Tra propaganda e silenzi, la guerra cambia volto.

LA PAROLA È ALLE ARMI

Il Simplicissimus

“La parola è alle armi” è un editoriale corrosivo e implacabile che scardina la narrazione dominante del conflitto in Ucraina, smascherando la propaganda occidentale e denunciando l’indifferenza mediatica verso i reali sviluppi sul campo. In un contesto dove i droni delle pubbliche relazioni prevalgono sui fatti e l’arte della comunicazione si fa arma di distrazione, questo pezzo mette a nudo la brutalità della guerra e l’ipocrisia delle cancellerie europee. Tra voli di missili, silenzi compiacenti e leader in cerca di facili consensi, emerge una riflessione tagliente: siamo davvero spettatori o complici di una strategia già scritta? L’operazione speciale russa muta forma e sostanza, l’antiterrorismo entra in scena, e l’Occidente si scopre vulnerabile, disorientato, forse già sconfitto sul piano della credibilità. Un’analisi dura, scomoda, che punta il dito dove gli altri voltano lo sguardo. (Nota Redazionale)


Si avvicina il weekend e gli occidentali si immergono nel loro onanismo narrativo beandosi delle immagini prodotte da Kiev in cui vedono i presunti danni a decine di aerei russi che disgraziatamente hanno tre motori invece di due. Non so, magari è lo spezzone di un film spazzatura, ma certo che la superficialità è tale da essere persino insolente nei confronti delle persone, persino di quelle che tendenzialmente sono disposte a farsi convincere da queste baggianate. Sì, superficialità sfacciata come quella di Macron che oggi cerca di convincere la Meloni a far parte dei volenterosi, due giorni dopo che un centinaio di militari francesi sono stati uccisi da una salva di missili a Odessa in un complesso dove venivano stoccati razzi occidentali, tutti saltati in aria con esplosioni a catena. Ma di certo su questo c’è un silenzio stampa assoluto, così come sull’eliminazione di altre decine di militari Nato, in prevalenza inglesi, in altre azioni che hanno preso di mira i covi dei servizi segreti ucraini e dunque, probabilmente, molti dei pianificatori dell’operazione Spiderweb. Del resto, l’operazione speciale è diventata ufficialmente un’operazione antiterrorismo e non ci sarà scampo per questi valorosi che a Chasov Yar sono stati visti scappare con tutti i mezzi, lasciando sul campo cannoni, missili e persino mortai leggeri.

Ucraina. I russi avanzano nel Donbass in direzione di Chasov Yar

Se qualcuno pensa che tali operazioni, assieme alla tempesta di fuoco che si è abbattuta su Kiev, Ternopil e altre città, sia la vendetta di Putin alle azioni terroristiche dei giorni scorsi, si sbaglia di grosso. Il tentativo di attacco a una parte della triade nucleare russa, ancorché risoltasi con danni minimi, richiede un altro livello di risposta, vale a dire una risposta politica. La questione è chiara: un’azione di quel genere ha richiesto per la sua pianificazione almeno un anno, forse un anno e mezzo, come del resto ammettono le stesse fonti ucraine: non è possibile, perciò, che i vertici politici occidentali non conoscessero il piano, che Trump non ne sapesse nulla anche se l’idea è nata sotto Biden. Delle due l’una: o ha dato il via libera proprio mentre parlava di pace e alla vigilia degli incontri di Istanbul, oppure qualcun altro ha premuto il bottone senza dirglielo e non a caso a Mosca la prima reazione è stata quella di capire il ruolo del presidente americano. Ma qualunque ipotesi si voglia scegliere, in mancanza di notizie certe, è abbastanza chiaro che Trump ha perso di credibilità come interlocutore. Infatti, ora le trattative saranno limitate a problemi specifici come la liberazione dei prigionieri di guerra o la restituzione delle salme che tra l’altro il regime ucraino non vuole perché dovrebbe pagare le famiglie dei caduti e i soldi li ha già rubati.

Adesso Mosca sa che la risoluzione del problema ucraino è totalmente affidata alle armi e alla distruzione delle capacità militari ucraine. Inoltre, non essendo più un’operazione speciale, ma un’operazione antiterrorismo, non ha più senso contenerla entro i confini delle repubbliche del Donbass, perché è ormai chiaro che il clima guerrafondaio degli europei trascinerà questi ultimi a cercare in ogni modo di intervenire sotto varie forme di apparente “garanzia”, nel tentativo di conservare l’Ucraina come braccio armato contro la Russia. Questa è una necessità assoluta per le oligarchie continentali perché la Ue è destinata a sfasciarsi e solo l’invenzione di un nemico può tenere assieme questo edificio malsano e pericolante. L’unico problema è che i cittadini dei vari Paesi non hanno questo odio viscerale verso la Russia e si rendono conto che l’allarme su una possibile invasione è inconsistente. In ogni caso non vogliono andare in guerra, ma preferiscono le trattative diplomatiche, preferiscono le spese sociali per sanità, scuole, pensioni piuttosto che la produzione di cannoni. Certo è irritante per chi ha già in atto speculazioni belliche, ovvero i soliti noti che tenteranno in tutti i modi di sedare le voci dissenzienti.

D’altra parte, è sempre più evidente il divario tecnologico che esiste fra la Nato e la Russia: gli ucraini e i loro alleati e carnefici non riescono a beccare un solo missile in arrivo: sparacchiano in cielo con le loro ex wunderwaffen, ma il risultato è sempre lo stesso: i missili russi si abbattono su di loro. Per questo è evidente che un riarmo serio dell’Europa occuperà molto più di un decennio, a meno che non vogliano prendere il posto dei Ceceni.

Redazione

 

 

 

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