”Chi non ama raccontare storie?
LA STORIA DELL’ELEFANTE ROSA DI RAFFAELLO
Chi non ama raccontare storie? La cosa più bella delle storie è il fatto che le storie si tocchino una con l’altra, parlino l’una dell’altra, gettino luce una sull’altra. Quindi più che le storie mi piacciono in realtà le doppie storie, per esempio questa: la doppia storia dell’elefante e del rinoceronte. Forse la conoscete già o forse no
Si tratta di questo, anno di grazia 1514 Manuele d’Aviz di Valenza detto l’avventuroso è il Re del Portogallo ora, al Re del Portogallo, i marinai portoghesi portano direttamente dall’India un elefante originario dell’isola di Ceylon.
Immaginate cosa poteva suscitare un elefante nel 1514 in Portogallo, una specie di mostro meraviglioso, di prodigio, beh non dico che non si fosse mai visto in Europa, un elefante dai tempi di Annibale sapevano cosa fosse, ma certo non erano come noi che possiamo vedere pinguini, giraffe, bisonti ogni Santo giorno con quei canali tematici della TV, comunque diciamo, è una cosa che non tutti hanno visto un elefante nel 1514 in Europa, per esempio lui, il re del Portogallo, Manuel d’Aviz di Valenza, un elefante, non l’aveva mai visto.
Così, di fronte a quell’animale tanto bello e misterioso pensa: no no no, questo no. Questo è troppo per me. Io sono solo un re, questa è una cosa che va data a una persona più importante di me, la persona più importante del mondo Papa Leone X per la sua incoronazione.
E così, il 12 marzo 1514, per quanto a noi possa sembrare strano come regalo, come gesto diplomatico possa sembrare addirittura demenziale, parte da Lisbona una nave con su l’elefante alla volta di Roma.
L’elefante arriva a Roma sfila per le strade piene di gente lui, l’elefante viene portato in processione, la gente nel vederlo resta meravigliata, sbalordita. Sì, perché è un elefante e stranezza nella stranezza della sua mostruosità è albino. Ora non so se avete mai visto gli elefanti albini hanno una pelle ovviamente chiarissima che lascia intravedere trapelare il rosso dei vasi sanguini; quindi, hanno delle sfumature rosate e gli elefanti albini vengono anche chiamati elefanti rosa.
Il papa attendeva l’arrivo del corteo a Castel Sant’Angelo; una volta giunto al suo cospetto l’elefante si inginocchiò per tre volte in segno di omaggio, strofinandogli la proboscide sulle pantofole; poi, obbedendo ad un cenno del suo custode indiano, aspirò l’acqua con la proboscide da un secchio e la spruzzò non solo contro i cardinali, ma anche contro la folla.
Ora, all’elefante rosa il Papa da un nome, un bellissimo nome: Annone chiamato così in onore del generale cartaginese Annibale delle guerre puniche, perché quella era gente che, come vedevano un elefante, immediatamente pensavano a quello di Annibale e dei Cartaginesi.
I cronisti dell’epoca parlarono di lui come di un animale straordinariamente intelligente, che spesso si prestava a balli, spruzzi d’acqua con la proboscide e scherzi vari. Annone divenne una “mascotte” nella corte papale e fu il protagonista nelle processioni in città, veniva portato spesso in giro per le strade di Roma, suscitando curiosità e ammirazione al suo passaggio. Il suo mantenimento costava cento ducati l’anno.
Quando Annone non se ne va in giro il Papa lo tiene nel giardino ma un giorno egli pensa: no, no, questa è una cosa troppo meravigliosa per restare qui nel giardino e poi quando morirà nessuno potrà più vederlo no, questo va ritratto, va immortalato. Va dipinto. Così chiama per ritrarre Annone il più grande ritrattista di Roma, forse il più grande ritrattista della storia: Raffaello Sanzio.
Ora bisogna immaginare Raffaello Sanzio che viene costretto a interrompere i suoi lavori e non sappiamo con quale grado di entusiasmo per andare a ritrarre un elefante. Ma, dicono i cronisti di allora, quando lo vide ne restò colpito. D’altronde era un elefante rosa. I cronisti di allora dicono che ne fece un ritratto perfetto, meraviglioso, squisito, come solo Raffaello poteva fare.
L’anno successivo il re del Portogallo Manuele d’Aviz visto che il suo regalo è stato molto, molto, molto apprezzato a Roma dal Papa pensa di regalargli un altro animale. Abbiamo un altro animale sire da regalare al papa dicono i suoi luogotenenti, un animale un pò mostruoso, un pò strano, un animale da Papa certo. Si tratta di un rinoceronte dicono. Rinoceronte, rinoceronte ripete il re ma va benissimo.
Così nel 1515 parte una seconda nave dal Portogallo diretta a Roma con sopra questa nuova creatura mostruosa. Ma, c’è sempre un ma nelle storie, durante il viaggio la nave venne sorpresa da una tempesta e distrutta e con essa il rinoceronte che perì per un naufragio nel golfo della Spezia nel 1516 e a Roma non arriverà mai, nessuno gli darà mai un nome.
Ed è a questo punto, cioè quando sembrava ormai troppo tardi, che entra in scena un secondo pittore, uno che non è il pittore più ammirato di Roma, uno che a Roma non ci ha mai messo piede. È un tedesco, si chiama Albrecht Dürer. Dürer è uno che ha una strana passione per gli animali esotici, strani, mostruosi, deformi. Quindi, quando sente parlare del Rinoceronte impazzisce. Riesce a entrare in possesso di un disegno del Rinoceronte che è corredato da una didascalia, guarda il disegno, legge la didascalia. Rileggere la didascalia riguarda il disegno, poi, senza aver mai visto un Rinoceronte in vita sua. Lo disegna. Il disegno riproduce una bestia assurda con gli zoccoli tripartiti le zampe coperte di squame, come fosse il corpo di un rettile, con una corazza che sembra il guscio di un’enorme deforme granchio con strane incrostazioni marine. Una specie di garagolo sulla coppa e dalla corazza escono due bellissime pelosissime orecchie da gatto. Un disastro, una cosa da buttare.
Dunque, pensate a queste due immagini. L’elefante rosa di Raffaello voluto dal Papa, dipinto dal più grande ritrattista al mondo, che ha avuto tutto il tempo per guardarsi il soggetto studiarselo fare bozzetti preparatori. Dall’altra parte il Rinoceronte naufrago di Dürer voluto da nessuno se non dal pittore stesso e dalla sua mania per gli animali strampalati. Ritratto da una persona che non ha mai visto in vita sua il soggetto. Cosa pensate che sia accaduto a queste due immagini?
È accaduto l’esatto contrario di quello che sarebbe stato lecito prevedere, cioè l’elefante rosa di Raffaello sparito. Risucchiato dal nulla, polverizzato. Non c’è arrivato l’elefante rosa di Raffaello, invece il Rinoceronte naufrago di Dürer è stato riprodotto decine e centinaia migliaia di volte, tanto da diventare addirittura l’immagine ufficiale del Rinoceronte in alcuni testi di zoologia. E tanto da diventare una delle 2/3 immagini più celebri di Dürer e siccome egli era uno dei pittori più celebri dell’intera storia della pittura, quella roba è una delle immagini più famose mai prodotte dall’umanità.
Quello che sembrava destinato alla gloria all’eternità è sparito nel nulla. Quello che sembrava finito prima ancora di cominciare. È diventato eterno. Quante volte le cose vanno così? E non solo per le immagini, ma per intere carriere di artisti e non solo di artisti, per intere vite umane, ma non solo singole vite, ma anche le loro relazioni, patti, amori, amicizie, progetti, idee e fedi. Quante cose nella vita di tutti noi, di tutti voi. Sono Elefanti rosa o Rinoceronti naufraghi.
Riccardo Alberto Quattrini