[stextbox id=’custom’ mode=’undefined’ color=’1839cc’]Al vero Gabbiano Jonathan
che vive nel profondo di noi tutti[/stextbox]

Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach è un romanzo breve in cui il protagonista è un volatile che si sente diverso dagli altri e come scopo nella vita non ha solo quello di procacciarsi il cibo, come tutti i suoi compagni, ma desidera imparare l’arte del volo per scoprire tutti i segreti e raggiungere la perfezione.

Questa sua passione però è incompresa sia dalla famiglia, che cerca di spiegargli l’importanza di mangiare, per non ridursi penne ed ossa come sta succedendo a Jonathan, sia dagli amici, che con il tempo cominciano ad escluderlo dallo Stormo Buonappetito.

Il gabbiano Jonathan Livingston per quanto si sforzi di sembrare simile agli altri e provare a dedicarsi solo alla ricerca del cibo, non riesce ad accontentarsi e continua a desiderare la perfezione del volo, riuscendo sempre di più a fare acrobazie fuori dal comune. Questo suo amore per il volo però lo porta all’esilio, il Consiglio degli Anziani, infatti, lo bolla come reietto e il gabbiano viene allontanato dallo Stormo Buonappetito.

Fuori dal gruppo, Jonathan non può fare altro che continuare nella sua impresa e trascorre tutto il tempo che ha ad esercitarsi, ed è proprio durante una delle sue esercitazioni che incontra due gabbiani dalle piume splendenti che volteggiano nell’aria e lo convincono ad andare con loro nel Paradiso dei Gabbiani, dove c’è molto da imparare sul volo per raggiungere la perfezione. Lì incontra Sullivan, che oltre a diventare suo amico è il suo mentore, e lo aiuta a carpire i segreti del volo e della vita.

Jonathan Livingston impara velocemente, ma sente sempre il suo corpo come un limite per raggiungere il suo scopo, ed è per questo che chiede al gabbiano più anziano, Chang, di insegnargli a volare alla velocità del pensiero, per riuscire a oltrepassare la soglia del «qui ed ora«.

Il gabbiano riesce anche in questo, ma nel frattempo Chang passa al Paradiso superiore lasciandogli un testamento in cui gli spiegherà che l’importante per raggiungere la perfezione non sta nel volo in sé, ma nel cogliere il segreto dell’amore.

A quel punto Jonathan decide di ritornare a casa, per insegnare ai suoi vecchi amici dello Stormo Buonappetito ciò che lui ha imparato. Ma prima di rientrare nel suo cielo incontra sul suo cammino Flethcher, un gabbiano reietto molto simile a lui, che diventa il suo discepolo.

Quando decide di tornare finalmente a casa, tutti apprezzano le doti, considerate ormai divine di Jonathan, ne restano affascinati, e lui capisce quale sia la sua vera strada, quella da seguire.

Lo scrittore Richard Bach nel libro Il gabbiano Jonathan Livingston riesce a spiegare quanto sia importante vivere pienamente le proprie passioni, anche quando non vengono capite o condivise e ci mostra il sentimento di libertà, che è insito in ognuno di noi, uomo o animale, sentimento che non deve essere trascurato, ma che anzi va curato per farci sentire appagati.

Il gabbiano Jonathan Livingston è un piccolo romanzo che quindici anni fa circa è diventato un bestseller e la maggior parte dei ragazzi si appassionò a questa storia.

   L’autore

Richard David Bach è uno scrittore e un pilota d’aereo statunitense che vive a Seattle. Discendente di Johann Sebastian Bach, si laurea all’università della California prima di iniziare la carriera di scrittore.

Nato a Oak Park, Illinois il 23 giugno 1936.

Dopo anni di collaborazione con varie riviste, tra cui soprattutto periodici specializzati in aviazione, come l’americana «Flying«, raggiunge un’immensa popolarità con il suo primo romanzo, Il gabbiano Jonathan Livingston, pubblicato negli Stati Uniti nel 1973 e successivamente tradotto in decine di paesi. Bach ha avuto sei figli dalla sua prima moglie, Bette, da cui ha divorziato nel 1970. Suo figlio Jonathan, giornalista, ha scritto un libro in cui analizza il controverso rapporto con il padre: «A Reunion of Father and Son« (1993).

Nel 1973, durante la lavorazione del film tratto dal libro Il gabbiano Jonathan Livingston, conobbe l’attrice Leslie Parrish, che diventerà, nel 1977, la seconda moglie. Nel 1999, Bach ha poi divorziato anche da lei, per risposarsi nell’aprile dello stesso anno con Sabryna Nelson-Alexopoulos.

Il 1º settembre 2012 ebbe un incidente con il proprio idrovolante e venne ricoverato in ospedale in gravi condizioni. Lo scrittore si stava recando in visita a un amico sull’isola di San Juan nello Stato di Washington, quando il velivolo, durante l’atterraggio, ha agganciato un cavo elettrico, abbattendosi al suolo. Dopo quattro mesi venne dimesso dall’ospedale. Da questa esperienza Bach racconta di aver avuto l’ispirazione per il completamento della quarta parte de Il gabbiano Jonathan Livingston, originalmente pubblicata in tre sezioni.

Altre opere fondamentali sono Straniero alla terra (Stranger to the Ground, 1963), Biplano (Biplane, 1966), Niente per caso (Nothing by Chance, 1969), Il gabbiano Jonathan Livingston (Jonathan Livingston Seagull, 1970), Un dono d’ali (A Gift of Wings, 1974), Nessun luogo è lontano (There’s No Such Place As Far Away, 1976). Illusioni: Le avventure di un messia riluttante (Illusions: The Adventures of a Reluctant Messiah, 1977). L’ultima sua opera è stata: Il Cielo Ti Cerca (Hypnotizing Maria, 2009).

Ha un sito internet dall’inizio degli anni 90 con una sezione in cui usa rispondere personalmente alle mail con le domande dei lettori.

   Alcuni passaggi.

Al levar del sole, Jonathan era di nuovo là che si allenava. Visti da mille e più metri, i pescherecci sembravano scagliuzze nella glauca distesa delle acque, lo Stormo Buonappetito come un indistinto nugolo di volteggianti atomi di polvere.

(pg. 11)

Ma lo Stormo pareva di sasso, tant’era impassibile. «Non abbiamo più nulla in comune, noi e te», intonarono in coro i gabbiani, e, con fare solenne, sordi alle sue proteste, gli voltarono tutti la schiena.

(pg. 14)

I gabbiani della costa, una dozzina, gli volarono incontro, ma nessuno di loro disse niente. Tuttavia, lui avvertì che era il benvenuto, e che lì era di casa. Era stato un gran giorno, per lui, quello, un giorno di cui però non ricordava l’aurora. Virò per atterrare sulla spiaggia. Si sostenne un istante battendo le ali, a un centimetro dal suolo, poi lieve si posò sopra la sabbia. Gli altri gabbiani atterrarono anch’essi, ma nessuno di loro batté neanche una piuma.

(pg. 20)

Jonathan volteggiava lentamente sopra le Scogliere Remote, e osservava il suo discepolo. Fletcher Lynd, giovane e acerbo, era quasi perfetto come allievo. Era forte e leggero e veloce e, quel che più contava, era divorato dalla passione del volo.

(pg. 34)

«Ma di’ un po’, come fai ad amare una tale marmaglia di uccelli che ha tentato addirittura d’ammazzarti?»

«Oh, Fletch, non è mica per questo che li ami! E’ chiaro che non ami la cattiveria e l’odio, questo no. Ma bisogna esercitarsi a discernere il vero gabbiano, a vedere la bontà che c’è in ognuno, e aiutarli a scoprirla da se stessi, in se stessi. E’ questo che io intendo per amore. E ci provi anche gusto, una volta afferrato lo spirito del gioco.»

(pg. 44)

   Come inizia…

Era di primo mattino,

e il sole appena sorto luccicava tremolando sulle scaglie del mare appena increspato.

A un miglio dalla costa un peschereccio arrancava verso il largo. E fu data la voce allo Stormo. E in men che non si dica tutto lo Stormo Buonappetito si adunò, si diedero a giostrare ed accanirsi per beccare qualcosa da mangiare. Cominciava così una nuova dura giornata.

Ma lontano di là soletto, lontano dalla costa e dalla barca, un gabbiano si stava allenando per suo conto: era il gabbiano Jonathan Livingston. Si trovava a una trentina di metri d’altezza: distese le zampette palmate, aderse il becco, si tese in uno sforzo doloroso per imprimere alle ali una torsione tale da consentirgli di volare lento. E infatti rallentò tanto che il vento divenne un fruscìo lieve intorno a lui, tanto che il mare ristava immoto sotto le sue ali. Strinse gli occhi, si concentrò intensamente, trattenne il fiato, compì ancora uno sforzo per accrescere solo… d’un paio… di centimetri… quella… penosa torsione e… D’un tratto gli si arruffano le penne, entra in stallo e precipita giù̀.

I gabbiani, lo sapete anche voi, non vacillano, non stallano mai. Stallare, scomporsi in volo, per loro è una vergogna, è un disonore.

Ma il gabbiano Jonathan Livingston – che faccia tosta, eccolo là che ci riprova ancora, tende e torce le ali per aumentarne la superficie, vibra tutto nello sforzo e patapunf stalla di nuovo – no, non era un uccello come tanti.

La maggior parte dei gabbiani non si danno la pena di apprendere, del volo, altro che le nozioni elementari: gli basta arrivare dalla costa a dov’è il cibo e poi tornare a casa. Per la maggior parte dei gabbiani, volare non conta, conta mangiare. A quel gabbiano lì, invece, non importava tanto procurarsi il cibo, quanto volare. Più d’ogni altra cosa al mondo, a Jonathan Livingston piaceva librarsi nel cielo.

Ma a sue spese scoprì che, a pensarla n quel modo, non è facile poi trovare amici, fra gli altri uccelli. E anche i suoi genitori arano afflitti a vederlo così: che passava giornate intere tutto solo, dietro i suoi esperimenti, quei suoi voli planati a bassa quota, provando e riprovando.

Non sapeva spiegarsi perché ad esempio, quando volava basso sull’acqua, a un’altezza inferiore alla metà della sua apertura alare, riusciva a sostenersi più a lungo nell’aria e con meno fatica. Concludeva la planata, lui, mica con quel solito tuffo a zampingiù nel mare, bensì con una lunga scivolata liscia liscia, sfiorando la superficie con le gambe raccolte contro il corpo, in un tutto aerodinamico. Quando poi si diede a eseguire planate con atterraggio a zampe retratte anche sulla spiaggia (e a misurare quindi, coi suoi passi, la lunghezza di ogni planata) i suoi genitori si mostrarono molto ma molto sconsolati.

«Ma perché, Jon, perché?» gli domandò sua madre. «Perché non devi essere un gabbiano come gli altri, Jon? Ci vuole tanto poco! Ma perché non lo lasci ai pellicani il volo radente? agli albatri? E perché non mangi niente? Figlio mio, sei ridotto penne e ossa!»

«Non m’importa se sono penne e ossa, mamma. A me importa soltanto imparare che cosa si può fare su per aria, e cosa no: ecco tutto. A me preme soltanto di sapere.»

«Sta un po’ a sentire, Jonathan», gli disse suo padre, con le buone. «Manca poco all’inverno. E le barche saranno pochine, e i pesci nuoteranno più profondi, sotto il pelo dell’acqua. Se proprio vuoi studiare, studia la pappatoria e il modo di procurartela! Sta faccenda del volo è bella e buona, ma mica puoi sfamarti con la planata, dico bene? Non scordarti, figliolo, che si vola per mangiare.»

Jonathan assentì, obbediente. Nei giorni successivi cercò quindi di comportarsi come gli altri gabbiani. Ci si mise di buona volontà. E, gettando strida, giostrava, torneava anche lui con lo Stormo intorno ai moli, intorno ai pescherecci, tuffandosi a gara per acchiappare un pezzo di pane, un pesciolino, qualche avanzo. Ma a un certo punto non ne poté più.

Tutto questo non ha senso, si disse: e lasciò cadere, apposta, un’acciuga duramente conquistata, se la pappasse quel vecchio gabbiano affamato che lo seguiva. Qui perdo tempo, quando potrei impiegarlo invece a esercitarmi! Ci sono tante cose da imparare.

 

 

Il gabbiano Jonathan Livingston” – di Richard Bach (1977). Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli Copertina flessibile: 112 pagine

 

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