La violenza degli uomini e i vitalizi alle donne. Le storie che sfociano nei “femminicidi” si assomigliano tutte, ma riguardano solo uomini? Lo scandalo vero è la crociata: Quando c’è un femminicidio qualcuno deve pagare”

Modena, 23 giugno: “Una donna di 50 anni uccide a coltellate il suo compagno in un condominio di via Mare Adriatico e si consegna alla polizia”. Una notizia di poche righe che fa capolino sulla stampa e non avrà la diffusione di altri omicidi che vedono l’uomo come protagonista, in quanto il concetto che deve passare è che la violenza è solo maschile mentre la donna, da sempre, subisce in silenzio.  Le teorie “femen” trovano spazio e solidarietà sui mezzi di intontimento di massa, sempre prodighi di resoconti criminali dove l’uomo deve comunque risultare un violento o un assassino e la moglie una vittima senza colpe.

La realtà è però molto diversa. Le storie che sfociano nei “femminicidi” si assomigliano tutte. La donna decide di abbandonare il marito spesso dopo aver maturato una relazione esterna al matrimonio; l’uomo, che tradisce forse più della donna ma in maniera più meccanica e superficiale, non si rassegna alla distruzione della famiglia. Compie ogni sforzo per ricucire lo strappo, anche per le conseguenze sui figli, ma la donna non deflette e si compie l’irreparabile.

Il Fatto Quotidiano” del 20 giugno scorso ha pubblicato un articolo del dottor Bruno Tinti, già procuratore aggiunto di Torino, giornalista ed editore, nel quale il magistrato sottolinea che oggi “si è coniato un nuovo termine, femminicidio. Maschicidio non lo usa nessuno, non lo riconosce neppure il correttore automatico; eppure su 100 omicidi in ambito familiare, i maschi uccisi sono il 39 %”.  Riferendosi ad un recente episodio di cronaca, Tinti contesta anche le pretese avanzate in alcuni ambienti secondo le quali si dovrebbe punire in via preventiva, a seguito della sola denuncia della parte perseguitata. “Si condannasse con questi criteri – concludeva l’emerito magistrato – le carceri sarebbero piene. Gli errori capitano anche nelle sentenze, non c’è da scandalizzarsi. Lo scandalo vero è la crociata: Quando c’è un femminicidio qualcuno deve pagare”.

È un dato di fatto che la stragrande maggioranza delle denunce è sottoscritta dalle donne contro gli uomini, più in particolare delle mogli contro i mariti, ma è altrettanto vero che la totalità di queste denunce viene sottoscritta in prossimità di una separazione matrimoniale, quando cioè c’è da dimostrare che il colpevole è l’uomo che dovrà venir condannato  dal giudice all’addebito della separazione quantificando l’entità del “vitalizio” che dovrà provvedere ad elargire alla ex moglie la quale, nella stragrande maggioranza  dei casi, ha già provveduto a stabilire una nuova relazione sentimentale. La quota di separazioni con assegno di mantenimento corrisposto dall’uomo alla donna è stabile nel tempo al 94%  del totale delle separazioni con assegno.

Ci sono sentenze emesse da giudici di primo grado che fanno accapponare la pelle. Mariti ridotti sul lastrico e costretti a dormire nell’automobile o sotto il classico ponte (casa assegnata alla ex moglie nel 69% dei casi) e a frequentare le mense dei poveri dopo aver corrisposto alla moglie “l’assegno di mantenimento”; uomini accusati delle più turpi nefandezze unicamente sulla base delle dichiarazioni della ex moglie; padri accusati di maltrattamenti nei confronti di moglie e figli ai quali vengono poi affidati in affido prevalente i figli maltrattati. Autentiche bestemmie legali per difendersi dalle quali il malcapitato dovrà ricorrere in Appello e indebitarsi ulteriormente al fine di poter avere giustizia.

Una cultura del genere è conseguenza di un’altra crociata, quella che ha preso consistente sostanza negli ultimi cinquant’anni e che mira a sostituire la famiglia tradizionale con nuclei di fatto, “gender” o meno.  Teorie pianificate dall’alto e sposate per supina imbecillità o convenienza da diversi esponenti della nostra società: dall’attuale (ex ndr) Presidenta della Camera, Laura Boldrini, che è arrivata a sostenere che adottare i pargoli dei migranti è meglio che mettere al mondo figli o dal Sommo Pontefice in carica, secondo il quale bisogna accettare le famiglie “così come sono”, senza distinguere tra situazioni “regolari” o “irregolari”. Salvo poi richiamarsi in altri momenti all’ “oscurantismo” dell’indissolubilità delle unioni, sostenendo che “Se il matrimonio non è ‘per sempre’ è meglio non sposarsi”.

[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’eb1a63′ bcolor=’3′]I dati sintetici di questa sistematica distruzione della famiglia nel nostro Paese, relativi all’anno 2015, sono secondo l’ISTAT i seguenti: a fronte di 194.377 matrimoni vi sono stati 91.706 separazioni e 82.469 divorzi (+ 57% rispetto al 2014). Dunque, circa la metà, anche se dati non ufficiali danno quella cifra lievitata oggi appena al di sotto del 70%.[/stextbox]

Pompeo Batoni – Achille e il centauro Chirone.

La colpa dei fallimenti matrimoniali viene imputata dalla cultura dominante all’uomo e alla sua volontà di dominio: chi osa pronunciarsi diversamente rischia quantomeno l’isolamento sociale. Secondo lo psicanalista junghiano Luigi Zoja, in ogni atto di violenza su una donna non agisce nell’uomo solo la sua identità psichica, ma un istinto collettivo che affonda le radici nell’anima maschia, aggressiva e predatrice, che è dentro di lui fin dalla nascita. Il seguace di Jung, nel suo ultimo libro Centauri. Alle radici della violenza maschile (Bollati Boringhieri), arriva a sostenere che la violenza dei maschi ha origini antiche identificandosi con l’istinto animalesco che guidava i Centauri, figure mitologiche metà uomini e metà cavalli, che conoscevano solo lo stupro come rapporto sessuale.

Sfogliando riviste per donne come “F” (“Settimanale femminile di attualità, moda, bellezza, rivisitati in una formula nuova e originale”, come si definisce), emerge però una realtà mai rappresentata da psicanalisti à la page e mezzi di comunicazioni di massa.

Scrive Erica ad Ippolita Avalli, curatrice della rubrica “La posta del cuore”: “Ho 25 anni e sono fidanzata da sei con un ragazzo dolcissimo che mi riempie di attenzioni e mi fa sentire speciale… L’anno scorso io e il mio ragazzo ci siamo lasciati… In quel periodo ho conosciuto uno dei migliori amici di mio cugino… Era l’opposto del mio fidanzato e mi ha attratta subito… Ora sono tornata con il mio fidanzato storico, ma ogni tanto piango pensando all’amico di mio cugino e a quanto la mia vita sarebbe cambiata vicino a lui. Tutto sommato sto bene con il mio ragazzo (anche se) spesso al telefono non ha niente da dirmi. Ora parla di matrimonio. Come posso uscire da questa situazione?”.

Insicurezze e disordini mentali come quello descritto nella lettera sono assai frequenti nei giovani d’oggi e illustrano bene, senza far ricorso all’“istinto animalesco dei Centauri”, i motivi per i quali molti matrimoni si concludono spesso con una repentina separazione.

“Che male c’è – ha detto di recente in Tv una nota attrice – se ad un certo punto una donna decide di punto in bianco di rifarsi una vita?” Già, che male c’è a sfasciare una famiglia per inseguire magari un amorazzo da fine stagione, mandando spesso allo sbaraglio dei figli incolpevoli?

Paolo Chiaradia

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Un commento

  1. Francesca Rita Rombolà

    4 Marzo 2019 a 16:25

    L’unione ideale sarebbe che l’uomo e la donna si amassero, si aiutassero e si comprendessero a vicenda… ma ciò è davvero difficile oggi. Forse entrambi, l’uomo e la donna, sognano da sempre ciò ma, come dice un antico ed eloquente proverbio, “il pane va a chi non ha i denti per poterlo masticare”, e allora si hanno pure rotture rovinose di unioni, violenze, uccisioni dell’uomo o della donna.

    rispondere

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