Pezo el tacón del buso (peggio la pezza del buco dicono a Venezia)

LA “PEZZA” DI BLINKEN


Dobbiamo ammettere che, oggettivamente, Blinken ci sta provando. A metterci una pezza, come si suol dire. A trovare un qualche, pur confuso, accordo per depotenziare la mina di Gaza.

Ma è l’uomo giusto? Il Segretario di Stato, e quindi capo della diplomazia statunitense, appartiene ad una famiglia ebraica. Per metà ungherese, per metà ucraina. E suo padre ha avuto un ruolo non proprio secondario nel favorire, a Washington, la Nascita dello Stato di Israele.

Antony John Blinken

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Legame forte, e antico, con il sionismo, quindi. Ma non con Netanyahu e il suo Likud. Perché Blinken è uomo di Biden. Sin dai tempi dell’Amministrazione Obama. Quando servì prima come Consigliere per la Sicurezza dell’allora vice-presidente. Per poi passare ad essere il numero due nella Segreteria di Stato di Kerry.

Ed è cosa arcinota che tra Biden e il suo entourage – specialmente quello di origine ebraica – e il premier israeliano non corre buon sangue.

Anzi, è probabile che, con Nonno Joe nello Studio Ovale che parla con amichetti immaginari e fantasmi di vecchi Presidenti francesi, Bibi rifiuti ogni accordo su Gaza. Aspettando il ritorno di Trump.

Quello sì un “amico”. Che ha, come consigliere più fidato, il genero, Jared Kushner. Presidente di un colosso immobiliare, molto vicino (per usare un eufemismo) al Likud di Netanyahu.

Comunque, Blinken ci sta, indiscutibilmente, provando. I suoi ammonimenti ad Israele a “non esagerare”, ormai non si contano più. E i contatti con il Qatar e l’Egitto – in questo momento i due paesi che, per ragioni diverse, cercano di mediare tra Hamas e il Governo di Gerusalemme – sono continui.

Netanyahu. macellaio di Gaza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Però, con tutta la buona volontà, il Segretario di Stato ha ben poche frecce al suo arco. Forse nessuna.

Difficile, infatti, cercare di fare dialogare, o per lo meno trovare un accordo di minima, fra due entità, Israele ed Hamas, che hanno come obiettivo prioritario la distruzione, l’annientamento reciproco. Mancano i minimi presupposti anche solo per un accordo sullo scambio di prigionieri.

Il maggior problema di Blinken non è, però, costituito da Hamas. Potendo fare pressione sul Qatar, il Segretario di Stato è, indirettamente, in grado di influire sulle decisioni della leadership palestinese. Infatti, è l’emiro che finanzia Hamas. E che protegge, in hotel di lusso, il suo vertice politico. Sempre ammesso, e non facilmente concesso, che tale vertice abbia ancora presa e una qualche forma di controllo sulle brigate di miliziani che operano a Gaza.

Il maggior problema è, però, costituito da Netanyahu. Che, come dicevo, non ha molti motivi di fidarsi dell’Amministrazione Biden. Dietro la quale si staglia l’ingombrante ombra di Soros. E tra Bibi e il finanziere l’odio reciproco è cosa arcinota.

Ma il problema di Netanyahu è, soprattutto, un altro. Si trova in una situazione senza vie, agevoli, di uscita. All’offensiva dentro Gaza stenta a trovare alternative. A meno di un ritiro che suonerebbe come una, precisa, sconfitta. Sia militare che politica. La fine, ingloriosa, della sua carriera politica. E del potere del Likud.

George Soros. Caricatura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le soluzioni avanzate appaiono, tutte, improbabili. L’Egitto non è assolutamente disposto ad accettare un trasferimento di massa della popolazione di Gaza nel Sinai. Onde rendere la Striscia una sorta di terra di nessuno. Un cuscinetto protettivo per Israele…

Ed appare altrettanto improbabile l’ipotesi di ridare il controllo di Gaza all’Autorità Palestinese.

Abu Mazen è un leader debole. Privo di carisma. E non ha la forza militare forse neppure per tenere sotto controllo la Cisgiordania. Figuriamoci, poi, se ricevesse in grazioso dono, da Gerusalemme e Washington, Gaza. Agli occhi dei palestinesi, e degli arabi in genere, perderebbe la sua, residua, credibilità.

Perciò Bibi non può che continuare nell’offensiva. Incurante della marea montante di odio contro di lui. E contro Israele. E sapendo che la distruzione di Hamas, o perlomeno dei suoi vertici, è destinata a restare nel mondo dei sogni.

Blinken, però, continua a fare avanti e indietro con il Qatar e l’Egitto. Ci sta provando, nonostante tutto. Ma molti gli remano contro. Anche a Washington. Anche in seno all’Amministrazione Biden.

Andrea Marcigliano
Andrea Marcigliano

 

 

 

 

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