Agatha Christie non andò mai a scuola, eppure è diventata la più grande scrittrice di gialli di tutti i tempi.

Agatha Christie.

Nata il 15 settembre 1891 a Torquay (Gran Bretagna), figlia minore del matrimonio di Fred Miller (Miller è il suo vero cognome) e Clara Boehmer. Da bambina aveva un carattere timido e ritirato, e rifiutava le sue bambole per giocare con amici immaginari. Suo padre, che viveva affittando appartamenti, passava la giornata a giocare a carte e morì quando lei aveva 11 anni, lasciando la moglie e i figli in bancarotta Agatha crebbe dunque in una famiglia borghese e non avendo frequentato alcuna scuola, viene istruita dalla madre, Clara Boehmer, donna della buona società e nonché dalla nonna e dalle governanti di casa. Tornata da Parigi dopo aver tentato gli studi per diventare una cantante lirica, conosce Archibald Christie, colonnello della Royal Flying Corps, con cui si fidanza.

Nel 1920 le venne l’idea, lavorando in un ospedale, come assistente nel dispensario, a contatto con i veleni, per il suo primo romanzo giallo che vedeva come protagonista l’investigatore belga Hercule Poirot, “Poirot a Styles Court”. Attraverso le avventure di quest’ultimo e dell’arzilla vecchietta Miss Marple fece la storia del genere “giallo/poliziesco”, influenzando generazioni di scrittori. Si misurò anche con il “romanzo rosa” pubblicando sei opere sotto lo pseudonimo di Mary Westmacott. Ricordata per capolavori assoluti come Assassinio sull’Orient Express e “Dieci piccoli indiani”, è, dopo Shakespeare, la scrittrice inglese più tradotta di sempre e i suoi romanzi hanno ispirato numerose versioni cinematografiche.

Hercule Poirot.

Ecco a voi Hercule Poirot. 

Doveva essere un ispettore per avere una buona conoscenza del crimine. Doveva essere anche meticoloso e molto ordinato, decisi, mentre mi affaccendavo a raccogliere una serie di oggetti che avevo seminato nella mia stanza. Un omino preciso, con la mania dell’ordine, della simmetria, e una netta propensione per le forme quadrate piuttosto che per quelle tonde. E poi molto intelligente, con il cervello pieno di piccole cellule di materia grigia… ah, che bella frase, non dovevo dimenticarla. Bisognava anche che avesse un nome importante, un nome che non sarebbe sfigurato nella famiglia Holmes. Già, perché loro quanto a nomi… Come si chiamava il fratello di Sherlock? Mycroft, nientemeno. E se l’avessi chiamato Hercules? Hercules mi parve un ottimo nome per un omino così. Trovargli un cognome era più difficile. Non so assolutamente perché scelsi Poirot, se fu una folgorazione o se lo lessi su qualche giornale. Comunque mi parve buono, anche se non si legava bene con Hercules. E se fosse stato Hercule? Hercule Poirot… perfetto, grazie a Dio, era fatta.

Agatha Christie.

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La torta di more, titolo originale: Four and Twenty Blackbirds. Pubblicato la prima volta su «Collier’s Magazine» il 9 novembre 1940 negli Stati Uniti, poi, con il titolo Poirot and the Regular Customer, su «The Strand» nel marzo 1941 in Inghilterra. Traduzione di Lydia Lax.

Trama.

Viene ucciso Anthony Gascoigne un uomo abitudinario che al ristorante ordina sempre le stesse cose, qualche ora prima dell’omicidio Anthony si era recato al ristorante dove va sempre solo che questa volta ordina cosa diverse dal solito tra cui la torta alle more. Hercule Poirot si incuriosisce e decide di indagare sul caso. Alla fine scopre che il nipote di Anthony si era travestito da suo zio ed era andato a mangiare al ristorante al posto suo ma aveva ordinato cose che allo zio non piacevano in seguito è tornato a casa e ha ucciso il signor Gascoigne ereditando i soldi che il fratello Henry Gascoigne aveva lasciato allo zio.

 

La torta di more

 

 

Hercule Poirot stava cenando con il suo amico Henry Bonnington al Gallant Endeavour, in King’s Road, a Chelsea.

   Al signor Bonnington il Gallant Endeavour piaceva molto. Gli piaceva l’atmosfera tranquilla, gli piaceva il cibo, che era semplice e inglese: lì non servivano un mucchio di pasticci elaborati.

   Molly, la cameriera che lo accoglieva come un vecchio amico, si vantava di ricordarsi quello che ai suoi clienti piaceva o non piaceva.

   «Buonasera, signori» disse mentre i due uomini prendevano posto a un tavolo d’angolo. «Oggi siete fortunati: tacchino ripieno di castagne, è il vostro piatto preferito, vero? E poi abbiamo un buonissimo Stilton! Volete cominciare con una minestra oppure con qualcosa a base di pesce?»

   Sistemato il problema del cibo e del vino, il signor Bonnington si appoggiò allo schienale della sedia con un sospiro e spiegò il tovagliolo mentre Molly si allontanava veloce.

   «Una ragazza in gamba quella!» disse in tono di approvazione. «Una volta era una vera bellezza. C’erano artisti che le facevano il ritratto, e per di più se ne intende di cibo… e questo è molto più importante. Di solito non ci si può fidare delle donne per quanto riguarda il cibo. Molte donne, quando escono con un uomo che piace loro, non notano nemmeno quello che mangiano. Si limitano a ordinare la prima cosa che vedono.»

   Hercule Poirot scosse la testa. «C’est terrible

   «Grazie al cielo gli uomini non sono così» disse in tono compiaciuto il signor Bonnington.

   «Mai?» negli occhi di Hercule Poirot passò un lampo divertito.

   «Be’, forse quando sono molto giovani» concesse il signor Bonnington. «Giovani pupazzi! La gioventù di oggi è tutta uguale, non ha fegato, non ha vigore. Non mi interessano i giovani e io» aggiunse con rigorosa imparzialità «non interesso a loro. Può darsi che abbiano ragione! Ma a sentirli parlare si penserebbe che un uomo non abbia il diritto di essere vivo dopo i sessant’anni! A giudicare dal loro comportamento ci si stupisce che la maggior parte non abbia contribuito ad aiutare i propri genitori anziani ad abbandonare il mondo.»

   «È possibile che lo facciano» disse Poirot.

   «Avete una bella mentalità, devo dire, Poirot. Tutto questo lavoro da poliziotto affossa i vostri ideali.»

   Hercule Poirot sorrise. «Tuttavia, sarebbe interessante fare una statistica delle morti accidentali oltre i cinquant’anni. Vi assicuro che anche a voi le statistiche farebbero nascere strane idee. Ma parlatemi di voi, amico mio, come vi vanno le cose?»

   «Un disastro!» rispose il signor Bonnington. «Ecco quello che non va nel mondo, troppi disastri e troppi paroloni. Paroloni che servono a nascondere i disastri, così come una salsa molto piccante copre il fatto che il pesce che vi giace sotto non è di ottima qualità. È per questo che dico sempre: “Datemi un onesto filetto di sogliola senza nessuna salsa pasticciata sopra”.»

   Molly glielo servì proprio in quel momento, e lui borbottò la sua approvazione.

   «Sapete quello che mi piace, ragazza mia» disse.

   «Siete un cliente piuttosto regolare, non è così signore? È normale che lo sappia.»

   Hercule Poirot disse: «Allora alla gente piacciono sempre le stesse cose. Non amano un cambiamento di tanto in tanto?».

   «Non gli uomini, signori. Alle signore piace la varietà. I signori scelgono sempre la stessa cosa.»

   «Che cosa vi ho detto?» borbottò Bonnington. «Delle donne non ci si può assolutamente fidare in fatto di cibo!»

   Si guardò intorno nel locale.

   «Il mondo è buffo. Vedete quello strano vecchio con la barba seduto nell’angolo? Molly potrà dirvi che è sempre qui martedì e giovedì sera, sono quasi dieci anni ormai che ci viene… è una specie di caratteristica del locale. Eppure nessuno sa come si chiama, dove abita e che lavoro svolge. È strano, a pensarci bene.»

   Quando la cameriera portò il tacchino le disse: «Vedo che il Vecchio è sempre lì nel suo angolo».

   «Esatto, signore, i suoi giorni sono il martedì e il giovedì. Tranne la settimana scorsa, che è venuto qui di lunedì, e la cosa mi ha sconvolta. In un primo momento ho pensato di essermi sbagliata e che fosse martedì! Ma è venuto anche la sera dopo e quindi il lunedì è stato una specie di extra.»

   «Un’interessante deroga alle abitudini» mormorò Poirot. «Mi domando quale sia stato il motivo.»

   «Se volete il mio parere, signore, credo che avesse qualche preoccupazione, era molto teso.»

   «Perché pensate questo? Per il modo in cui si è comportato?»

   «No signore, non per questo. Era molto silenzioso come al solito, non dice mai granché, tranne “buonasera” quando entra e quando se ne va. No, si è trattato della sua ordinazione.»

   «La sua ordinazione?»

   «Forse voi riderete di me,» Molly arrossì «ma quando un cliente viene da dieci anni, si impara quello che gli piace e quello che non gli piace. Ha sempre detestato il pasticcio di rognone e le more, e non l’ho mai visto prendere una volta il minestrone. Invece quel lunedì sera ha ordinato una minestra di verdure, bistecca, pasticcio di rognone e torta di more! Era come se non notasse nemmeno quello che ordinava!»

   «Sapete,» disse Hercule Poirot «trovo quello che mi dite straordinariamente interessante.»

   Molly parve gratificata e se ne andò.

   «Bene, Poirot» disse Henry Bonnington con una risatina. «Sentiamo qualche deduzione, secondo il vostro stile.»

   «Preferirei sentire prima le vostre.»

   «Volete che faccia la parte di Watson, vero? E va bene: il Vecchio è andato dal medico e questi gli ha cambiato la dieta.»

   «Minestra di verdure, bistecca, pasticcio di rognone e torta di more? Credo che nessun dottore darebbe una dieta del genere.»

   «Non illudetevi, vecchio mio, i medici sono capaci di tutto.»

   «È l’unica soluzione che vi viene in mente?»

   Henry Bonnington rispose con tono più serio: «Suppongo che ci sia una sola spiegazione possibile. Il nostro sconosciuto era in preda a un qualche grosso turbamento mentale, era tanto agitato da non accorgersi di quello che ordinava o mangiava». Tacque per un momento e poi disse: «E invece voi mi direte che avete intuito ciò che gli passava per la mente. Magari mi direte che stava preparandosi a commettere un delitto».

   Rise delle sue stesse parole.

   Hercule Poirot non rise.

   In seguito ammise di essersi seriamente preoccupato. Sostenne che già in quel momento avrebbe dovuto avere un’idea di quello che sarebbe successo.

   Secondo i suoi amici, quell’idea era completamente assurda.

   Circa tre settimane dopo Hercule Poirot e Bonnington si rividero, questa volta nella metropolitana.

   Si fecero un cenno di saluto ondeggiando appesi alle maniglie vicine. Poi a Piccadilly Circus vi fu un esodo generale e trovarono posto proprio all’estremità anteriore del mezzo, un posticino tranquillo dato che nessuno saliva o scendeva da lì.

   «A proposito,» disse il signor Bonnington «vi ricordate quel vecchio che avevamo notato al Gallant Endeavour? Non mi stupirei se fosse passato all’altro mondo. Non viene da un’intera settimana e Molly è piuttosto preoccupata.»

   Hercule Poirot si protese in avanti e i suoi occhi lampeggiarono.

   «Davvero?» esclamò. «Davvero?»

   Bonnington continuò: «Vi ricordate che io avevo pensato che fosse andato da un medico e che questi lo avesse messo a dieta? La storia della dieta è assurda, naturalmente, ma non mi stupirei se lui avesse consultato un medico e se questi gli avesse dato una notizia sconvolgente. Questo spiegherebbe come mai ha ordinato senza notare quello che faceva. Molto probabilmente lo shock provato deve averlo spedito all’altro mondo prima del tempo. I dottori dovrebbero stare attenti a quello che dicono ai loro pazienti».

   «Di solito lo fanno» rispose Hercule Poirot.

   «Io scendo qui» disse il signor Bonnington. «Arrivederci. Non credo che sapremo mai chi era quel vecchio e nemmeno come si chiamava. Il mondo è buffo!»

   E scese in fretta.

   Hercule Poirot, che era rimasto seduto con espressione accigliata, sembrava non pensare che il mondo fosse poi tanto buffo. Andò a casa e diede alcuni ordini al suo fedele maggiordomo George.

 

   Hercule Poirot passò il dito su un elenco di nomi di persone defunte entro un raggio delimitato della città.

   Il suo dito si fermò.

   «Henry Gascoigne. Sessantanove anni. Potrei cominciare da lui.»

   Più tardi nel corso della giornata, Hercule Poirot sedeva nello studio del dottor MacAndrew poco lontano da King’s Road; il dottore era un uomo alto, uno scozzese dai capelli rossi e dalla faccia intelligente.

   «Gascoigne?» chiese. «Sì, esatto. Un anziano eccentrico. Viveva solo in una di quelle vecchie case abbandonate che vengono demolite per ricostruire isolati di appartamenti moderni. Non l’avevo mai curato prima, ma l’avevo visto in giro e sapevo chi era. È stato il garzone del lattaio a dare l’allarme. Le bottiglie di latte avevano cominciato ad accumularsi davanti alla porta. Alla fine i vicini hanno chiamato la polizia, che ha sfondato la porta e lo ha trovato. Era caduto dalla scala e si era rotto l’osso del collo. Indossava una vecchia vestaglia con la cintura sfilacciata e può benissimo darsi che vi sia inciampato.»

   «Capisco» disse Hercule Poirot. «Molto semplice, un incidente.»

   «Esatto.»

   «Aveva parenti?»

   «Un nipote che veniva a trovarlo una volta al mese. Si chiama George Ramsey e anche lui è medico, vive a Wimbledon.»

   «Da quanto tempo era morto il signor Gascoigne quando l’avete visto voi?»

   «Ah» disse il dottor MacAndrew. «Da non meno di quarantott’ore e non più di settantadue. L’hanno trovato il mattino del giorno sei. In effetti siamo stati anche più precisi. Aveva nella tasca della vestaglia una lettera scritta il giorno tre, impostata a Wimbledon nel pomeriggio e consegnata più o meno verso le nove e venti di sera. Questo fissa l’ora della morte a dopo le nove e venti della sera del tre. Il che si accorda con il contenuto dello stomaco e con i processi digestivi. Aveva mangiato circa due ore prima della morte. L’ho esaminato la mattina del sei e la sua condizione fisica indicava che la morte era avvenuta circa sessanta ore prima, verso le dieci di sera del giorno tre.»

   «Tutto quadra. Ditemi, quando è stata l’ultima volta che l’hanno visto vivo?»

   «Quella stessa sera, giovedì tre, verso le sette in King’s Road e ha cenato al Gallant Endeavour verso le sette e trenta. Pare che andasse a cena lì tutti i giovedì.»

   «Non aveva altri parenti? Solo quel nipote?»

   «C’era un fratello gemello. Tutta la faccenda è piuttosto curiosa. Non si vedevano da anni. Da giovane Henry voleva fare l’artista, ma non valeva nulla. Pare invece che l’altro fratello, Anthony Gascoigne, avesse sposato una donna molto ricca e avesse rinunciato all’arte… e i fratelli avevano litigato per questo. Non si sono visti più da allora, credo. Ma, stranamente, sono morti entrambi lo stesso giorno. Il maggiore è spirato all’una del pomeriggio del tre. Mi è già capitato di sentire di due gemelli morti lo stesso giorno in parti diverse del mondo! Probabilmente è solo una coincidenza… però è successo proprio così.»

   «La moglie del fratello è viva?»

   «No, è morta qualche anno fa.»

   «Dove abitava Anthony Gascoigne?»

   «Aveva una casa a Kingston Hill. Da quanto mi dice il dottor Ramsey, era una specie di recluso.»

   Hercule Poirot annuì pensosamente.

   Lo scozzese lo guardò con occhi penetranti. «Cos’avete in testa esattamente, monsieur Poirot?» chiese in tono brusco. «Io ho risposto alle vostre domande, come era mio dovere, date le credenziali che mi avete mostrato, ma non capisco assolutamente di cosa si tratta.»

   Poirot rispose parlando lentamente: «Un semplice caso di morte accidentale. È questo che voi avete detto. Quello che ho in mente io è una cosa altrettanto semplice: un semplice spintone».

   Il dottor MacAndrew parve sbalordito.

   «In altre parole, omicidio! Avete qualche motivo per crederlo?»

   «No, è una semplice supposizione» rispose Poirot.

   «Ci dev’essere qualcosa…» insistette l’altro.

   Poirot non parlò.

   MacAndrew disse: «Se è del nipote, Ramsey, che sospettate, vi posso senz’altro dire subito che vi sbagliate. Dalle otto e trenta fino a mezzanotte Ramsey ha giocato a bridge a Wimbledon, secondo quanto è risultato dall’inchiesta».

   Poirot mormorò: «E presumibilmente il suo alibi è stato controllato. La polizia in genere è molto attenta».

   «Forse voi sapete qualcos’altro che depone contro di lui?» chiese il dottore.

   «Non sapevo nemmeno che esistesse finché voi non me ne avete parlato.»

   «Allora sospettate di qualcun altro?»

   «No, no, non è di questo che si tratta. Io mi occupo delle abitudini dell’animale uomo. Sono questioni molto importanti. E il defunto signor Gascoigne le ha infrante. È tutto sbagliato, capite?»

   «Non capisco proprio.»

   Hercule Poirot sorrise, si alzò e il dottore si alzò a sua volta.

   «Sapete,» disse ancora MacAndrew «francamente non riesco a vedere nulla di minimamente sospetto nella morte di Henry Gascoigne.»

   L’ometto allargò le braccia. «Io sono un uomo ostinato, un uomo che ha un’ideuzza e niente che la sostenga! Tra l’altro, dottor MacAndrew, Henry Gascoigne portava la dentiera?»

   «No, i suoi denti erano in eccellente stato. Davvero notevole, alla sua età.»

   «Li curava molto, erano bianchi e ben puliti, vero?»

   «Sì, li ho notati in modo particolare.»

   «Non erano scoloriti per caso?»

   «No. Non credo che fosse un fumatore, se è questo che intendete.»

   «Non intendevo proprio questo… era soltanto una mia idea dalla quale probabilmente non salterà fuori nulla! Buongiorno, dottor MacAndrew, e grazie per la vostra gentilezza.»

   Strinse la mano al dottore e se ne andò.

   «E adesso» disse ad alta voce «occupiamoci della mia idea.»

 

   Al Gallant Endeavour sedette alla stessa tavola che aveva occupato con Bonnington. La cameriera che lo servì non era Molly. Gli disse che Molly era in vacanza.

   Erano le sette in punto ed Hercule Poirot non ebbe alcuna difficoltà a chiacchierare con la giovane riguardo al vecchio signor Gascoigne.

   «Sì,» disse lei «veniva qui da anni ma nessuna di noi ragazze sapeva come si chiamava. Lo abbiamo saputo dai giornali quando c’è stata l’inchiesta e abbiamo visto anche la sua fotografia. Ho detto a Molly: “Guarda, è il nostro Vecchio!”, come eravamo solite chiamarlo.»

   «La sera della sua morte ha cenato qui, vero?»

   «Esatto. Giovedì tre. Veniva sempre di giovedì. Martedì e giovedì, puntuale come un orologio.»

   «Suppongo che non ricordiate quello che ha mangiato per cena?»

   «Zuppa indiana con curry e pasticcio di carne di manzo, o era montone? No, pasticcio di carne di manzo e poi torta di more e mele, e formaggio. E poi pensare che se ne è tornato a casa e quella stessa sera è caduto dalla scala! Dicono che è stata colpa della cintura sfilacciata della vestaglia. Certo i suoi vestiti erano in condizioni squallide: antiquati, male assortiti e malridotti; eppure lui aveva un’aria… come se fosse veramente qualcuno. Oh, qui viene ogni sorta di gente!»

   Se ne andò.

   Hercule Poirot cominciò a mangiare la sogliola.

 

   Munito della presentazione di un personaggio altolocato, Hercule Poirot non ebbe alcuna difficoltà a farsi ricevere dal coroner del distretto.

   «Uno strano personaggio, il defunto Gascoigne» disse il coroner. «Un uomo solo ed eccentrico; ma la sua morte sembra suscitare un insolito interesse.» Mentre parlava, fissava con curiosità il suo visitatore.

   Hercule Poirot scelse le parole con cura. «Alcune circostanze collegate a questo fatto,monsieur, rendono auspicabile un’indagine.»

   «Bene, come posso aiutarvi?»

   «Penso che spetti a voi decidere se i documenti esibiti in tribunale debbano essere distrutti o archiviati. Nella tasca della vestaglia di Henry Gascoigne è stata trovata una lettera, vero?»

   «Vero.»

   «Una lettera del nipote, il dottor George Ramsey, non è così?»

   «Esatto. La lettera è stata esibita all’inchiesta per poter stabilire l’ora della morte.»

   «Questa lettera è stata archiviata?»

   Hercule Poirot attese piuttosto ansiosamente la risposta e, quando gli fu detto che la lettera c’era, trasse un sospiro di sollievo. Dopo che gliela ebbero portata la esaminò con una certa cura. Era stata scritta con una penna stilografica in una grafia piuttosto confusa.

   Diceva:

 

    Caro zio Henry,

       mi spiace dirti che non ho avuto successo per quanto riguarda zio Anthony. Non ha manifestato alcun entusiasmo all’idea di una tua visita e non ha voluto darmi alcuna risposta in merito alla tua richiesta di dimenticare il passato. Naturalmente lui è molto malato e la sua mente molto indebolita. Ho l’impressione che la fine sia vicina. Quasi non si ricordava di te. Mi dispiace di aver fallito in questo tentativo, ma ti assicuro che ho fatto del mio meglio.

     Il tuo affezionato nipote,

George Ramsey

 

   La lettera era datata 3 novembre. Poirot guardò il timbro postale sulla busta: “ore sedici e trenta”.

   Mormorò: «Tutto perfetto, vero?».

   Il suo obiettivo successivo fu Kingston Hill. Dopo qualche difficoltà e tramite l’esercizio di un’insistenza gioviale, ottenne di poter parlare con Amelia Hill, cuoca-governante del defunto Anthony Gascoigne.

   Inizialmente la signora Hill fu piuttosto rigida e sospettosa ma, alla lunga, la cordialità affascinante di quello straniero dall’aspetto curioso fece effetto. La signora Amelia Hill cominciò a lasciarsi andare.

   Si ritrovò, come era successo a molte altre donne prima di lei, a riversare i suoi guai su un ascoltatore molto comprensivo.

   Da quattordici anni si occupava della casa del signor Gascoigne e non era certo un compito facile, no davvero! Molte altre donne sarebbero crollate sotto i pesi che lei aveva dovuto sopportare! Certo il povero signore era eccentrico, non si poteva negare; notevolmente attaccato al denaro – era una specie di mania – anche se era così ricco! Ma la signora Hill lo aveva servito fedelmente e lo aveva sopportato, e naturalmente si era aspettata un ricordino. Ma no, niente di niente! Soltanto un vecchio testamento in cui lasciava tutto il denaro alla moglie e, nel caso lei fosse morta prima di lui, al fratello Henry. Un testamento fatto tanti anni prima. Non era giusto!

   A poco a poco Hercule Poirot riuscì a distoglierla dal tema principale della cupidigia insoddisfatta. Quella era davvero un’ingiustizia crudele! Era giusto che la signora Hill si sentisse offesa e stupita. Era noto che il signor Gascoigne era molto avaro. Si diceva persino che il defunto avesse rifiutato di aiutare il suo unico fratello. La signora Hill probabilmente era al corrente di quel dettaglio.

   «È per questo che il dottor Ramsey era venuto a trovarlo?» chiese la signora Hill. «Sapevo che doveva trattarsi di qualcosa che riguardava il fratello, ma pensavo che fosse solo il fatto che il fratello voleva riconciliarsi con lui perché avevano litigato anni prima.»

   «A quanto ho saputo,» disse Poirot «il signor Gascoigne si è rifiutato decisamente.»

   «Abbastanza vero» ammise la signora Hill con un cenno del capo. «Con voce un po’ flebile ha detto: “Henry, cos’è questa storia di Henry? Non lo vedo da anni e non voglio vederlo. È un tipo litigioso, Henry”. Solo questo.»

   La conversazione poi riportò il discorso sulle lagnanze speciali della signora Hill e sul comportamento poco generoso dell’avvocato del defunto.

   Con qualche difficoltà Hercule Poirot si accomiatò, cercando di non interrompere troppo bruscamente la conversazione.

   Dopo cena si recò a Helmcrest in Dorset Road, Wimbledon, la residenza del dottor George Ramsey.

   Il dottore era in casa. Hercule Poirot fu fatto accomodare nello studio e di lì a poco il dottore entrò nella stanza. Chiaramente si era appena alzato da tavola.

   «Non sono un paziente, dottore» disse Hercule Poirot. «E la mia visita forse può essere considerata un’impertinenza, ma io credo nelle trattative semplici e dirette. Non mi vanno gli avvocati con i loro metodi contorti e prolissi.»

   Aveva manifestamente suscitato l’interesse di Ramsey. Il dottore era un uomo di mezza età, ben rasato, con capelli castani ma ciglia quasi bianche che facevano apparire gli occhi smorti e spenti. I suoi modi erano decisi e non privi di umorismo.

   «Avvocati?» chiese inarcando le sopracciglia. «Li odio! Mi incuriosite, mio caro signore, vi prego, accomodatevi.»

   Poirot sedette, poi prese dalla tasca un biglietto da visita, che porse al dottore. Le ciglia bianche di George Ramsey sbatterono. Poirot si chinò verso di lui e disse in tono confidenziale: «Molti dei miei clienti sono donne».

   «Naturalmente» disse il dottor George Ramsey ammiccando lievemente.

   «Naturalmente, come dite voi» si dichiarò d’accordo Poirot. «Le donne diffidano della polizia, preferiscono le indagini private. Non vogliono che i loro guai vengano resi pubblici. Una donna anziana qualche giorno fa è venuta da me. Era molto infelice per colpa di un marito con il quale aveva litigato molti anni prima. Il marito di quella donna era vostro zio, il defunto signor Gascoigne.»

   George Ramsey divenne violaceo:

   «Mio zio? Sciocchezze! Sua moglie è morta anni fa.»

   «Non vostro zio il signor AnthonyGascoigne, vostro zio il signor Henry Gascoigne.»

   «Zio Henry! Ma lui non era sposato.»

   «Oh, sì che lo era» ribatté Hercule Poirot mentendo spudoratamente. «Non ci sono dubbi, la signora mi ha persino portato il certificato di matrimonio.»

   «È una menzogna!» esclamò George Ramsey, il cui volto era diventato viola come una prugna. «Non ci credo, mentite spudoratamente.»

   «Un vero peccato, no?» disse Poirot. «Avete commesso un delitto per niente.»

   «Delitto?» chiese Ramsey con voce tremula. I suoi occhi smorti erano terrorizzati.

   «Tra l’altro,» disse Poirot «vedo che avete mangiato di nuovo la torta di more. Un’abitudine poco saggia. Dicono che le more siano piene di vitamine, ma per altri versi possono essere micidiali. In questa occasione particolare ho l’impressione che abbiano contribuito a mettere una corda attorno al collo di un uomo, al vostro collo, dottor Ramsey.»

 

   «Vedete, mon ami, la vostra tesi era sbagliata.» Hercule Poirot, sorridendo placido attraverso il tavolo al suo amico, agitò una mano in modo eloquente. «Un uomo in preda a un grave stress mentale non sceglie proprio quel momento per fare qualcosa che non ha mai fatto in precedenza. I suoi riflessi si limitano a seguire la via della minore resistenza. Un uomo sconvolto potrebbe magari uscire a cena in pigiama… ma sarà il suo pigiama e non quello di qualcun altro.

   «Un uomo che non ama la minestra densa, il pasticcio di rognone e le more, all’improvviso una sera ordina tutte e tre le cose. Voi dite che lo fa perché pensa a qualcos’altro, ma io dico che un uomo che ha qualcosa per la testa ordinerà automaticamente il piatto che ha quasi sempre ordinato in precedenza.

   «Eh bien, allora che altra spiegazione ci potrebbe essere? Non riuscivo assolutamente a trovarne una ragionevole ed ero preoccupato. Era tutto sbagliato.

   «Poi mi avete detto che quell’uomo era scomparso. Per la prima volta nel corso di molti anni era stato assente un martedì e un giovedì. Questo mi è piaciuto ancora meno. Una strana ipotesi mi è balzata alla mente e se era giusta quell’uomo era morto. Ho fatto delle indagini. L’uomo era effettivamente morto, proprio morto. In altre parole, il pesce cattivo era stato ricoperto di salsa!

   «Era stato visto in King’s Road alle sette. Aveva cenato qui alle sette e trenta, due ore prima di morire. Tutto combaciava: la prova del contenuto dello stomaco, la prova della lettera, la salsa era troppa! Non si riusciva più in alcun modo a vedere il pesce.

   «Il devoto nipote ha scritto la lettera, il devoto nipote aveva un bellissimo alibi per l’ora della morte. Una morte semplicissima: una caduta dalle scale. Semplice incidente? Oppure omicidio? Tutti sostengono che si è trattato della prima possibilità.

   «Il devoto nipote è l’unico parente sopravvissuto. Il devoto nipote erediterà… ma c’è poi qualcosa da ereditare? Lo zio è notoriamente povero.

   «Ma c’è un fratello. Un fratello che a suo tempo ha sposato una donna ricca e abita in una grande casa lussuosa in Kingston Hill. Parrebbe che la ricca moglie gli abbia lasciato tutto il denaro. Vedete la sequenza: la moglie ricca lascia il denaro ad Anthony, Anthony lascia il denaro a Henry, il denaro di Henry va a George. L’asse ereditario è completo.»

   «In teoria è molto bello» disse il signor Bonnington. «Ma cosa avete fatto voi in concreto?»

   «Una volta che si sa… di solito si riesce a ottenere ciò che si vuole. Henry era morto due ore dopo il pasto, questa è l’unica cosa di cui all’inchiesta si sono occupati. Ma supponiamo che quel pasto non fosse la cena bensì il pranzo. Mettetevi al posto di George. Vuole i soldi, li vuole moltissimo; Anthony Gascoigne sta morendo ma la sua morte non serve a George. Il denaro di Anthony va a Henry e Henry potrebbe vivere ancora per anni. Quindi anche Henry deve morire… e prima è meglio è… ma la sua morte deve aver luogo dopo quella di Anthony e, nel contempo, George deve avere un alibi. L’abitudine di Henry di cenare regolarmente al ristorante due sere alla settimana suggerisce un alibi a George. Dato che è una persona prudente prima sperimenta il piano che ha in mente. Impersona suo zio un lunedì sera al ristorante in questione.

   «Tutto procede bene, al ristorante lo prendono per lo zio. Lui è soddisfatto. Deve solo aspettare che lo zio Anthony sia in punto di morte. Arriva il momento. Spedisce una lettera a suo zio il pomeriggio del due novembre, ma appone la data del tre. Viene in città il pomeriggio del tre, va da suo zio e porta a compimento il suo piano. Una spinta violenta ed ecco che lo zio Henry finisce giù per le scale.

   «Va alla ricerca della lettera che gli ha scritto e la ficca nella tasca della vestaglia di suo zio. Alle sette e trenta è al Gallant Endeavour, completo di barba e di sopracciglia cespugliose. Non ci sono dubbi sul fatto che il signor Henry Gascoigne è vivo alle sette e mezzo. Poi una rapida metamorfosi in un gabinetto pubblico e ritorna a tutta velocità alla macchina per recarsi a Wimbledon, dove passa la serata a giocare a bridge. Un alibi perfetto.»

   Il signor Bonnington lo guardò. «Ma il timbro postale sulla lettera?»

   «Oh, è stato molto semplice. Il timbro postale era sporco. Perché? Perché era stato modificato con l’aiuto del nerofumo e la data era stata trasformata dal due al tre novembre. Una cosa che non si nota, a meno che non la si cerchi appositamente. E poi c’erano le more.»

   «Le more?»

   «Sì, la torta di more! Capite, George alla fine non si è rivelato un attore abbastanza bravo. Somigliava a suo zio e camminava come suo zio e parlava come suo zio e aveva la barba e le sopracciglia come suo zio, ma si è dimenticato di mangiare come suo zio. Ha ordinato i piatti che gli piacevano.

   «Le more anneriscono i denti, i denti del cadavere non erano anneriti, eppure Henry Gascoigne quella sera al Gallant Endeavour aveva mangiato le more. Ma nello stomaco non sono state trovate tracce di more. Mi sono informato questa mattina. E George è stato così stupido da non buttare via la barba e ciò che gli era servito per truccarsi. Oh! Un numero di prove maggiore di quello che serviva. Sono andato da George e l’ho smascherato. Tra l’altro aveva di nuovo mangiato le more. Una persona ingorda, molto interessata al cibo. Eh bien, l’ingordigia lo manderà sulla forca, a meno che io non mi sia sbagliato di grosso.»

   La cameriera portò due porzioni di torta alle more e mele.

   «Portatela via» disse il signor Bonnington. «Non si è mai abbastanza prudenti. Portatemi una porzione di zuppa inglese!»

 

 

 

 

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