”Sarete quel che noi siamo…
LA FINALE ALLO STADIO NON DI FRANCIA
Sarete quel che noi siamo. È la scritta un po’ ansiogena all’ingresso di un piccolo cimitero che visitammo da ragazzi. È anche la frase che ci è tornata in mente apprendendo i fatti accaduti sabato 28 maggio in occasione della finale di Coppa dei Campioni tra Real Madrid e Liverpool. Nessun problema calcistico, nessun teppismo da parte delle tifoserie, ma la vergognosa resa dello Stato francese, l’orgogliosa, ma assai scalcinata République, dinanzi a orde di giovani figli dell’immigrazione africana. Un giornale francese ha titolato: la finale nello Stadio Non-di-Francia.
Stade de France è il nome del grande impianto sportivo che ospita gli eventi più importanti, che non si trova a Parigi, ma a Saint-Denis, prima banlieue della capitale, una grande città dormitorio abitata soprattutto da non francesi, africani e in particolare maghrebini. Molti di loro hanno tenuto in scacco per ore i tifosi inglesi e spagnoli: furti, borseggi, scippi, minacce anche solo per farsi consegnare il biglietto di ingresso allo stadio, ricatti agli automobilisti di passaggio e agli utenti dei parcheggi limitrofi all’impianto sportivo. Anche aggressioni sessuali, poco pubblicizzate perché gli autori sono, per la vulgata corrente, vittime della società in quanto non bianchi.
Il tutto è avvenuto nell’impotenza (e nell’inazione) della polizia francese. La zona dello stadio è una delle più pericolose del territorio formalmente francese, una delle sette-ottocento zone del paese sfuggite alla sovranità e alla presenza fisica dello Stato transalpino (no-go zone). Lassù vivono oggi quello che a noi toccherà presto. Un famoso ex calciatore francese, Thierry Henry, originario delle Antille, in un’intervista che ha fatto il giro del mondo lo ha detto chiaramente: “Occhio, il campo è a Saint Denis, non a Parigi. Sì, è molto vicino, ma credete a me, non vorreste vivere a Saint Denis. Saint Denis non è Parigi”. Neppure Europa, e neppure una città governata dalla legge. Per colmo di tristezza, Montjoie et Saint Denis! era il grido di battaglia dei reggimenti reali francesi e il santo di quel nome è il patrono di Parigi. A Saint Denis sono seppelliti i re di Francia.
Alla vergogna si è aggiunto un altro serio problema, che minaccia di travolgere molti eventi pubblici. Sono stati messi in vendita online migliaia di biglietti falsi. Per molti, dunque, oltre alla paura, la beffa di non poter accedere allo Stade Non de France. Truffa, incapacità di controllo della polizia postale, rischio elevatissimo di sovraffollamento e incidenti. L’ultimo sfregio- smentito concordemente da tutti i presenti – sono state le dichiarazioni del ministro francese dell’Interno, Gèrald Darmanin, che ha rovesciato le colpe – tutte sue – sui tifosi inglesi.
Questi non sono certo dame di carità, ma nella circostanza sono stati tre volte vittime: della violenza dei facinorosi con carta d’identità francese, dei truffatori informatici che li hanno forniti di biglietti falsi e delle menzogne del governo che non solo è incapace di controllare il suo territorio sfigurato da un’immigrazione selvaggia, ma neppure le adiacenze e l’interno del più importante impianto sportivo del paese. In più i normali tifosi – ma non i teppisti- sono stati attaccati dalla polizia con i gas lacrimogeni. Nulla di nuovo, specie in Francia – o in Macronia – dove la rivolta dei gilet gialli – cittadini normali che rivendicano trasporti pubblici, carburante a buon prezzo e Stato sociale – è stata repressa con violenza inusitata e pallottole di gomma ad altezza del viso.
Le orde magrebine, al contrario, sono riuscite ad entrare allo stadio con la forza o con tagliandi rapinati, per poi vantarsi di aver “fottuto la Francia” inneggiando alle nazioni d’origine delle loro famiglie. Allo Stadio Non di Francia è stata vissuta una prova impressionante di sostituzione etnica, ma anche, a beneficio delle anime belle, di (dis)integrazione sociale. Un residente onesto di Saint Denis – un superstite – ha affermato che nella sua città lo Stato francese esiste solo per distribuire a i suoi nemici sussidi sociali e altre provvidenze. Il dopo partita è stato ancora più pauroso: molte persone isolate sono state aggredite, altre non hanno potuto recuperare le loro cose lasciate in deposito, oppure hanno dovuto pagare per riaverle: racket puro e semplice, grassazione di massa.
Si rabbrividisce al pensiero che nel 2024 le Olimpiadi si terranno proprio lì. L’imminenza delle elezioni legislative francesi ha scatenato le polemiche politiche, ma nulla cambierà: i ghetti si moltiplicheranno e continueranno a generare disadattamento, odio, rigetto dell’Europa e, dall’altro lato, ulteriori cordoni sanitari, esclusione, rancore. Un quadro allarmante che minaccia di diventare endemico ovunque. Il filosofo Miguel Angel Quintana Paz mette in guardia dalle “idee di lusso”, le concezioni ideologiche che si credono virtuose senza dover vivere le conseguenze del clima sociale che generano. Darmanin, Macron e la Parigi progressista “bobo” (borghese bohemien), la sinistra al caviale, certo non mettono piede a Saint Denis, a Marsiglia Nord e negli altri innumerevoli quartieri bombe a orologeria. Nulla è più disastroso che dare il potere a coloro che non soffriranno gli effetti dei loro errori. Questo spiega anche l’enorme auge della (cosiddetta) estrema destra francese nelle zone più povere e in quelle con più alta immigrazione.
Anni fa in America si diceva che un conservatore è un progressista aggredito per la strada o in casa sua. Ci pagheranno le pensioni, asseriscono i difensori dell’immigrazione incontrollata. Non è vero e comunque le nazioni hanno diritto di continuare a vivere secondo i costumi, le regole, le idee della civiltà di appartenenza.
Un tifoso del Real Madrid – un immigrato dell’Europa Orientale in Spagna – che ha vissuto con la sua famiglia lunghi minuti di panico, ha così descritto sulle reti sociali la sua esperienza: “stanno rimandando la partita perché bande di ladri derubano gli spettatori. Hanno rubato metà dei nostri biglietti. Una moltitudine ha scavalcato i tornelli d’accesso. Noi siamo con due bambini.” Alle giustificazioni dell’organizzazione che opponeva scuse risibili, ha risposto: “sono menzogne. Nessuno è arrivato in ritardo. C’è una folla che deruba gli spettatori. Rubano biglietti, portafogli, telefoni. Questa zona di Parigi è un vero pericolo. Sono un immigrato in Spagna e ho sempre sostenuto l’immigrazione, ma quello che abbiamo vissuto è stato un orrore. Centinaia di parigini africani che attaccavano i tifosi ridendo di noi e del nostro panico. Era razzismo contro gli europei”. In un video diffuso da un giornalista, un giovane magrebino si vanta di essere entrato allo stadio senza documenti né biglietto. “Presto lo metteremo in c… alla Francia”. Il loro presente, il nostro futuro. Liberté, egalité, fraternité.
Roberto Pecchioli