Preoccupazione ai vertici: cosa c’è dietro le parole del capo dell’intelligence?

LA PAURA DI BUDANOV
Andrea Marcigliano
Le parole non ufficiali a volte pesano più di quelle ufficiali: il timore di Budanov e il futuro dell’Ucraina
Kirill Budanov è il capo dei servizi di intelligence di Kiev. Di fatto uno dei pochissimi “uomini forti” restati intorno a Zelensky. Che in questi mesi non ha fatto che terra bruciata intorno a sé, evidentemente temendo un colpo di mano per sostituirlo.
Perché il comico da (pessimo) avanspettacolo è sempre stato, tutto sommato, cosciente dei propri limiti. Ed ha agito in modo da garantire sé stesso. Tacitando, con ogni mezzo, tutte le possibili voci dissonanti.

Bene, Budanov si dice molto, davvero molto preoccupato. E lo dice in una conversazione non ufficiale, però filtrata attraverso le, strette, maglie, della censura di Kiev. Strette ma, evidentemente, non abbastanza. Perché il regime comincia a risentire pesantemente della situazione bellica, e si sta sfrangiando. Sta andando, rapidamente, a pezzi.
Per il capo dell’intelligence ucraina la situazione militare è, ormai, insostenibile. È palese la perdita d’interesse della nuova Amministrazione statunitense, guidata da Donald Trump. Che ha, di fatto, congelato gli aiuti militari a Kiev. Ed avanzato onerose richieste, che, con ogni probabilità, Zelensky non sarà in grado di sopportare.
Un preludio a quello che sta già avvenendo dietro le quinte. La trattativa diretta tra Washington e Mosca.
Che sarà, direi inevitabilmente, una trattativa senza Unione Europea e, soprattutto, senza Kiev. Perché Trump non ha alcune fiducia nei cosiddetti alleati. Che considera dei pesi morti, inutili e anche dannosi.
E quanto a Zelensky lo valuta per quello che è. Un rapace che ha condotto il suo popolo alla distruzione. A Washington, a questa Washington, non serve più. E va, quindi, abbandonato al suo destino. Che, detto sinceramente, vedo abbastanza fosco. Anche perché Zelensky sembra, purtroppo per lui, prendersi troppo sul serio. Crede di contare…ma è un’illusione drogata.
Il risveglio, che mi sembra in corso, è cosa triste. Per il popolo ucraino già un, inutile, macello.
Che sarà dell’Ucraina? Ovvero che sarà di questa illusione di Stato e di Nazione creata dai media occidentali e dalla propaganda negli ultimi trent’anni? Perché mai prima era esistita. Ucraina vuol dire Terra di confine. E tale è sempre stata. Sino a quando certi ambienti, politici e finanziari, internazionali hanno cominciato a fomentarne un assurdo, e spesso violento, nazionalismo.
Chiaramente è ancora difficile dirlo. Potrebbe essere che l’Ucraina mantenga una parvenza di indipendenza, perdendo le province russe del Donbass. E fungendo da, neutrale, Stato cuscinetto fra Russia e NATO. L’ipotesi, con ogni probabilità, meno dura per gli ucraini nazionalisti. Che continuano ad esistere, pur essendo, da sempre, una minoranza. Cruenta e, sotto molti punti di vista, eterodiretta.
Ma vi è anche la possibilità che l’Ucraina sparisca dalle carte di geografia politica. Di fatto spartita fra la Russia, che farebbe la parte del leone, la Polonia, l’Ungheria e, in minima parte, altri paesi della regione. Che hanno loro minoranze soggette, al momento, a Kiev. Che ne ha sempre cercato di conculcare identità e diritti.
Tutto dipenderà dalla trattativa fra Trump e Putin. E dal tempo che ci vorrà. Perché ogni giorno che passa fa il gioco di Mosca. E rende più concreta la possibilità della fine dell’Ucraina.
Budanov lo sa bene. Ed ha molte, moltissime ragioni per essere preoccupato.
