Ismail Haniyeh, uno dei capi politici di Hamas…

LA REALTÀ E LA FINZIONE. DIETRO L’UCCISIONE DI HANIYEH


Ismail Haniyeh, uno dei capi politici di Hamas, forse (ma il “forse” è d’obbligo vista la complessa struttura dell’organizzazione) il più importante, viene ucciso da un raid israeliano. Mentre si trova a Teheran, per la cerimonia di giuramento del nuovo Presidente della Repubblica islamica, Masoud Pezeshkian.

Netanyahu. macellaio di Gaza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un razzo lo ha colpito nella casa dove alloggiava. Un razzo che è partito dicono le fonti ufficiali, da territorio esterno a quello iraniano. Eufemismo diplomatico per dire da Israele. O, peggio, da qualche base israeliana nei paesi confinanti. E dico “peggio” perché questo implicherebbe pericolosi sviluppi in tutta la regione.

L’IDF si chiude nel silenzio. Come sempre, non conferma e non smentisce la propria responsabilità. E lo stesso fa il Dipartimento di Stato americano. Limitandosi a confermare che, in caso di guerra, interverrà a fianco di Gerusalemme. Che è, poi, già di per sé stessa una chiara conferma della responsabilità dell’attentato.

L’eliminazione di Haniyeh risponde perfettamente alla logica con cui il governo Netanyahu sta conducendo la Guerra di Gaza. Volta, dichiaratamente, all’annientamento di Hamas. O, per lo meno di tutti i suoi quadri dirigenti, nonché alla dissoluzione delle sue milizie.

 

 

 

 

 

 

 

Nulla di nuovo, quindi. Tuttavia, quanto avvenuto a Teheran dimostra la vanità di tutte le trattative in atto per portare ad una tregua, anche solo provvisoria, a Gaza. Impossibile un qualsiasi accordo tra due entità che hanno come obiettivo il reciproco annientamento. Soprattutto quando una delle due, in deciso vantaggio militare e strategico, sta puntando a questo in tempi brevi. Ed utilizzando tutti gli strumenti, anche quelli considerati illeciti dalle convenzioni internazionali (per altro da sempre carta straccia), per conseguirlo.

In sostanza Netanyahu sta tirando dritto per la sua strada. E tutti gli incontri diplomatici proposti da Washington, coinvolgendo Qatar, Egitto ed altri, non sono che una cortina fumogena.

Il fumo di una, generalizzata, ipocrisia. Tutti, proprio tutti non possono non sapere che l’IDF, le forze armate israeliane, non porranno fine alla loro azione sino ad aver completamente annientato Hamas. E, presumibilmente, trasformato la Striscia in una terra di nessuno completamente neutralizzata. Nella quale, per altro, si prepara l’insediamento di nuove colonie ebraiche, che fungerebbero da cintura di protezione.

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha presentato venerdì una nuova mappa in cui non esiste la Palestina. Il premier ha mostrato questa mappa durante il suo discorso alla 78a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

 

 

 

 

 

 

 

 

Di qui l’imbarazzo, i silenzi ipocriti dei vari leader occidentali nei loro incontri con Netanyahu. Come quello, recente, con Giorgia Meloni.

Sanno. Ma fingono di non sapere. Di fatto avallando un’azione radicale che, al di là delle parole occasionali del solito Blinken, ha il pieno appoggio di Washington.

Inoltre, ciò che è accaduto a Teheran riveste una gravità ancora maggiore. Intanto perché dimostra, una volta ancora, come Israele, e più in generale l’Occidente Collettivo non abbiano alcuna esitazione a colpire ovunque, anche nel territorio di paesi terzi, se questo rientra nei loro interessi strategici. In spregio a tutte le regole delle relazioni internazionali. Come dimostrato, tanto per fare un paio di esempi, dall’attentato che uccise un generale dei Pasdaran nell’Ambasciata iraniana a Damasco. O dall’eliminazione, con un drone americano, del generale Soleimani.

Insomma, le regole valgono per gli altri. Che se non le rispettano vengono bollati come “Stati Canaglia”. E sottoposti ad embarghi e sanzioni.

Noi, l’Occidente, ne siamo esentati. E possiamo agire utilizzando qualsiasi strumento.

Tuttavia, l’eliminazione di Haniyeh riveste un aspetto ancora più grave. E fino ad ora ben poco sottolineato.

Gli israeliani avrebbero potuto procedere ad eliminarlo già da tempo. E in altra situazione. Ma hanno scelto di farlo proprio mentre si trovava a Teheran, sotto la luce dei riflettori internazionali puntati alla nomina del nuovo Presidente. Un Presidente, Pezeshkian, considerato, a ragione o a torto, un moderato e un “modernista”. Certamente espressione di quei ceti sociali iraniani che vorrebbero riaprire il dialogo con l’Occidente, in funzione soprattutto economica.

Possibilità su cui è stata messa una pietra tombale. Perché nessun leader iraniano potrebbe mai accettare una tale violazione della sovranità nazionale.

Anzi, è chiaro che l’uccisione di Haniyeh può rappresentare un ulteriore passo nella direzione dello scontro frontale tra Israele ed Iran. Che vedrebbe l’inevitabile, e peraltro annunciato, intervento statunitense. E la deflagrazione di tutto il Medio Oriente.

Redazione Electo
Andrea Marcigliano

 

 

 

 

 

 

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