Al tramonto dell’impero, in memoria di chi sapeva vedere.
LA NOTTOLA DI MINERVA VOLA SULL’AMERICA DI TRUMP
Il Simplicissimus
Un ricordo personale diventa riflessione universale sul tempo che stiamo vivendo. Nel dialogo ideale con Anna, cara amica scomparsa, si intrecciano filosofia e attualità: Trump come simbolo del declino dell’impero americano, maschera grottesca di un potere che finge di colpire ma agisce nel vuoto. La nottola di Minerva, che secondo Hegel vola al calare del giorno, diventa immagine perfetta di una civiltà che, tra vanità e menzogna, affronta il proprio crepuscolo. Un pezzo che è insieme elegia, denuncia e meditazione sull’Occidente disarmato davanti al proprio riflesso (Fonte Redazionale)
Cara Anna, sono due anni che non ci sei più e in qualche modo la tristezza è alleviata dal pensiero che almeno ti è stato risparmiato di vedere un mondo così lontano dai tuoi ideali e dalle tue speranze. Ricordo quando, ormai molti anni fa, parlavamo di Trump e della sua prima elezione: ci dicevamo che sarebbe stato il presidente americano perfetto, quello che avrebbe svelato la reale natura dell’impero e del suo declino, composto di arroganza, di menzogna, ma al tempo stesso di futilità e isteria. Ricordo che dicesti che Trump era un po’ l’hegeliana nottola di Minerva che spicca il volo al tramonto di un modo di essere e di un mondo. E che in quel momento mi venne a mente la sera estiva in cui lessi l’introduzione ai Lineamenti di filosofia del diritto, proprio nell’ora in cui la civetta sarebbe planata dal suo nido verso l’oscurità del bosco, se non fossi stato in un ambiente urbano.

Proprio oggi abbiamo la prova definitiva del crepuscolo che attanaglia la società anglosassone: un uomo dai capelli tinti, “perché lui vale”, si compiace di una vittoria che è stata in realtà un azzardo sulla pelle del mondo e di tutti noi, ma che non ha avuto alcun risultato se non quello di permettergli di gonfiare il petto come una rana. Da ciò che si può vedere, gli americani hanno bombardato due strutture vuote, precedentemente colpite da Israele, provocando solo danni esterni e hanno fatto cadere sei bombe su una struttura indistruttibile, il cui cuore è a 800 metri sottoterra, quella di Firdos, sostenendo che sia stata distrutta. Sebbene gli attacchi statunitensi abbiano lasciato alcuni buchi nel terreno e danneggiato un’uscita e un ingresso (su cinque o sei) dell’impianto nucleare di Fordow, non hanno distrutto le scorte di uranio arricchito al 60%, che possono essere trasformate in armi in tempi relativamente brevi. In ogni caso, visto che quegli obiettivi erano nel mirino, l’Iran li aveva evacuati giorni prima, come le stesse foto dei satelliti americani dimostrano. Dunque, si è trattato di un atto di forza sul niente.
Puro teatro, insomma, che è stato tuttavia approntato sia contro le leggi internazionali che quelle americane, dal momento che solo il Congresso può dichiarare guerra, non il Presidente. Può darsi che tutto questo – la tesi è stata lanciata da Alex Jones – sia stato solo un modo per trarsi di impaccio senza rischiare troppo: il fatuo inquilino della Casa Bianca si era troppo sbilanciato, aveva promesso l’Armageddon e adesso non poteva che mettere in piedi uno spettacolo per gonzi in patria e all’estero, in modo da non fare la figura del parolaio. Tanto la claque mediatica applaude a più non posso e gli imbecilli gongolano in questo penoso mondo. Persino in Europa che sarebbe la prima vittima di una guerra nell’area del petrolio. C’è persino chi, come Marco Rubio, supplica la Cina di impedire la chiusura da parte dell’Iran dello stretto di Hormuz visto che Pechino compra molto petrolio nell’area: non sa che esistono solidi trasporti terrestri che possono sostituire le navi e che comunque già servono per questo scopo.
Tutto questo è troppo stupido per essere vero, quindi l’ipotesi di una mossa teatrale non è poi così insensata. E tuttavia anche in questa prospettiva Trump è riuscito in un colpo solo a trasformare gli Usa in uno stato canaglia finalmente conclamato, a mettere ancora più le sue colonie europee a rischio, ad apparire come succube di Netanyahu e dei suoi progetti di genocidio e pulizia etnica, a dare all’Iran la giustificazione per dotarsi di armi nucleari e dulcis in fundo a fornire a russi e cinesi preziosi dati sulle modalità di attacco americane. Bisogna dire che pochi sarebbero riusciti in questo intento con una sola mossa. Ma il crepuscolo crea difficoltà di visione insormontabili e solo le nottole del tramonto ci vedono bene.
