”Il nemico possiede tutto e tutti, tranne i nostri cuori ! Il nemico esiste, è il liberalismo oligarchico nella sua forma globalista, incarnato nella privatizzazione del mondo e nel dominio attraverso la distruzione delle identità.
LA MARCIA DEVE COMINCIARE, DIMMI DOVE VAI…
I pellegrini del passato andavano a Roma. Per questo li chiamavano “romei”; partivano da ogni angolo della cristianità per raggiungere il centro della fede. Non avevano trolleyal seguito, spesso il bagaglio era un bastone, un copricapo e le scarpe ai piedi. Sopravvive, più che altro come avventura postmoderna, il cammino di Santiago, il percorso da compiere a piedi sino a Compostela, la città di san Giacomo, al termine del quale si riceve una conchiglia, simbolo del tragitto compiuto. Nel viaggio, sorge l’incontro, si scambiano esperienze, ci si specchia nel volto degli altri, si ascoltano storie. Si ha in comune la meta, qualunque sia il movente, le idee, il volto. Conta dove si è diretti più che il luogo di partenza o il principio che ha mosso il cammino. Dimmi dove vai, e forse faremo insieme la strada.
A questo pensavamo, osservando il teatrino sempre più avvilente della politica italiana ed europea, dalla quale è del tutto assente ogni progetto, slancio ideale, alternativa. La lotta è tra mediocri gruppi di potere contrapposti, intenti a disputarsi l’osso spolpato di una sovranità reale che sta sempre più “altrove”. Noi non siamo così qualunquisti da pensare “sono tutti uguali”, ovvero credere che ciascuno persegua esclusivamente fini personali. No, i programmi sono diversi, le soluzioni prospettate sono talvolta divergenti. Eppure, per restare a casa nostra, da Meloni a Fratoianni, mutano i toni, differenti sono i linguaggi e i segmenti di popolo di riferimento, ma il campo di gioco, il cerchio è il medesimo. Nessuno contesta alla radice la società contemporanea, tutti allineati, pur tra distinte sfumature, con il Sistema, rigorosamente in maiuscolo.
Le parole sono quelle del politicamente corretto, l’orizzonte è il mercato misura di tutte le cose, la cornice di riferimento l’occidentalismo, politico, valoriale, militare, economico diventato globalismo. Le grandi oligarchie hanno ben operato. Mille voci recitano in lingue diverse, il medesimo copione. TINA, there is no alternative, non c’è alternativa, ci hanno fatto credere. Dov’è la destra, dov’è la sinistra? Domande oziose, giacché comunque si tratta di destra, sinistra e centro del sistema. Cresce il deserto là fuori, l’aria si fa irrespirabile. Servono le vette, dove l’aria è più pura e il cielo è terso, come scrisse Nietzsche. Serve, finalmente, cambiare non le regole, ma il gioco. Milioni di persone hanno la percezione confusa del molto che non va, si guardano attorno, ma non trovano che macerie, menzogne, tradimenti, e infiniti carri guidati da loschi omini di burro che conducono al paese dei balocchi masse umane diventate pecore matte.
Il nemico esiste, è il liberalismo oligarchico nella sua forma globalista, incarnato nella privatizzazione del mondo e nel dominio attraverso la distruzione di ogni identità, sociale, etica, nazionale, di classe, diritto sociale. Gli strumenti del nemico sono le grandi istituzioni transnazionali (Onu, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, sistema delle banche centrali, Organizzazione Mondiale del Commercio) il braccio armato è l’esercito degli Stati Uniti, con i suoi alleati, il meccanismo di dominio è il controllo delle tecnologie scientifiche ed informatiche che stanno modificando in profondità le nostre vite e la nostra percezione del mondo. Con un efficace neologismo, Marco Della Luna la chiama “demotecnica”, ovvero il dominio sui popoli attraverso il possesso di tutti gli strumenti di consenso, controllo, formazione, informazione.
Se quanto esposto è vero, se esiste un certo numero di esseri umani non rassegnati ancora in grado di esercitare il pensiero critico, è il momento di unirsi, bandire le divisioni e agire. È l’ora di iniziare il viaggio, o, se preferite, la lunga marcia. Non può che iniziare da un piccolo passo, il più difficile, rompere gli indugi e decidere che i compagni di strada sono quelli che, pur animati dagli ideali più svariati e provenienti dalle esperienze più diverse, magari avverse a quelle vissute da noi, vanno nella stessa direzione. Il nemico comune unisce, poi si vedrà e forse, come Napoleone, l’intendenza seguirà. Dimmi dove vai e cammineremo insieme. La marcia del sale di Gandhi iniziò con pochi fedeli e cambiò l’India, minando irrimediabilmente il potente impero britannico.
Ci vuole il colpo di reni, lo scatto in avanti, il tentativo generoso e un po’ folle, l’utopia che si invera e crea un movimento politico. Ci piacerebbe scrivere un movimento sociale, ma in Italia il sintagma è legato a un partito che fu caro ad alcuni di noi, ma appartiene senza dubbio al passato, ad una stagione lontana della nostra vicenda storica. L’utopia, oggi, è tentare di scardinare il sistema, non di riformarlo o di agire dal suo interno, come sostengono i più cinici e callidi tra i finti oppositori. È finito, se mai vi fu, il tempo dei pannicelli caldi, delle terapie prudenti, dei cambiamenti senza scossoni. È il tempo della chirurgia. I tumori si incidono e si estirpano. Il liberismo globalista dei grandi poteri finanziari, industriali e tecnologici non può essere riformato. Si può solo tentare di abbatterlo, impresa titanica degna di visionari o disperati. La forza immensa di cui dispone ha un risvolto psicologico drammatico: la grande maggioranza degli esseri umani è in catene ma è arrivata ad amarle. Ama le ombre della caverna che la propaganda chiama libertà, opportunità, democrazia.
Ciononostante, nella carne e nel cuore si allargano le ferite. Poco importa se sei – o eri – di destra o di sinistra, se ti riconosci in una religione stabilita. Conta che tu senta il disagio di ciò che vedi intorno a te e voglia affrontarlo alla radice. Il primo passo è la consapevolezza, il secondo è l’appello alla speranza, il terzo è il gesto della volontà. Per una volta, diventiamo sessantottini e gridiamo che per essere realisti bisogna volere tutto. Un conto è il progetto complessivo, un altro è il programma. Le difficoltà sono immense, ma non crediamo impossibile riunire intelligenze attive attorno a pochi punti fermi: la prevalenza della dimensione pubblica su quella dei potentati privati, il ripristino della sovranità monetaria, poiché attraverso quel gigantesco furto l’oligarchia ha risolto alla radice il problema del denaro, creandolo dal nulla. Comprendiamo finalmente la grande intuizione di Ezra Pound: dire che uno Stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro, è come dire che una strada non si può fare per mancanza di chilometri.
Infatti la cupola mondialista realizza perfettamente i suoi obiettivi, avendo sottratto ai popoli la sovranità economica e finanziaria. E poi chiedere a gran voce l’uscita dell’Italia dalla Nato e il ritiro dell’ingombrante good fellowamericano dalle cento basi sul nostro territorio. Ridare centralità al lavoro e a chi lo svolge. Il lavoro non è merce, il precariato è l’anticamera della schiavitù, oltreché la via maestra per convocare da ogni parte del mondo nuovi eserciti di riserva a basso costo e senza diritti al servizio del liberismo globalista. Infine, abbattere i monopoli privati nell’energia, nelle reti di telecomunicazione, nell’informazione, nel credito, restituire centralità al creato, alla natura, che non va più massacrata in nome del profitto travestito da sviluppo e progresso.
Trent’anni fa sarebbe stato considerato un programma riformista, oggi è un progetto rivoluzionario. Ogni popolo ha diritto alla sua storia, alla sua lingua e cultura, al proprio specifico modo di organizzare la società e l’economia. Non esiste l’uni-verso ma il multiverso. Le società sono le infinite modalità con cui si organizzano le comunità. Le catene devono essere indicate, riconosciute e poi spezzate. Importa poco misurare con il bilancino delle vecchie categorie se un’agenda politica è di destra, di centro o di sinistra. Parole destituite di forza, trappole intellettuali, gabbie che hanno perduto significato da trent’anni. Qui e altrove, la rivolta ideale, materiale e morale dei popoli ha bisogno di nuovi simboli, nuove idee, di bandiere nuove e di un progetto all’altezza della sfida.
Il nemico possiede tutto e tutti, tranne i nostri cuori e le nostre mani. Non saranno certo i Salvini, i 5 Stelle, sempre più elemento di stabilizzazione del sistema, le Meloni, gli Zingaretti, i Saviano e le altre pallide figurine della sinistra senza fiato e della destra senza principi a cambiare qualcosa, tanto meno pupazzi planetari del potere come Greta Thunberg.
La marcia deve cominciare, dimmi dove vai. Non sarà facile, ma ci incontreremo: il mondo lo hanno sempre cambiato i folli e gli eretici, “soltanto chi rischia di andare troppo lontano avrà la possibilità di scoprire quanto lontano si può andare.” ( Thomas Stearns Eliot)
Immagine: Klaus Kinski in una scena del film Fitzcarraldo. (1982)
Francesca Rita Rombolà
14 Agosto 2019 a 14:08
Forse è veramente giunto il momento!?… “Il deserto avanza. Guai a chi cela deserti dentro di se!”. Un poeta folle e del tutto sconosciuto anni fa compose questo verso: “I folli trovarono il luogo”. Perchè, ripetiamolo ancora una volta, i veri poeti sono anche un poco profeti e “vedono” cose che altri non vedono con molto anticipo sui tempi di realizzazione… Si ascoltasse, una buona volta, la voce dei poeti. Ma se non ascoltavano i profeti che Dio mandava loro, per il bene del popolo, gli israeliti di millenni fa, come possono ascoltare i versi di poeti sconosciuti le masse, ignoranti e manipolate dai poteri forti, di oggi?