Oltre il colonialismo classico: quando l’invasione diventa sostituzione.

LE RADICI DEL MALE

Massimo Mazzucco

Nel suo saggio Le Radici del Male, Massimo Mazzucco esplora una delle forme più estreme e meno raccontate di dominio coloniale: quella in cui l’invasore non si limita a sfruttare economicamente una terra straniera, ma si appropria fisicamente dello spazio e della memoria, rimuovendo sistematicamente i suoi abitanti originari. A differenza del colonialismo “classico” – in cui una potenza forte soggioga una nazione più debole mantenendone la popolazione in stato di sudditanza – esistono rare ma inquietanti eccezioni storiche in cui l’intero tessuto umano e culturale di un territorio è stato spazzato via per far posto ai nuovi padroni. Mazzucco individua tre casi emblematici di questa logica radicale: gli Stati Uniti, l’Australia e Israele. In ognuno di questi contesti, secondo l’autore, si è verificata una sistematica eliminazione della popolazione autoctona – tramite genocidio, espulsione, confinamento – accompagnata dalla riscrittura toponomastica e culturale del territorio. Non più semplicemente impero, ma sostituzione etnica e insediamento permanente, in un processo che cancella non solo i corpi, ma anche la storia e la memoria collettiva. Attraverso un parallelismo storico provocatorio ma documentato, Mazzucco invita il lettore a interrogarsi sulle radici profonde del colonialismo moderno, sulla persistenza di logiche di potere fondate sull’annientamento dell’altro, e sul futuro di territori – come la Palestina – ancora oggi al centro di una contesa che affonda le sue origini in quella stessa matrice di dominio assoluto. Le Radici del Male è un’indagine coraggiosa che sfida le narrazioni ufficiali e chiede allo spettatore di guardare oltre le superfici della storia, per comprendere dove davvero affondano le radici della violenza sistemica che ancora oggi segna il nostro mondo. (f.d.b.)


Il colonialismo classico ha sempre funzionato nello stesso modo: una nazione forte invadeva una nazione più debole, ne prendeva il controllo, e restava lì a comandare per sfruttarne le risorse economiche. Ma lasciava in loco tutti i suoi abitanti, i quali diventavano semplicemente nuovi schiavi/sudditi dell’impero.

È successo così per l’India, colonizzata dagli inglesi, per il Brasile, colonizzato dai portoghesi, per il resto dell’America Latina, colonizzata dagli spagnoli, o per varie nazioni africane e asiatiche, colonizzate nel tempo da francesi, portoghesi, olandesi, ecc.

Solo in tre casi, nella storia recente, i colonialisti invasori hanno sistematicamente rimosso la popolazione locale, prendendo fisicamente il suo posto. Gli Stati Uniti, l’Australia e Israele.

Negli Stati Uniti, i bianchi hanno sterminato la popolazione locale, rinchiuso nelle riserve i sopravvissuti, e preso fisicamente il loro posto. In Australia, i bianchi hanno sterminato la popolazione locale, rinchiuso nelle riserve i sopravvissuti, e preso fisicamente il loro posto. In Palestina, i sionisti hanno sterminato buona parte della popolazione locale (1948), rinchiuso in campi di concentramento / campi profughi i sopravvissuti, e preso fisicamente il loro posto.

Progressivamente, dal ’48 in poi, i nomi delle città e dei villaggi arabi sono stati cambiati in nomi ebraici, mentre l’intera terra di Palestina veniva ridenominata Israele. Oggi restano ancora due zone da integrare, la Striscia di Gaza e la Cisgiordania. Una volta incorporati questi territori, la terza operazione coloniale integrale della storia moderna sarà completata.

Non si può non notare che all’origine di queste particolari operazioni di sostituzione etnica ci siano sempre gli inglesi. Inglesi erano i conquistatori/colonizzatori dei futuri Stati Uniti, inglesi erano i conquistatori/colonizzatori dell’Australia, e inglesi sono stati, fin dall’inizio, coloro che hanno permesso e favorito in tutti i modi la conquista/colonizzazione della Palestina da parte dei sionisti.

Fu sotto il mandato britannico (1922) che gli inglesi implementarono leggi particolari in Palestina, per permettere agli ebrei di acquisire con estrema facilità territori appartenenti agli arabi. Furono gli inglesi (1929 -1936) a reprimere con ferocia le rivolte arabe in Palestina, in modo da favorire l’espansione territoriale dei sionisti. Furono gli inglesi (Orde Wingate) ad insegnare ai sionisti le tecniche di guerriglia e attacco militare ai villaggi arabi. Furono sempre gli inglesi ad insegnare ai sionisti la tecnica di distruzione sistematica delle case dei palestinesi fuggiti, per impedire un loro eventuale ritorno.

Furono gli inglesi ad introdurre il concetto di “punizione collettiva” che ancora oggi (Gaza) viene usato dai sionisti contro i palestinesi. Furono infine gli inglesi a voltare lo sguardo altrove, nel ’48, quando tutte queste tecniche vennero messe in atto in modo sistematico dai sionisti, i quali sterminarono ed evacuarono 700.000 palestinesi dalle loro case e dai loro villaggi (Nakba). Poi, con le operazioni in corso, gli inglesi se ne andarono dalla Palestina, lasciando ai sionisti il controllo militare completo di tutto il territorio.

In tutto e per tutto, la conquista della Palestina da parte dei sionisti fu una complessa operazione coloniale iniziata, favorita e controllata interamente dagli inglesi.

È’ chiaro che dietro a queste tre operazioni di “colonialismo sostitutivo” – Stati Uniti, Australia e Israele – ci debba essere la stessa mentalità comune di dominio e di superiorità dell’uomo bianco sulle razze inferiori. Questa mentalità, profondamente razzista, è stata sintetizzata al meglio da un pensiero di Winston Churchill, espresso dopo la nascita dello stato di Israele: “Io non mi scuso per il fatto che gli ebrei hanno tolto il controllo della regione ai palestinesi, così come non mi scuso per il fatto che i bianchi hanno tolto l’America ai pellerossa, o per aver tolto l’Australia ai neri. È normale che una razza superiore domini quella inferiore.”

Con un maestro del genere, figuriamoci se mai dovrà sentire il bisogno di scusarsi il suo discepolo più fedele ed esemplare che la storia abbia mai prodotto, Benjamin Netanyahu.

 

 

Massimo Mazzucco

 

 

Una mia considerazione personale

In questa logica, la figura del “Buon Selvaggio”, usata nel Settecento come strumento retorico per criticare la civiltà corrotta europea, viene svuotata e capovolta. Non è più il simbolo di un’umanità pura, ma diventa un ostacolo da rimuovere, una pagina bianca su cui riscrivere una nuova storia, quella del vincitore. Ed è qui che si innestano le tre grandi operazioni coloniali “totali” analizzate da Mazzucco — Stati Uniti, Australia e Israele — dove il colonialismo non si è accontentato di dominare, ma ha voluto sostituire integralmente.

È in questo passaggio dalla conquista al rimpiazzo che si coglie la vera radice del male. Non si tratta più solo di sfruttare territori o popoli, ma di negare loro il diritto stesso di esistere nella storia. È il trionfo della narrativa unica, che cancella, rinomina, rilegge tutto dal punto di vista di chi vince. Un meccanismo antico, ma ancora attuale, che si perpetua finché la verità dei vinti resta sepolta o ridotta al silenzio.
E allora, più che mai, diventa urgente restituire voce a quella memoria negata — non per alimentare rancore, ma per riconoscere il volto umano dell’altro, che la retorica del dominio ha trasformato in “ostacolo”, in problema, in nemico. Solo da lì può nascere una storia che non sia più scritta col sangue della cancellazione. R.A.Q.

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