Quando la forza si sgancia dalla giustizia e l’interesse domina sulla ragione, la guerra perde ogni legittimità: l’appello dei giuristi riporta al centro la questione del diritto naturale e della misura perduta.
L’APPELLO DEI GIURISTI: “SIAMO OLTRE IL DIRITTO E CONTRO LA GIUSTIZIA: L’ATTACCO A TEHERAN È LA ROTTURA DELL’ORDINE DELLE GENTI”»
Come Don Chisciotte
L’attacco a Teheran da parte di Israele, con la complicità degli Stati Uniti, non rappresenta solo un atto di guerra, ma la frattura profonda dell’ordine giuridico e morale che regola la convivenza tra le nazioni. In un appello che unisce giuristi, filosofi del diritto e studiosi della tradizione classica — occidentale e islamica — si denuncia un evento che va ben oltre la violazione del diritto internazionale: siamo di fronte a una crisi della giustizia in sé, a una rottura della mesotes, la giusta misura aristotelica. Rievocando il concetto di bellum iustum di Tommaso d’Aquino e le riflessioni di Avicenna e Averroè sull’ordine razionale del mondo, il documento sottolinea come la guerra mossa per paura o brama di dominio non possa essere giustificata né dal diritto positivo né da quello naturale. Si tratta di un’aggressione che, spezzando il legame tra mezzo e fine, rivela un mondo in cui la forza ha usurpato il posto della ragione. Un richiamo potente a ritrovare l’unità tra azione giuridica e ordine metafisico, tra politica e giustizia. (Nota Redazionale)
Riceviamo e pubblichiamo.
L’agire giusto è tale solo nella misura in cui rispetta la mesotes, la giusta misura tra eccesso e difetto. La guerra, per essere conforme alla legge naturale, deve essere ordinata non all’interesse, quanto alla riparazione di un torto manifesto: ciò che Tommaso d’Aquino, sulla scorta della tradizione aristotelico-agostiniana, chiamerà “bellum iustum”, soggetto a precise condizioni di causa giusta (“iusta causa”), autorità legittima (“auctoritas principis”) e intenzione retta (“intentio recta”). La filosofia islamica classica, in particolare in Avicenna e Averroè, riprende e sviluppa questi concetti. Per Avicenna, ogni legge che pretenda di essere giusta deve riflettere l’ordine razionale e metafisico del mondo, ordinando l’azione umana al fine ultimo della perfezione.
La guerra che scaturisce dalla paura dell’altro, o dal desiderio di mantenere un’egemonia regionale, non può rientrare in tale ordine, perché spezza la simmetria tra mezzi e fini e corrompe la razionalità pratica con l’arbitrio della forza. Averroè, nel “Commentarium Magnum all’Etica Nicomachea”, afferma che la “lex naturalis” è specchio dell’intelletto divino partecipato all’intelletto umano: ogni azione che distrugge l’unità tra ragione e ordine è non solo ingiusta, ma metafisicamente disordinata.
Così, l’attacco israeliano all’Iran configura non solo una violazione del diritto positivo, ma una rottura dell’ordine assiologico e razionale che deve reggere la comunità internazionale come communitas ordinata. In assenza di una “autoritas” superiore che possa giudicare e sanzionare in modo cogente, l’unico argine all’anarchia della forza è il riconoscimento della legge naturale come fondamento prepolitico del diritto positivo.
L’eclissi del “ius naturale” genera lo svuotamento dello “ius gentium”, che si riduce a tecnicismo privo di fondamento, a procedura senza legittimità. La comunità internazionale, allora, se vuole sopravvivere come ordine giuridico e non degenerare in un mero sistema di potenze in conflitto, deve rimettere al centro la concezione del diritto come espressione dell’ordine razionale della realtà, riconoscendo che la pace non è l’assenza di guerra, bensì l’armonia ordinata alla giustizia.
La forza, usata fuori dal diritto, non è mai neutra: essa genera un effetto emulativo, un momentum di destabilizzazione che, come una frattura profonda nella struttura dell’essere, non può che produrre nuove ingiustizie. In tal senso, l’attacco del 13 giugno 2025 è non solo un illecito, ma una negazione del “logos” che anima il diritto come arte regale del governo della pluralità umana secondo ragione.

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Prof. Avv. Augusto Sinagra (Già Ordinario di Diritto dell’Unione Europea presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Direttore della Rivista della Cooperazione giuridica internazionale (fascia A). Avvocato del Foro di Roma)
Prof. Aldo Rocco Vitale (Università Europea di Roma)
Prof. Antonio Vernacotola Gualtieri D’Ocre (SSML/Istituto di grado universitario “san Domenico” di Roma)
Avv. Paolo Menarin (Avvocato del Foro di Vicenza)
Rev. Mons. Prof. Don Roberto Caria (Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna. Vicario generale nell’Arcidiocesi di Oristano)
Prof. Daniele Trabucco (SSML/Istituto di grado universitario “san Domenico” di Roma)
Avv. Andrea Oddo (Avvocato del Foro di Palermo)
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