”Prometeo scatenato tra scienza, tecnica e fantascienza
LA TRANSUMANA FUTURA UMANITÀ
«Con il supporto decisivo della scienza e della tecnica, che hanno emarginato l’etica e lo spirito, il tragitto è compiuto. Non ci chiediamo più se qualcosa è bene o male, giusto o sbagliato, ma se è tecnicamente possibile, fattibile e profittevole»
Descrivere in poche righe il pensiero di un autore non è mai facile.
È da poco uscito per Arianna Editrice un nuovo libro di Roberto Pecchioli studioso di geopolitica, economia e storia, svolge da anni un’intensa attività pubblicistica, collaborando con riviste, siti culturali e il nostro blog dove da anni i suoi articoli vengono apprezzati da numerosi lettori.
INTRODUZIONE
Homo sum: humani nihil a me alienum puto. P. Terenzio Afro Trasumanar significar per verba non si porìa. Non si può spiegare a parole il senso dell’oltrepassare la condizione umana. […] La post-modernità, nel suo viaggio verso l’oltre, si spinge più in là. Protendersi oltre l’umano non significa più trascendere, ma ol-trepassare, correre “avanti”. Dall’uomo all’oltre uomo, corda tesa tra l’animalità bruta e l’uomo “aumentato”, fuso, incorporato in un progetto tecnoscientifico: transumano. […]
Il cinico Antistene 1, antesignano del più soffocante materialismo, negava l’oggettività dei concetti, ridotti a pura soggettività. L’ “idea” platonica era irrisa: vedo il cavallo, non la cavallinità. La risposta di Platone nel Simposio, per bocca di Socrate, fu contundente: hai solo gli occhi del corpo. […]
Ingegneri muniti di software matematici progettano edifici per aziende, ospedali o palazzi di giustizia perfettamente intercambiabili. È il regno della quantità e della contabilità. Ci sarebbe bisogno di un pensiero potente e complessivo per trascendere, “trasumanare” un’era sterile, asfittica, nemica dei simboli. Così scrive Marcello Veneziani: “Stiamo vivendo, nell’incoscienza del pensiero, una rivoluzione radicale che sta cambiando il senso e il destino dell’umanità. È la rivoluzione che marcia verso la neutralizzazione delle identità e delle differenze originarie, la rimozione della natura. […]
Non siamo più legati a un luogo, ma a un tempo che sfuma nel presente, l’odiernità eretta a merito, regina ad horas. Moderno è l’aggettivo vincente, che destituisce tutto ciò che si sottrae al presente: al modo odierno, ovvero superiore al passato per indiscutibile postulato (o superstizione?). Rimane il rovescio della narrazione, una promessa simile a quella degli innamorati, più di ieri, meno di domani. La lotta contro il destino non risparmia alcuno: donna o uomo si diventa, la scelta è soggettiva, revocabile. […]
Le comunità si trasformano in community virtuali, gli amici sono quelli che la pensano come noi su qualcosa. Non li conosciamo, ma siamo” amici su Facebook” di chi condivide una passione sportiva, la propensione per un ballo, la preferenza per un cibo. Il mondo, le opere d’arte, i luoghi simbolo della storia e della cultura diventano locations. Fotografiamo noi stessi sullo sfondo delle Piramidi o della Gioconda. Io sono stato lì, un attimo fuggente cristallizzato in uno scatto a beneficio o invidia di qualcuno, in attesa del clic sull’icona del pollice alzato. Mi piace, ma solo adesso e per un momento. Tutto è revocabile, metamorfico, come il Proteo dei greci. […]
L’origine richiama i principi, rimossi in quanto connettono a ieri e al mondo dei fini; adesso ci si contenta dei “valori”. Ma anch’essi cedono. Non ci sono più i valori, caro signore, sospirano casuali compagni di viaggio. Resistono i prezzi, traduzione venale dei valori. È mistificante la definizione della nostra civiltà come Occidente. Non si tratta di un’indicazione geografica, piuttosto il luogo di elezione della modernità, del cambiamento, del trans che si fa progetto. Non siamo, noi occidentali, compatrioti, ma contemporanei, i passeggeri provvisori di Pessoa divenuti nomadi in perenne transito anche senza muoverci, naviganti nell’oceano virtuale della Rete, dove possiamo essere uno, nessuno e centomila, mutanti e trans perfetti. Transnazionali, transessuali, trans-persone. […]
La transumana futura umanità non ha una meta da raggiungere, neppure l’Itaca di Kavafis 8 che cantava: “devi augurarti che la strada sia lunga”. Sgomenta l’insuperabile provvisorietà e insieme l’assoluta novità di questo tempo trans. Si va, si attraversa, si penetrano muri, si rimuovono ostacoli creando rovine, ingombrando la strada di detriti, ma la corsa è fine a se stessa. O meglio, il fine del tempo transumano è l’ibridazione con l’artificiale, la macchina, il prodotto tecnico. Il primo obiettivo dell’ideologia transumanista è l’“uomo aumentato”, il suo simbolo è un cerchio non chiuso con al centro un’acca (homo) e il simbolo + (più).
È probabilmente la fine dell’umanità come l’hanno intesa tutte le precedenti generazioni, o il tornante decisivo di una svolta epocale, una strada a senso unico dalla quale difficilmente si potrà ritrovare la via del ritorno. Andare oltre l’uomo, trascenderlo e forse trasformarlo in una specie affatto nuova, trans e quindi post- umana. […]
Qualcuno disse che la guerra è cosa troppo seria per lasciarla ai generali. Il nostro approccio è il medesimo: tentare di capire assieme al lettore fatti, circostanze e sviluppi di un fenomeno, il transumanesimo, che è il tentativo, attraverso scienza, tecnica e tecnologia, di alterare la natura umana, scatenando Prometeo e aprendo un nuovo vaso di Pandora dalle conseguenze antropologiche, esistenziali e finanche ontologiche immense e imprevedibili.
È il nostro avvenire comune, la transumana, futura umanità del titolo, perifrasi di un celebre passaggio dell’inno della Seconda Internazionale 9. Parliamone, finalmente, sia o meno un destino ineluttabile, l’esito naturale della vicenda “progressiva” della nostra specie. Homo sum, humani nihil a me alienum puto, scrisse il romano Terenzio. Sono un uomo, nulla di umano mi è estraneo. Significativamente, è un verso dell’Heautontimorùmenos, Il punitore di se stesso. Umano, troppo umano, transumano.
Non si può spiegare a parole il senso dell’oltrepassare la condizione umana. Così risponde Piccarda Donati a Dante nel III canto
del Paradiso, interrogata sull’ esperienza spirituale della visione di Dio; il Medioevo guardava e pensava costantemente a Dio.
Siamo alle fasi iniziali della sfida decisiva del futuro: la lotta tra chi sostiene l’avanzamento tecnologico illimitato, chiamato tout court progresso per impedire il dibattito, e chi è convinto che servano limiti ‒ morali, politici, materiali ‒ e che il limite invalicabile sia quello del rispetto della natura e della persona umana. Il terreno di scontro è la biopolitica, fattasi biocrazia, controllo e dominio della vita, del corpo, del pensiero.
«Con il supporto decisivo della scienza e della tecnica, che hanno emarginato l’etica e lo spirito, il tragitto è compiuto. Non ci chiediamo più se qualcosa è bene o male, giusto o sbagliato, ma se è tecnicamente possibile, fattibile e profittevole».
Stiamo vivendo un passaggio decisivo in cui la modernità postera di se stessa getta la maschera e disvela il volto. La corsa dell’uomo contemporaneo che Paul Virilio chiamò dromocrazia, movimento, velocità come fine, dispiega tutta la sua potenza e illumina un esito lungamente preparato. E’ il primato del divenire sull’essere, la lotta prometeica contro il destino e la natura. Offeso di non essere il creatore di se stesso, l’uomo faustiano occidentale decreta la vittoria finale di Eraclito: tutto scorre, panta rei, l’acqua del fiume non è mai la stessa. Eppure, sempre di acqua si tratta, ma gli universali vengono negati con ostinazione.
Non siamo più legati a un luogo, ma a un tempo che sfuma nel presente, l’odiernità eretta a
Merito.
Come si stabilirà che cosa introdurre nel nostro organismo per ridisegnarlo, modificarlo, ibridarlo con la macchina? Che ne sarà del nostro cervello, del libero arbitrio? Come vivremo, che cosa mangeremo? Prodotti naturali o artificiali? Diventeremo OGM umani, organismi geneticamente modificati? Che cosa significheranno uomo, persona, mente, libertà?
«Restare umani, ecco l’obiettivo». O forse, ritornare umani. Questa è la madre di tutte le battaglie e dobbiamo prendere atto che si tratta di una guerra innanzitutto spirituale. Dobbiamo contrapporre l’amore per l’uomo e la vita al gelido cinismo di oligarchi egolatrici e senz’anima. Non si vince contro i padroni universali, detentori di tecnologie dall’inusitata, illimitata potenza, ponendosi sullo stesso piano materiale, strumentale». Restare umani significa essere radicalmente diversi, estranei, ribelli a quel mondo capovolto e a quell’odio distillato per l’umanità, per me, per te, per milioni, miliardi di mortali. Ezra Pound, nei Cantos, scrisse un verso che consegniamo a chi ci ha seguiti nella ricognizione: “il tempio è sacro perché non è in vendita.” Più sacro è l’uomo, che quel tempio ha elevato all’Assoluto.
Nella conclusione del libro Pecchioli si chiede se non abbiamo avvertito un brivido, leggendo le farneticazioni non di uno squinternato, ma la visione dell’uomo e l’agenda di tutti noi.
ISBN 9788865882641
Pagine 240
Formato Brossura – cm 15×21
Casa editrice ARIANNA EDITRICE
Collana Un’Altra Storia
Prima edizione Novembre 2023
Prezzo € 18,90 5% € 19,90