”C’è un giorno per tutto, anche per la gratitudine. Grazie
LA PAROLA “GRAZIE”
Più volte su Electomagazine è stato fatto cenno al concetto di comunità come derivazione da cum munus, dunque legata al “dono”. Ed allora è vero che il dono è gratuito, però non esime dalla gratitudine. Soprattutto quando non è neppure reciproco. Ma se manca anche un semplice “grazie”, la comunità inizia a sgretolarsi. Perché viene incentivata la cancellazione del dono e, di conseguenza, viene meno il senso di appartenenza. Si diventa estranei e si passa al puro e semplice scambio commerciale che prescinde da qualsiasi condivisione.
Forse, però, è proprio questo il vero obiettivo di chi si è impegnato per cancellare ogni forma di “buona educazione” che non sarà alla base della comunità ma lo è almeno della convivenza civile. Invece, per il politicamente corretto e la cancel culture, le “buone maniere” sono diventate una dimostrazione di totale ipocrisia, di atteggiamenti piccolo borghesi, di falsità. “Piemontesi falsi e cortesi”, un detto che si è fatto strada in Italia come se la cortesia – a sua volta legata alla vita di corte che è ben altro dal concetto abituale e negativo di “cortigiano” – fosse qualcosa di brutto, come se i modi gentili e signorili fossero deprecabili.
E se è comprensibile la famosa “cacca dei contadini” che, durante la Rivoluzione russa, defecarono nei grandi e preziosi vasi dei palazzi dello zar, è molto meno accettabile la maleducazione di chi non è impegnato a fare la rivoluzione ma soltanto la spesa al supermercato.
Eppure, è proprio nella vita quotidiana che il “grazie” è sparito. Lasci passare, in una strettoia del marciapiede, una signora con la borsa della spesa e lei non si degna di ringraziare. Apri la porta a qualcuno carico di pacchi e non gli sfugge un “grazie” neppure per sbaglio. È la logica dei diritti individuali. Nessun dovere. Neppure di attraversare sulle strisce o di passare con il verde. Non si rispettano le file in nome di una presunta furbizia. Ci si fa raccomandare per un posto di lavoro e poi non solo non si ringrazia chi si è fatto garante, ma lo si critica perché il lavoro non piace, perché lo stipendio non è pari alle attese, perché bisogna lavorare nonostante la raccomandazione.
È come una palla di neve che si trasforma in valanga. Si cancella il “grazie”, si cancella il saluto quando ci si incontra su un sentiero di montagna, si è sordi alle richieste di aiuto, si litiga per un parcheggio, ci si accoltella per uno sgarbo in una discoteca. Certo, si è eliminata l’ipocrisia piccolo borghese. Ma non si è fatta la rivoluzione. Si sono soltanto rispettate le strategie di un potere nemico di ogni comunità perché ha bisogno di monadi incapaci di collaborare tra loro. Singoli individui da manipolare. E l’odio del potere nei confronti di ogni aspirazione autonomista o indipendentista delle “piccole patrie” è semplicemente una forma di odio per ogni tipo di comunità.
