”Il caldo nelle grandi città provoca le reazioni indignate delle madamine e delle sciure
L’ARMOCROMISTA BOCCIA I BERMUDA
NEI QUARTIERI DELLA GAUCHE CAVIAR
Il caldo nelle grandi città provoca, inevitabilmente, le reazioni indignate delle madamine, delle sciure, delle damazze della gauche armocromata. Indignate perché i bifolchi proletari osano entrare nelle Ztl indossando abiti non appropriati. Stanno pensando di affiggere appositi manifesti ai varchi della Ztl per indicare il dress code indispensabile per poter accedere ai quartieri della sinistra radical chic.
Il “diritto alla moda” di lady Soumahoro è diventato il “dovere alla moda”. Insomma, caro lavoratore sottopagato, se non puoi permetterti un guardaroba ampiamente rifornito di camicie, giacche e pantaloni di lino (non basta un completo: d’estate si suda e occorre lavare tutto con notevole frequenza), evita di andare a passeggiare nei quartieri bene. Dove se non hai un armocromista di fiducia non sei nessuno.
Il caldo non giustifica i bermuda in città. Chi lo dice? L’armocromista. Ed anche il personal shopper. Il caldo non è una scusa per indossare in città le magliette colorate se hai più di 20 anni. Basta chiedere alla signora Soumahoro(1), versione contemporanea dell’arbiter elegantiarum. E se non ti adegui, non solo sei uno straccione, ma sei anche razzista.
E poi, che sarà mai comprarsi 4/5 completi di lino? Con qualche mese di stipendio da precario te la cavi. Vorrà dire che in quei mesi non mangi, così dimagrisci anche.
In fondo il “diritto alla moda” che si trasforma in “dovere” è pienamente funzionale al nuovo modello di società che si vuole imporre. Lo faceva Luigi XIV con i nobili costretti a svenarsi per seguire le mode imposte dal Re Sole e presentarsi a corte. Lo fanno ora gli armocromati della gauche caviar per sottolineare la distanza abissale che separa lorsignori della classe dirigente dai plebei delle periferie. E le “città in 15 minuti” serviranno ad impedire che i poveri in bermuda e maglietta invadano gli spazi degli armocromati.
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