Decenni di versioni ufficiali, depistaggi e silenzi strategici: ora nuovi documenti riaprono il caso Kennedy, mentre l’informazione sceglie di non guardare

LA VERITÀ SU JFK COMINCIA AD EMERGERE NEL SILENZIO DEI MEDIA

Il Simplicissimus

Sessant’anni dopo l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, la verità ufficiale comincia a sgretolarsi sotto il peso di documenti finora secretati e dettagli finora ignorati. Ma mentre nuovi elementi — tra cui inediti fotogrammi del filmato di Zapruder — riaccendono i dubbi sull’esistenza di un secondo tiratore e sull’effettivo ruolo di Lee Harvey Oswald, i grandi media scelgono la via del silenzio. Un silenzio assordante, più efficace delle smentite o delle smentite delle smentite: non nega, non discute, semplicemente minimizza. L’arte di minimizzare, più potente di quella dell’enfasi, crea un’illusione di chiarezza e pace mentale che anestetizza la coscienza collettiva. Questa sinossi indaga la sottile strategia del silenzio informativo e il suo impatto sulla percezione pubblica della storia, mostrando come il caso JFK non sia solo una pagina irrisolta del passato americano, ma un laboratorio ancora aperto sulla manipolazione del consenso e sulla costruzione della verità. (f.d.b.)


L’arte di minimizzare è importante quanto quella di esaltare, anzi di più perché gli squilli di tromba possono alla lunga infastidire, mentre il silenzio dona un’artefatta pace mentale. Ed è appunto questo che è accaduto con la pubblicazione di alcuni documenti sull’assassinio di John Fitzgerald Kennedy(1), finora rimasti segreti, che testimoniano del fatto che la verità ufficiale, rimasta identica per sessant’anni, è poco più di una barzelletta. Oltre a fotogrammi finora rimasti segreti del famoso filmato di Zapruder che già a suo tempo aveva fatto vacillare le tesi ufficiali e che ora pare confermare l’ipotesi del secondo tiratore oltre ad Oswald, c’è molto di più, qualcosa di decisivo che pare essere sfuggito all’attenzione. È stato infatti pubblicato un documento che mette in una prospettiva molto diversa il soggiorno in Unione Sovietica di Oswald, che a suo tempo invece focalizzò tutta l’attenzione sull’ambiguità del personaggio e lasciò spazio a credere che l’Unione Sovietica avesse qualcosa a che fare con l’attentato mortale o che comunque l’esperienza comunista di Oswald lo avesse portato a trovarsi col fucile in mano a Dallas.

Il “Proiettile Magico” che uccise il presidente Kennedy

 

In realtà questo personaggio era stato selezionato per un’operazione ideata da uno dei massimi funzionari della Cia, James. Jesus Angleton, ovvero quella di reclutare e addestrare giovani soldati e fare in modo di mandarli in Unione Sovietica dove avrebbero potuto raccogliere informazioni o magari essere contattati dal Kgb e dare avvio a un’operazione di doppio gioco. Questa operazione si chiamava RedCap e Oswald ne faceva parte. Ecco perché al suo ritorno dall’Urss non fu minimamente “attenzionato” dai servizi nonostante avesse rinunciato alla cittadinanza americana. Questo fatto cambia completamente il paradigma sul quale è stato costruito il rapporto Warren, ovvero la verità di stato su Kennedy. E non è finita perché questo Angleton, come risulta dai documenti declassificati, era in stretto contatto col governo di Israele e lavorava per procurare a Tel Aviv l’arma nucleare, cosa a cui Kennedy era assolutamente contrario. I nuovi documenti confermano che la tecnologia nucleare e il plutonio sono stati trasferiti in Israele tramite intermediari e Angleton ha ammesso di aver avuto incontri in questo senso con funzionari israeliani. Dunque, si comincia a vedere con maggior chiarezza il panorama che sta dietro all’assassinio del presidente: non solo prende vigore l’ipotesi di un secondo cecchino, ma già lo stesso Oswald passa da essere un pazzo isolato a un uomo reclutato dai servizi che è stato poi eliminato – come è tipico di queste sporche faccende – da Jack Ruby, cognome americanizzato di Rubinstein che subito dopo aver sparato al supposto assassino di Kennedy si vantò di essere un “ebreo coraggioso”.

Una frase che oggi assume un diverso significato. Stranamente Ruby fu rapidamente processato e condannato a morte, pena poi tramutata in ergastolo quando si seppe che aveva un tumore ai polmoni ormai giunto allo stadio terminale. Inutile dire che senza questo personaggio, disposto a sacrificarsi per uccidere Oswald, la verità ufficiale sarebbe molto diversa. In tutti questi anni l’ipotesi migliore venuta fuori da un atto incongruo e anche da un processo altrettanto incongruo, è che Ruby fosse complice di Oswald, cosa francamente ridicola e messa lì per metterci una pezza.

Il fatto che tutto questo sia passato praticamente sotto silenzio tende a farmi credere che le linee di potere che determinarono l’assassinio di Kennedy e che si rafforzarono sotto Lindon Johnson, siano sostanzialmente le stesse, quelle che oggi vogliono a tutti i costi la guerra dall’Ucraina al Medio Oriente. Si potrebbe anche scorgere una qualche analogia con l’oggi, sia pure con tutte le cautele del caso: dopo che Johnson – il quale oggi, grazie ad altre documentazioni, è sospettato di essere stato al corrente dell’attentato a JFK – riuscì ad impegnare completamente gli Usa nella guerra del Vietnam con spese militari talmente folli da costringere nel ’71 a rinunciare alla parità aurea del dollaro, arrivò il demonizzato Nixon che almeno pose fine a quel conflitto. Tuttavia le più grandi manifestazioni pubbliche contro la guerra, prima a New York e poi a Washington, non si ebbero sotto la presidenza dell’uomo che aveva di fatto impegnato tutta la macchina bellica degli Stati Uniti nel conflitto in Indocina e che – en passant – aveva provocato un milione di morti in Laos e Cambogia, ma appunto sotto il repubblicano Nixon contro il quale era scattata un’operazione di massiccia denigrazione che poi si risolse nel Watergate (un evento che oggi sempre più rivela la natura di trappola). Difficile non pensare alle somiglianze con il Russiagate con il quale si è tentato l’impeachment di Trump.

Per carità tempi e uomini diversi, ma possiamo scorgere poteri che corrono sotto la pelle dell’impero: costellazioni complesse che hanno comunque la stessa logica di azione e che oggi vengono designate come stato profondo. E forse non è un caso che la parola complottismo fu creata dalla Cia proprio per designare quelli che si ponevano dei dubbi riguardo alla versione ufficiale dell’attentato a Kennedy.

Redazione

 

 

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