L’evento politico più importante del nuovo anno è un pistolino che ha sparato

Totò nel film Gli onorevoli (1963)

L’EPOCA DEL TRASH IN POLITICA


Dall’inizio dell’anno l’evento politico più importante che ha diviso media, politici, opposizione e governo, , inteso sia come arma che come persona. Se n’è parlato per giorni. L’episodio in sé non meriterebbe commento se non si inserisse in una lunga scia di dibattiti, talk show, conferenze stampa, interventi parlamentari e dichiarazioni su risvolti banali, episodi trascurabili, pettegolezzi, parole rubate o commenti filtrati nei social, piccole stupidità di piccoli esponenti politici elevati a categoria della politica, spie di una condizione generale, prove di chissà quale svolta autoritaria. Ogni caso privato, individuale e singolare, viene elevato a paradigma ed esempio rappresentativo. Disastro nazionale fu considerato per esempio la fermata straordinaria di un treno per consentire a un ministro di partecipare a una manifestazione pubblica. Minima sciocchezza a cui è stato dato Massimo Rilievo, quasi fosse il segno di un’epoca e la nascita di un regime.

Mi rifiuto di inseguire questa miserabile contabilità e di partecipare a quei dibattiti sul nulla; osservo che siamo entrati nell’età politica del trash. Il trash inteso come immondizia, avanzi indecenti della politica e della comunicazione.

La Repubblica del trash

Qualche anno fa serpeggiava il kitsch, il cattivo gusto, su cui scrissero mirabili pamphlet Hermann Broch e Gillo Dorfles;(1) e di cui si occupò pure Milan Kundera. Eravamo ancora in uno stadio estetico, seppur deteriore; il trash è il passo ancora più in basso, nel volgare e nel banale. Il trash tracima e trascina verso il basso anche coloro che non ne sono veicoli.

Diego Fusaro ha scritto un libro efficace intitolandolo Sinistrash (ed. Piemme),(2) cogliendo in pieno da studioso di sinistra la deriva trascista della sinistra. Non è per cavalleria ma sento il dovere di aggiungere che il dominio del trash è in realtà trasversale: siamo nell’età politica del trash. E il tenore di quei dibattiti prima accennati ne è la spia. Non c’è solo la sinistrash o la destrash ma c’è anche il trash-show, gradino ulteriore del talk show; c’è la comunicazione trash, che copre i vuoti lasciati dalla cultura, dalle idee, dalle analisi. Ci sono gli influencer trash, anche se dettano le mode, e si potrebbe a lungo continuare.

Il trash è il rifiuto organico di quel che un tempo erano i temi e i valori politici. Anche del comunismo e del fascismo restano solo i cassonetti del trash o se volete le loro parodie; trash per esempio è l’Anpi senza fascismo e senza partigiani veri; è come se a destra rifondassero oggi l’opera nazionale combattenti e reduci, in assenza di guerre e milizie al fronte. Cinquant’anni fa Pasolini giudicava l’antifascismo postumo come “ingenuo o stupido, pretestuoso e in malafede; perché dà battaglia o finge di dar battaglia a un fenomeno morto e sepolto”, “un antifascismo di tutto comodo e riposo”.

«L’EGEMONIA CULTURALE DEI GAY»

Per Fusaro la sinistrash ha abbandonato la sua identità sociale e socialista, la sua critica al capitalismo e la sua difesa dei deboli, dei poveri, del popolo, per diventare fucsia, arcobaleno; insegue le nuove soggettività, tra migranti, verdi, LGBT+++; ravana tra gli avanzi del sessantotto libertario e permissivo, su sesso, droga e narcisismo; dimentica il noi comunitario e ogni prospettiva ideale; mette il rossetto a Che Guevara, diventa il braccio politico del capitalismo e del pensiero unico. Si trincera dietro un morto sepolto, il fascismo, che eleva a nemico assoluto; segue nella sua demofobia il neoliberismo e ne diventa la guardia bianca o il maggiordomo. Analisi da condividere, soprattutto in tempo della cappa. Pochi si rendono conto della deriva a sinistra; tra questi Fusaro cita Luca Ricolfi, Federico Rampini e pochi altri, e altri rari casi cita sul versante destro. Nel passato si richiama a Pierpaolo Pasolini e a Costanzo Preve, ma anche ad Augusto del Noce e più di recente ad Alain de Benoist.

Che Guevara LGBT

Pochi anche tra coloro che mantengono uno spirito critico su posizioni liberali; tra i rari casi è giusto citare Dino Cofrancesco che nel suo recente Per un liberalismo comunitario (ed. La Vela)(3) critica l’individualismo liberista che giudica “l’identitarismo il peccato mortale del nostro tempo” e dissente dall’“assolutismo etico” che ispira la cancel culture nel nome del neoilluminismo, applicando l’inaccettabile “principio della retroattività in fatto di morale”. Cofrancesco oppone all’uguaglianza il pluralismo delle differenze, e avverte: il conservatorismo negato riemerge in forme barbariche. Notevole anche un’osservazione che andrebbe approfondita: “le destre hanno perso la partita in occidente, non in altre parti del mondo”.

«DA DOVE NASCE LA CANCEL CULTURE?»

Secondo Fusaro la sinistra è passata da Marx a Nietzsche; in realtà sembra passata, insieme con la sua epoca, all’ultimo uomo nietzscheano, abdicando verso il transumano nella prospettiva dell’intelligenza artificiale. Ma l’orizzonte, lo ripetiamo, è epocale e non solo riservato alla sinistra; anche se il woke, il politically correct e la cancel culture albergano in prevalenza a sinistra. Nelle società autoritarie, notava Spengler citato da Fusaro, “non era permesso a nessuno di pensare liberamente; ora sarebbe permesso ma nessuno ne è più capace”, pensa ciò che viene prescritto di pensare. Il trash è liberista in economia, centrista in politica e di sinistra in tema di costume e ideologia. Esecra il populismo, detesta la sovranità, rigetta ogni fedeltà identitaria, disconosce ogni tradizione e ogni legame naturale e sociale. Non riconosce più eroi, santi o grandi ma venera solo le vittime, o presunte tali, fino a fondare una religione del vittimismo universale, di genere e di categoria (vittimista a suo modo è anche la destra).

Fusaro confida in una “nuova connessione sentimentale” con le masse nazionali-popolari e non disdegna l’ipotesi di un populismo socialista. Lui è giovane e ha il diritto e il dovere di confidare nella storia ventura. Lo stadio trash, però, non è reversibile, è difficile immaginare che i rifiuti possano tornare integri e vivi; si può aspirare al più al compostaggio… Ma la storia, la vita, il mondo riservano sorprese, l’uomo a volte è imprevedibile. E talvolta nei rifiuti si ritrova pure un neonato abbandonato…

La Verità 7 gennaio 2024

 

 

 

 

Approfondimenti del Blog

(1)

 

 

 

 

Descrizione

Una pietra miliare della riflessione estetica contemporanea. Un viaggio tra arte, mito, cinema, politica e vita quotidiana.

Una nuova luminosa edizione per uno dei testi classici del Novecento che hanno rivoluzionato il modo di concepire l’arte e il campo più esteso e vivo dell’estetica quotidiana. Quando nel 1968 Gillo Dorfles pubblica un volume dedicato al fenomeno del kitsch, la parola stessa, attinta dalla lingua tedesca, era ignota fuori dell’area germanofona. Ma se la parola era poco diffusa, i prodotti e i comportamenti che si caratterizzavano per il loro (più o meno deliberato) cattivo gusto sciamavano dappertutto, sconfinando l’ambito artistico per insinuarsi in ogni aspetto della vita contemporanea, dal design alla comunicazione, dalla moda all’arredamento, dallo sport allo spettacolo. Secondo Dorfles il kitsch non è però un concetto atemporale, legato com’è all’idea di riproducibilità tecnica che si è venuta affermando con la seconda rivoluzione industriale. Prima non sono mancate situazioni in cui il processo di creazione artigianale raggiungeva un certo grado di serialità, ma senza dubbio la moltiplicazione e la diffusione tipiche delle tecnologie moderne hanno impresso al fenomeno una vitalità inarrestabile, e subdolamente maliziosa. È questa infatti l’essenza del kitsch, esclusi certi suoi usi in chiave umoristica: gratificare l’utente con un senso di artisticità facile, superficiale, e in definitiva artefatta, per manipolare la sua coscienza a uso delle varie propagande (politica, religiosa, consumistica). Pur acutamente critica, l’analisi di Dorfles resta sempre curiosa, eclettica e rispettosa degli altri, attenta a non inciampare nel moralismo e nel distinguere, all’interno di un fenomeno così vasto e ormai “naturale”, le sue varie sfumature e componenti. Il Kitsch. Antologia del cattivo gusto rappresenta perciò una pietra miliare della riflessione estetica contemporanea, proprio perché oggi dominata dal suo apparente contrario, il buon gusto imposto dal postmoderno che fa della contraffazione stessa un’arte.

(2)

 

 

 

Descrizione

Diego Fusaro, filosofo decisamente controcorrente, non fa nessuno sconto alla sinistra italiana e internazionale attuale. Ma la via d’uscita non approda certo a destra: oggi più che mai, secondo l’autore, bisogna superare quest’antica dicotomia, recuperando invece le idee del socialismo e dell’anticapitalismo.

Come il Mattia Pascal di Pirandello, anche la sinistra ha ritenuto possibile cambiare la propria identità. Ha scelto di vivere una “nuova vita” spezzando ogni rapporto con la precedente. Ha metabolizzato lo sguardo di chi sembra odiare la gente comune, divorziando dal popolo e dai lavoratori. La lotta contro il capitale è stata sostituita da quella per il progresso, che finisce per identificarsi nel capitale stesso. La battaglia contro l’imperialismo è stata spodestata da quella in suo nome, sia pure sotto la vernice ideologica dei “diritti umani” da esportazione. Lo vediamo nelle dichiarazioni di tutti i giorni, sulla guerra, sulle riforme economiche, su tutte le grandi questioni contemporanee. La formula “sinistrash” rende impietosamente conto di quello che la sinistra è divenuta dimenticando ciò che era e, infine, facendosi grottesca parodia di ciò che in un’altra epoca avversava. E PC ha cessato di essere la sigla del Partito Comunista per diventare quella del codice Politicamente Corretto, di cui la ‘new left’ è custode. È diventata la guardia fucsia del nuovo e sempre più asimmetrico ordine turbocapitalistico e l’ala avanzata della neoliberalizzazione del mondo della vita. Di qui l’esigenza vitale di abbandonare la sinistrash al suo inglorioso percorso per rifondare su nuove basi – con Marx e con Gramsci – l’idea di emancipazione universale dell’uomo. Diego Fusaro, filosofo decisamente controcorrente, non fa nessuno sconto alla sinistra italiana e internazionale attuale. Ma la via d’uscita non approda certo a destra: oggi più che mai, secondo l’autore, bisogna superare quest’antica dicotomia, recuperando invece le idee del socialismo e dell’anticapitalismo.

(3)

 

 

 

Descrizione

L’universalismo etico-giuridico e quello economico stanno erodendo le radici della comunità nazionale. Si ritiene che il diritto, oggi, possa essere solo cosmopolitico, e pertanto non possa legittimare le frontiere di Stati che riservano la cittadinanza a un gruppo sociale e ne escludono tutti gli altri. L’economia di mercato, a sua volta, obbedisce a codici che travalicano anch’essi i confini nazionali: si compra – anche forza lavoro – dove è più conveniente e si vende dove sono previsti i più alti profitti. Diritto, finanza e industria, al pari delle scienze, hanno come teatro il mondo. L’alleanza tra gli eredi di Voltaire e i seguaci di Adam Smith, però, ha svuotato di ogni contenuto spirituale la “comunità di destino” che garantiva un tempo sicurezza e identità etico-sociale. Ogni difesa del “particolare” appare ormai come la via, talora persino lastricata di buone intenzioni, che porta agli Inferi. Non era questa la visione del liberalismo classico ottocentesco, per il quale la comunità politica era la base terrena su cui edificare le istituzioni civili e che, in quanto tale, doveva essere preservata e rinvigorita di continuo.

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Controllate anche

«MA È ANCORA POSSIBILE PENSARE L’ITALIA?»

"Riflettere sull’identità e il futuro del Paese: ma è ancora possibile pensare l’Italia?" …