I racconti della Jackson sono classici del terrore perché “finiscono con una svolta che porta dritto in un vicolo buio”. Stephen King

LA LOTTERIA DI SHIRLEY JACKSON: LA FORZA DEI RACCONTI DI UNA VISIONARIA
violenza sulle donne e straniamento
Leggendo la raccolta “La lotteria” di Shirley Jackson nell’edizione Adelphi, tradotta da Franco Salvatorelli, non posso fare a meno di notare la cura editoriale e l’abilità nel rendere la potenza evocativa della prosa dell’autrice. Mi colpisce come questi racconti, pur risalendo al secolo scorso, offrano uno spaccato inquietante e fin troppo attuale sulla violenza, in particolare quella contro le donne.
Mentre mi immergo in storie come “La lotteria”, “Lo sposo”, “Colloquio” e “Il fantoccio”, mi trovo di fronte a personaggi femminili vittime di una società patriarcale che le relega a ruoli marginali, le priva della propria voce e le espone a molteplici forme di sopruso. Questi racconti mi appaiono come specchi deformanti che riflettono un’immagine distorta eppure familiare della realtà. In questa distorsione, vedo l’ordinario tingersi di grottesco, il quotidiano diventare minaccioso e la violenza, soprattutto contro le donne, insinuarsi subdola e pervasiva.
Lato oscuro
Sento che l’effetto straniante di queste storie nasce proprio dalla loro capacità di mostrarmi il lato oscuro di una società che spesso preferirei ignorare, costringendomi a confrontarmi con le mie paure più profonde e con la scomoda verità che la violenza può celarsi anche dietro l’apparenza di normalità.
“La lotteria”, racconto emblema di questa spietata discesa nell’abisso della natura umana, mi catapulta in un contesto rurale apparentemente idilliaco, dove assisto alla crudeltà che si consuma sotto il manto di una tradizione secolare. La lapidazione rituale di Tessie Hutchinson, scelta come capro espiatorio per placare un’oscura divinità, è un pugno nello stomaco che mi lascia attonito e incredulo. Vedo la violenza fisica, brutale e incontrollata, abbattersi su Tessie con la furia cieca di una folla che ha abdicato alla ragione e alla compassione.

Ma mi rendo conto che la violenza fisica è solo la punta dell’iceberg. Negli altri racconti, esploro con Jackson le forme più subdole e pervasive di sopruso contro le donne, quelle che si insinuano nell’ombra, erodendo la loro identità e dignità. In “Lo sposo”, mi immedesimo nella protagonista, una donna in procinto di sposarsi, che si trova ad affrontare il silenzio assordante e l’abbandono inspiegabile del futuro marito, Jamie. Seguo la sua ricerca frenetica per trovarlo, che diventa una discesa agli inferi dell’incertezza e del dubbio, dove ogni incontro e ogni indizio alimentano la sua angoscia e il suo senso di smarrimento. Percepisco come Jamie, con il suo gesto inspiegabile, non solo infrange il patto matrimoniale, ma distrugge l’immagine che la donna ha di sé e del loro amore, lasciandola sola a raccogliere i cocci della sua vita.
Indifferenza
“Colloquio” mi mette di fronte alla violenza sottile dell’indifferenza e dell’incomunicabilità. Mi identifico con la signora Arnold, turbata dalle reazioni del marito e dalla complessità del mondo moderno, mentre cerca conforto e comprensione nello studio di uno psichiatra.

Tuttavia, osservo con amarezza come la sua richiesta di aiuto venga accolta da un muro di indifferenza e da un linguaggio tecnico e impersonale. Vedo il dottore, incapace di entrare in sintonia con il suo disagio, etichettarla come “alienata dalla realtà”, privandola della sua voce e della sua sanità mentale. Riconosco la violenza, in questo caso, non nei lividi o nelle ferite, ma nella negazione della sua sofferenza, nella sua relegazione ai margini della società.
La Lotteria di Shirley Jackson. Infine, in “Il fantoccio” assisto alla violenza verbale e psicologica perpetrata dal ventriloquo contro la donna vestita di verde. Attraverso il suo alter ego di legno, vedo l’uomo insultarla, controllarla e umiliarla pubblicamente, mentre il pubblico, invece di prendere le sue difese, ride divertito. Osservo la donna, intrappolata in una relazione tossica, subire passivamente gli abusi, incapace di ribellarsi al suo aguzzino. Questo racconto, con la sua carica di grottesco e di cinismo, mi mostra come la misoginia e la violenza di genere siano spesso tollerate e persino celebrate, celate dietro la maschera dell’umorismo e dell’intrattenimento.
E quindi…?
Riflettendo su questi racconti di Shirley Jackson, pur essendo stati scritti decenni fa, non posso fare a meno di notare come risuonino con agghiacciante attualità nel contesto odierno, segnato da una tragica escalation di femminicidi e da una crescente consapevolezza delle molteplici forme di violenza di genere. Queste storie mi ricordano che la violenza contro le donne non è un fenomeno circoscritto a un determinato periodo storico o a un contesto sociale specifico, ma una piaga sociale che continua a mietere vittime in tutto il mondo. Constato con amarezza che le donne, ancora oggi, vengono uccise, picchiate, stuprate, perseguitate, discriminate e private della loro libertà.
La Lotteria di Shirley Jackson. Le storie di Jackson, con il loro realismo crudo e spietato, mi costringono a guardare in faccia questa realtà scomoda e a interrogarmi sul mio ruolo nel perpetrare, tollerare o contrastare la violenza di genere. Sento che la loro potenza narrativa risiede proprio nella loro capacità di scuotere le coscienze, di spingermi a non voltarmi dall’altra parte, di ricordarmi che il silenzio e l’indifferenza sono le armi più potenti nelle mani degli aguzzini.

Secondo un suo illustre ammiratore, oltre che maestro del genere, Stephen King, i racconti della Jackson sono classici del terrore perchè “finiscono con una svolta che porta dritto in un vicolo buio”.
Il racconto di Shirley Jackson intitolato “La lotteria” ricorda da vicino, per la fama che lo circonda, la famigerata lettura radiofonica della Guerra dei Mondi di Orson Welles. Fama non immeritata, giacché la pubblicazione sul “New Yorker” nel 1949, scatenò un pandemonio. Molti lo presero alla lettera, reagendo all’istante e poi per lungo tempo con missive indignate o atterrite alla redazione. Certe cose non potevano, non dovevano succedere. Eppure la storia si presenta in tutta innocenza quale pura e semplice descrizione della lotteria che si svolge nell’atmosfera pastorale, quasi idilliaca, di un villaggio del New England in un luminoso mattino di giugno, come ogni anno da tempo immemore. Ma giunto al termine di questo racconto, come degli altri che compongono l’intensa silloge qui proposta, il lettore scoprirà da sé, in un crescendo di “brividi sommessi e progressivi” – come diceva Dorothy Parker che cosa li rende dei classici del terrore.