pressione senza precedenti sulle risorse e sulle strutture economiche e sociali dell’Europa medievale. Certamente, l’intreccio tra mutamento climatico e aumento demografico rappresenta una delle possibili cause principali della prima recessione del Trecento, che segnò l’inizio del “secolo nero”. Questi due fattori, intrecciati tra loro, crearono una pressione senza precedenti sulle risorse e sulle strutture economiche e sociali dell’Europa medievale. Limiti di produzione. Il fatto che la crisi del trecento si sia manifestata attraverso la fame assai prima che attraverso la peste ha indotto la maggioranza degli studiosi a volgersi verso cause non contingenti, quali sono quelle puramente epidemiche. I progressi che la società europea aveva registrato fra il IX e il XIII secolo, con un’accelerazione vistosa dopo il mille, non erano stati accompagnati da alcuna rivoluzione della produzione e della tecnica. E senza un cambiamento dei metodi agricoli, rimasti sostanzialmente gli stessi, il massiccio aumento demografico era reso possibile grazie alla sola estensione delle superfici coltivate. Verso la fine del duecento le terre migliori erano state messe a coltura e ci si era spinti anche in quelle poco fertili dell’Europa settentrionale, delle aree montane o paludose.

Il clima europeo, relativamente mite e stabile nei secoli precedenti, cominciò a subire un significativo cambiamento tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo. Questo fenomeno, noto come “Piccola Era Glaciale”, si manifestò con:

Temperature più basse: Gli inverni diventarono più rigidi e le estati più fresche, accorciando la stagione agricola.

Aumento delle precipitazioni: Piogge persistenti resero difficile la semina e il raccolto, provocando una diminuzione della produttività agricola.

Eventi climatici estremi: Tempeste, inondazioni e periodi di siccità si verificarono con maggiore frequenza.

Se si pensa che l’agricoltura medievale era fortemente dipendente dal clima e priva di strumenti tecnologici avanzati per contrastare queste difficoltà. La bassa produttività creò scarsità di cibo, che non solo innalzò i prezzi, ma generò anche insicurezza alimentare su larga scala. La combinazione di cattivi raccolti e condizioni climatiche sfavorevoli costituì la premessa della Grande Carestia del 1315-1317.

La popolazione, intanto, continuava a crescere; ma per i ceti più umili nelle campagne o nelle città l’alimentazione aveva subito un trend negativo già da molto tempo, ossia da quando, alla fine dell’alto Medioevo, caccia e pesca erano divenute attività del solo ceto aristocratico. Il contadino e il lavoratore urbano povero del tardo duecento erano, fisicamente parlando, il risultato di molte generazioni nutrite quasi esclusivamente di cereali, quindi minacciate da gravi carenze di grassi e di materiale proteico e dotate di scarse difese fisiologiche e immunologiche. Questa popolazione denutrita già in condizioni normali era destinata a soccombere al primo, prolungato rialzo dei prezzi; ed è appunto ciò che accadde con i cattivi raccolti degli anni 1315-1317.

Lo storico Georges Duby osserva:

“L’agricoltura del Trecento era intrappolata in un ciclo di inefficienza e stagnazione, incapace di sostenere una popolazione in crescita”.

I commerci, che erano stati il motore della crescita urbana, subirono un rallentamento. L’instabilità politica e la riduzione della domanda interna indebolirono i mercati. Città come Firenze, Venezia e Bruges, che avevano prosperato grazie ai traffici mercantili, iniziarono a sperimentare periodi di stagnazione.

Come abbiamo avuto modo di articolarla tra il 1315 e il 1317, l’Europa fu colpita dalla Grande Carestia, uno degli episodi più drammatici del periodo. Prolungate piogge in primavera e in estate resero impossibile la raccolta di grano, causando una grave penuria alimentare.

La carestia non fu solo un evento di breve durata, ma ebbe ripercussioni a lungo termine:

Aumento della mortalità: Le persone più vulnerabili, come i poveri e i bambini, furono le prime vittime.

Svalutazione della moneta e crisi economiche locali: I governi cittadini e feudali non erano preparati ad affrontare un collasso di tale portata.

Tensioni sociali: L’incapacità delle élite di gestire la crisi alimentò il malcontento

“Non si trattava solo di una crisi alimentare, ma di una vera crisi di civiltà” (Barbara Tuchman, Uno specchio lontano).

Secondo alcune teorie recenti, l’eruzione vulcanica del monte Tarawera in Nuova Zelanda, verificatasi intorno al 1315, le ceneri eruttate durante quest’evento sarebbero all’origine dell’abbassamento delle temperature dell’intero pianeta che avrebbero fatto precipitare la situazione. Alcune annate consecutive di cattivi raccolti fecero lievitare i prezzi e lasciarono esposti alla fame i ceti meno protetti della popolazione; si tratta di un dato di fatto in qualsiasi economia preindustriale; anche la prospera Europa del XIII secolo non era stata immune da carestie.

La Peste Nera: L’Epidemia del Secolo

La crisi demografica raggiunse il suo culmine con la Peste Nera, dove la popolazione europea nel 1347 era stimata tra i 75 e gli 80 milioni di individui. Con l’arrivo della Peste Nera che si diffuse fino al 1353, la popolazione europea subì un drastico declino. La pandemia è stimata aver ucciso tra il 30% e il 50%  arrivando a contarne tra i 20 e i 30 milioni di individui. Questi dati evidenziano l’impatto devastante della Peste Nera, che causò non solo un calo della popolazione, ma anche profonde conseguenze sociali, economiche e culturali, segnando la fine del periodo medievale prospero che precedeva la pandemia e aprendo la strada a un’epoca di trasformazioni profonde.

La peste si originò probabilmente in Asia centrale e si diffuse lungo le vie commerciali verso l’Europa attraverso navi mercantili. La malattia, trasmessa da pulci infette sui ratti, si presentava in due forme principali: bubbonica e polmonare. Le conseguenze sociali furono:

Spopolamento delle città: Intere comunità furono spazzate via, lasciando villaggi abbandonati.

Cambiamenti religiosi: L’impotenza della Chiesa di fronte all’epidemia minò la sua autorità. Movimenti come i Flagellanti si diffusero, mostrando una religiosità estrema e spesso eretica.

Crisi economica: La diminuzione della forza lavoro portò a una contrazione dell’attività produttiva, ma anche a una redistribuzione della ricchezza.

Giovanni Boccaccio, testimone oculare, scrive:

“Molti morivano nelle strade, e le case erano riempite di cadaveri lasciati senza sepoltura.”

Dipinto. Peste nera. La popolazione europea passò da 80 a 30 milioni di persone.

Il Trecento vide una crescita delle tensioni sociali, con rivolte contadine e urbane che scossero il sistema feudale. La diminuzione della popolazione ridusse la disponibilità di manodopera, costringendo i proprietari terrieri a concedere condizioni migliori ai contadini, ma anche a inasprire le tasse per compensare le perdite.

Rivolte Contadine

Due esempi emblematici:

La Jacquerie (1358): Una rivolta contadina in Francia, nata in risposta all’oppressione fiscale e alla violenza della nobiltà.

La Rivolta dei Contadini Inglesi (1381): Guidata da Wat Tyler, fu una delle più grandi insurrezioni contro il sistema feudale.

La morte di Wat Tyler durante la Rivolta dei contadini del 1381. La scena cattura il dramma e il tumulto dell’evento storico.

“Era come se i legami della società medievale si stessero spezzando, uno alla volta” (Huizinga).

Anche le città furono teatro di conflitti sociali. Le corporazioni artigiane, un tempo motore della crescita urbana, entrarono in conflitto con i ricchi mercanti, che cercavano di consolidare il loro potere economico.

♣♣♣

La guerra fu una costante del Trecento, contribuendo a esacerbare la crisi economica e sociale. La più lunga e significativa fu la Guerra dei Cent’Anni (1337-1453) tra Francia e Inghilterra. Fu un lungo conflitto nato da dispute dinastiche, rivalità economiche e territoriali. Le principali cause furono le questioni dinastiche: Edoardo III d’Inghilterra rivendicò il trono francese, contro la dinastia dei Valois. Il controllo territoriale: L’Inghilterra desiderava mantenere i suoi domini in Francia, come il Ducato di Guienna. Interessi economici: La lotta per il commercio della lana e del vino esacerbò la rivalità. Il conflitto portò al rafforzamento della monarchia francese e instabilità in Inghilterra. Innovazioni tecnologiche, come l’arco lungo e le armi da fuoco. Crisi del feudalesimo, devastazione territoriale e nuove dinamiche economiche.

La guerra segnò la fine del Medioevo e l’inizio dell’epoca moderna, con monarchie più centralizzate e società trasformate.

Nonostante le devastazioni, il Trecento fu anche un periodo di transizione. La diminuzione della popolazione aprì nuove opportunità economiche: come redistribuzione delle terre. Molti contadini ebbero accesso a terreni migliori. I commerci ripresero a funzionare. Le principali vie commerciali europee, come quelle italiane (Venezia, Genova) e della lega anseatica, favorirono il commercio marittimo e terrestre. Parallelamente, il miglioramento delle tecniche bancarie, come il credito e la lettera di cambio, sostenne gli scambi. Questa ripresa fu un preludio alla nascita di un’economia più dinamica e aperta, gettando le basi per la prosperità rinascimentale.

La crisi del Trecento rappresentò una delle sfide più dure della storia europea, ma fu anche un periodo di trasformazione. Come sottolinea Barbara Tuchman,

“ogni crisi contiene in sé i semi del cambiamento”. Questo “secolo nero” gettò le basi per il mondo moderno, smantellando vecchie strutture e aprendo nuove possibilità.

La crisi del Trecento segnò la fine del Medioevo tradizionale e l’inizio di una transizione verso l’età moderna, dimostrando come dalle grandi difficoltà possano nascere opportunità di cambiamento e rinnovamento. Inoltre, la crisi del Trecento stimolò un rinnovamento culturale, che culminò nel Rinascimento.

La nascita del Rinascimento, mostra la transizione dalla decadenza medievale al vibrante rinnovamento culturale e scientifico di innovazione, arte e speranza.
Riccardo Alberto Quattrini

 

 

 

Bibliografia

  1. Giovanni Boccaccio, Decameron, 1349-1353.
  2. Fernand Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II, 1949.
  3. Johan Huizinga, Autunno del Medioevo, 1919.
  4. Georges Duby, L’economia medievale e la società feudale, 1962.
  5. Barbara Tuchman, Uno specchio lontano: il disastro del XIV secolo, 1978.
  6. David Herlihy

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Controllate anche

«DIARIO DI UNA FLÂNEUSE – UNO»

Pensieri e riflessioni di una viaggiatrice culturale …