Difficilmente si può trovare qualcosa che contrasti con la volgarità occidentale
LA TERZA ROMA
Per comprendere cosa sta avvenendo oggi e la storica decisione di Putin di aprire la Russia all’immigrazione europea, non bisogna fermarsi alle tante richieste di residenza nel Paese che si accumulano sempre più numerose nei consolati e nelle ambasciate russe e nemmeno ai volontari europei che combattono assieme alle truppe russe. totalmente ignorati dalla cosiddetta informazione, ma bisogna tornare indietro di quasi 150 anni, al giugno del 1980 e al discorso tenuto da Dostoevskij in occasione dell’inaugurazione della statua di Puskin, a Mosca, presso la sede della Società degli amici della letteratura russa. Ne riporto il brano più significativo per i nostri giorni: “Sì, la vocazione dell’uomo russo è indubitabilmente europeistica, anzi ecumenica. Diventare un vero russo, significa forse soltanto essere fratello di ogni essere umano, diventare un uomo universale. Tutto il nostro movimento slavofilo e occidentalizzante non è che una grande incomprensione della nostra missione, anche se storicamente necessaria […] il nostro destino è l’ecumenicità, però non conquistata con la spada, ma con la forza della fratellanza e con il fraterno desiderio dell’unione spirituale di tutti gli uomini.”
Difficilmente si può trovare qualcosa che contrasti con la volgarità occidentale, la quale cerca di soffocare le differenze in nome di un’idea di universalità che raramente si è rivelata sincera, ma tutta costruita attorno ai propri interessi, anzi agli interessi delle classi – forse si potrebbe anche dire caste – dominanti. È come se la vera Europa si fosse spostata verso est per non essere schiacciata dall’Impero canaglia. In realtà il discorso di Dostoevskij si radicava in una storia che la Russia ha fatto propria, ossia quella della Terza Roma che per secoli è stata la spina del fianco delle pretese universalistiche dell’impero carolingio e dei suoi successivi detriti. Quando i tentativi occidentali di salvare l’impero bizantino dalla conquista dei turchi avvenuta definitivamente 1453 l’interesse di Francia, Spagna e Germania nel conservare il titolo imperiale ereditato dai bizantini da Costantino durò per poco tempo: la scoperta dell’America ben presto assorbì tutte le forze e gli interessi della sempre più emergente borghesia europea e trasferì l’asse economico dal Mediterraneo all’Atlantico.
Così fu il principato di Mosca a cogliere l’occasione di conquistarsi la successione imperiale, cosa che avvenne concretamente nel 1472 con il matrimonio fra l’erede della dinastia bizantina Zoe Paleologina, figlia dell’ultimo erede legittimo degli “Imperatori dei romani” di Bisanzio, Tommaso Paleologo e Ivan III, granduca di Mosca che da allora assunse, per sé e i suoi discendenti il nome di “terribile” denominazione reverenziale tipica della corte bizantina. Oltre che quello di Czar, derivato direttamente dalla effettiva pronuncia di Caesar (come Kaiser del resto). Il tutto si realizzò grazie al denaro delle banche fiorentine e con l’approvazione del Vaticano dove Zoe era stata allevata, grazie al Cardinal Bessarione che tentò una riconciliazione tra cattolici e ortodossi in vista di una difesa dai turchi. Il Papa sperava attraverso queste nozze di fare della nascente Russia un Paese cattolico, ma Zoe invece riprese subito il rito ortodosso, una volta sposata. E ancora oggi in alcune forme cerimoniali del potere russo, rimangono reminiscenze bizantine, così come il gusto del mosaico, illustrato nell’immagine di apertura del post.
Da qui è nata la “russofobia” dei poteri europei ormai legittimati ad essere eredi soltanto del Sacro romano impero, una dizione spuria di una concrezione di potere senza alcuna reale continuità con quello precedente, anzi in netto contrasto con esso. Ora la Russia, legittima erede dell’impero universale, oltre che potenza in grado di sconfiggere le varie orde turche dell’Asia, cosa che agli europei non era riuscita, si scontra contro una potenza che fin dall’inizio della sua breve storia si è spesso, anzi ossessivamente paragonata all’impero romano tanto che quando Ralph Waldo Emerson, figura assolutamente centrale dell’ideologia americana, arrivò in California per una serie di conferenze, si fermò a guardare il Pacifico e disse alle persone che lo accompagnavano: “Fin qui è arrivato l’impero romano”.
Ma si tratta invece di un regno barbarico che concepisce solo la conquista e non l’ecumenismo, che odia ciò che non è in suo possesso e non prova alcun rispetto verso altre culture e altri modi di essere, se non in forma speculativa e/o pretestuosa. È, alla fine, il prodotto della riforma protestante che nacque per dare una religione al nascente capitalismo, nonostante il fatto che esso fosse natio in Italia e non nel Nord Europa, una religione che non prospettava alcuna etica intorno all’uomo, ma attorno alla razionalità del mercato e degli affari. Nel grande periodo di sviluppo si è potuto anche pensare che la fortuna di qualcuno fosse anche la fortuna della società nel suo complesso, ma oggi questo si rivela come una temporanea illusione. Non c’è alcuna meraviglia che qualcuno voglia andare verso est.