Nel mondo della propaganda bellica, la verità è solo un’altra arma.

LE DOCCE FREDDE
Il Simplicissimus
Un nuovo capitolo nella guerra dell’informazione si apre con la presunta strage di civili a Sumy: ciò che appare come un crimine di guerra potrebbe in realtà essere un cinico inganno orchestrato dal governo di Kiev per attrarre il fuoco nemico, sfruttando la presenza di civili come scudo umano e strumento mediatico. In un parallelo spietato con le stragi in corso a Gaza, il testo denuncia l’ipocrisia e la complicità delle istituzioni occidentali, ponendo l’accento su come la narrazione ufficiale venga piegata agli interessi geopolitici. Un’analisi feroce, che non risparmia colpi e invita il lettore a immergersi nel gelo della realtà: quella delle “docce fredde” della verità quando smette di essere comoda. (f.d.b.)
La notizia più importante di oggi potrebbe essere quella che riguarda Sumy e la presunta strage di civili da parte dei russi. Si è scoperto che il regime di Kiev ha creato una trappola dando notizia ufficiale di una cerimonia di premiazione per i militari della 117ª brigata, lanciando così un’esca alle truppe di Mosca che peraltro sono a una ventina di chilometri dalla città. Poi a questa cerimonia sono stati invitati anche civili e bambini giusto per creare un “caso”, tanto è vero che le autorità che avrebbero dovuto partecipare alla cerimonia si sono ben guardate dall’intervenire. Certo le stragi a Gaza che sono riprese a pieno ritmo, fanno impallidire il bilancio della trentina di vittime della trappola di Sumy e il carnefice Zelensky non avrà la soddisfazione che si aspettava da questa miserabile commedia di morte. Tanto più che proprio la Domenica delle Palme Tel Aviv ha bombardato l’unico ospedale cristiano nella striscia di Gaza, cosa che potrebbe far inorridire l’Europa cristiana. Se non fosse che la capa della commissione di Bruxelles von der Leyen ha detto che le radici dell’Europa affondano nel Talmud, (1)quindi bisognerebbe rallegrarsi per questa azione. O quanto meno essere benevolmente indifferenti.

Ma credo che la notizia di questi giorni sia un’altra perché rende conto del disastro etico a cui stiamo andando incontro. In questo enorme carnaio Trump ha trovato il tempo per firmare un ordine esecutivo che elimina le restrizioni federali sulla quantità d’acqua utilizzabile nei bagni e così “rendere di nuovo fantastiche le docce americane”. Anzi ci ha scherzato sopra coniando un nuovo slogan “Make America’s showers great again“. La misura cancella i limiti introdotti dalle amministrazioni Obama e Biden, che fissavano il massimo flusso a 9 litri al minuto per favorire un presunto risparmio idrico (magari a qualcuno servirebbe leggersi qualcosa sul ciclo dell’acqua) che è in realtà un risparmio energetico, supponendo ovviamente che la doccia sia calda. Questa può sembrare una mattana, una di quelle cose che ci si aspetta da Trump, ma in realtà la “liberazione” della doccia è stato uno dei temi della campagna elettorale.

Lo sappiamo, la doccia è sostanzialmente un mito dell’immaginario americano. Sebbene sia stata inventata nel 1872 in Francia da un medico della prigione di Rouen per dare ai detenuti la possibilità di lavarsi in breve tempo e qualche anno dopo sia stata adottata dall’esercito prussiano, si è rapidamente diffusa negli Stati Uniti ed è entrata di prepotenza nella produzione hollywoodiana: la doccia nella quale avviene l’assassinio, quella che funge da seduta di autocoscienza o quella provocante è uno dei topoi del cinema a stelle e strisce. E si tratta sempre di docce abbondanti, di lunghi lavacri da singing in the shower. Perciò non c’è da stupirsi se le restrizioni su questa pratica igienica e psicanalitica insieme sono state mal accettate, tanto più che essa è del tutto marginale rispetto ai consumi complessivi di acqua e di energia e le limitazioni poste sono più che altro “educative”, ovvero volte a colpevolizzare gli individui e non il sistema. Lo stesso Obama che aveva cominciato a “ridurre” le docce ha anche dato il via all’estrazione di gas e petrolio con la tecnica della fratturazione idraulica che ogni anno consuma acqua quanto sei miliardi di docce, con il piccolo particolare che gran parte dell’acqua usata non torna in circolo, ma viene confinata in contenitori per evitare la dispersione di veleni chimici. Si tratta perciò di una vera e propria sottrazione di acqua e non di un uso temporaneo.
In ogni caso la faccenda delle docce svela la fragilità psicologica e la pochezza del tentativo di un ritorno al passato che difficilmente potrà tornare. Ma anche i pericoli a cui ci espone la velleità di ritenere che lo sfruttamento dell’intero pianeta da parte degli Usa sia una specie di diritto naturale, per cui si è nel giusto se si vuole impedire la crescita di altri. Che insomma solo gli americani possano permettersi docce abbondanti e tutto uno stile di vita non più sostenuto dal proprio lavoro, ma da quello degli altri. Mi sa che ci saranno molte docce fredde.

Approfondimenti del Blog
(1)