La democrazia si spaccia per un sistema di governo basato sull’inclusione
LA REALTÀ NON È DEMOCRATICA
La democrazia si spaccia per un sistema di governo basato sull’inclusione, sulla parità, sulla fusione; essa è, per principio, contro la selezione, contro la gerarchia, contro il merito. Il falso storico sta nel suo accreditarsi come erede della democrazia ateniese, oscurando la verità sulla reale, e breve, esperienza democratica classica. Splendidamente descritta nella sua essenza da Luca Rimbotti, essa era espressione del popolo etnicamente definito dalla cittadinanza per genitorialità ateniese, quindi libero ma purosangue; organicamente gerarchizzata nella comunità di destino; militarmente espansionista e conquistatrice; sostenitrice della pena di morte per i reati di corruzione ed empietà – vedi i casi di Socrate e di Protagora -; sostenitrice della schiavitù. Altroché distribuzione burocratica di cittadinanze, rinunciataria di sovranità, tollerante, buonista e perdonista, distributrice di benefici a nullafacenti e allogeni come quella moderna.
Ma aldilà della menzogna su cui si fonda la democrazia attuale, da Collin Powell a Netanyahu, da Macron alla Meloni, da Prodi alla von der Leyen alla Lagarde e via nell’interminabile elenco di falsari, quello che è interessante nella sua deriva totalitaria è la negazione stessa della realtà.
Già la verità è stata da decenni defraudata di ogni valore, quella verità che, secondo Hannah Arendt, è giustamente il fondamento dell’esistenza dell’uomo, l’antitesi vitale a qualunque variante interpretativa. Ora si è passati direttamente alla sovversione della realtà, alla sua negazione, fino ai dispositivi giudiziari per coloro che persistono nel vedere la nudità del re, come nella favola di Andersen.
I dispositivi messi in atto per questa operazione di oscuramento della realtà, e la contemporanea costruzione di una realtà alternativa, sono molteplici e diversificati, ma tutti tesi alla negazione dell’oggettività.
Con l’ideologia woke si ridefiniscono eventi del passato e memorie culturali in nome di un generico e retorico razzismo o sessismo, fino alla manipolazione etnica di personaggi storici in rivisitazioni cinematografiche.
Con apposite leggi si imbavagliano gli studiosi negando quel revisionismo che è fattore fondante della ricerca e delle novità documentali, stabilendo per legge l’intoccabilità di verità da ritenersi immodificabili: uno dei primi esempi è stato il decreto di non confutabilità del rapporto Warren sull’omicidio del Presidente Kennedy.
La natura, nel suo ordine secolare, è gerarchica, selettiva, territoriale, competitiva, severa, altamente conflittuale secondo quella regola che gli antichi chiamavano come “innocente ferocia”, altroché il buonismo becero della delicata Gaia.
L’ultimo, in ordine di tempo, ma raggelante per la gravità del proposito, è la punizione giudiziaria per chi sostiene come unica natura genetica quella del maschio e quella della femmina.
Insomma, il deliro democratico supera la nevrosi transumanista. In psichiatria, c’è una battuta per definire due patologie: lo psicotico è uno per il quale uno più uno fa tre, mentre per il nevrotico fa due, ma gli dà tanto fastidio.
Per i transumanisti la limitazione della realtà di natura è un impiccio da superare con iniziative di manipolazione tecnologica; per i democratici la realtà è negata dal Codice penale.
E così la psicopatologia si diffonde e regna sovrana.