Una lingua “morta” che però continua a godere di ottima salute. Quante volte, nel parlare e nello scrivere, adoperiamo termini latini o di provenienza latina?
Do ut des.
Io do affinché tu dia. Con tre parole la lingua latina, con cinque quella italiana (la figlia è più chiacchierona della madre) riassumono il comportamento dell’egoista, che è quella persona che pensa solo per sé, mentre noi vorremmo che pensasse solo per noi. L’equivalente nostrano è «una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso». Ma forse è verità eccessiva parlare
di egoismo biecamente calcolatore. Il fatto è che la società, la vita stessa si reggono su una rete di scambievoli aiuti e favori, che fatti alla luce del sole si chiamano solidarietà, orditi sottobanco si chiamano complicità. Consiglio pratico: quando si riceve un favore, sdebitarsi subito, altrimenti si corre il rischio che il benefattore ci chieda il contraccambio dopo anni, con gli interessi composti.
Agli antipodi del do ut des sta il dannunziano «Io ho quel che ho donato», il cui francescano altruismo veniva smentito dallo stesso poeta, ogni volta che chiedeva all’editore fortissimi anticipi.
Continua…
antonio rapelli
1 Aprile 2017 a 7:29
Che bello questo articolo! Mi ha fatto scoprire quanto è bello il latino! Peccato farlo in tarda età. Sto leggendo con interesse un bel libro del Prof. Nicola Gardini “Viva il latino-Storia e bellezza di una lingua inutile” in cui l’autore dice che la sua vita si è allungata di secoli grazie a questa lingua e, a suo parere, “una parola italiana vale almeno il doppio. Sotto il giardino della lingua quotidiana c’è il tappeto delle radici antiche”.
Approfitto per ringraziarti di avermi fatto conoscere gli interessanti articoli di M. B. che mi hanno fatto scoprire ancora una volta quanto sia difficile stabilire la verità e, guarda caso, a proposito del latino e della verità, mi sono ricordato di una celebre richiesta fatta da Pilato a Gesù:”Quid est veritas?” alla quale Gesù non rispose affatto in quanto la risposta era già implicita nella domanda. Infatti l’anagramma risulta: “Est vir qui adest” (è l’uomo qui davanti a te). Lo scioglimento dell’anagramma è attribuito da secoli ad Agostino d’Ippona.
Riccardo Alberto Quattrini
2 Aprile 2017 a 16:50
Ciao Antonio. Naturalmente seguiranno altri pezzi su questa meravigliosa lingua, purtroppo poco studiata. Riguardo a Agostino d’Ippona. Da Pilato Gesù, non si poteva certamente aspettare (e per giunta in un momento tanto concitato), che si mettesse ad anagrammare la sua stessa domanda, sarebbe assurdo, ma verosimilmente Gesù potrebbe aver pensato una cosa del genere:
«Se non hai ancora capito, anche dopo tutti i miracoli che ho compiuto, che proprio Io, che ti sto dinanzi, sono la verità, che senso ha risponderti?!». È indubbiamente una considerevole metafora che dovrebbe farci riflettere sull’attendibilità di certe notizie. Se vuoi, ora, puoi iscriverti al blog. Basta andare in alto a dx e digitare la mail. Poi, una volta ricevuta l’approvazione via mail, confermarla. Così ogni nuovo articolo ti verrà reso noto. Ancora un grazie e un abbraccio.
Riccardo
Riccardo Alberto Quattrini
4 Aprile 2017 a 16:32
Ciao Antonio. Naturalmente seguiranno altri pezzi su questa meravigliosa lingua, purtroppo poco studiata. Riguardo a Agostino d’Ippona. Da Pilato Gesù, non si poteva certamente aspettare (e per giunta in un momento tanto concitato), che si mettesse ad anagrammare la sua stessa domanda, sarebbe assurdo, ma verosimilmente Gesù potrebbe aver pensato una cosa del genere:
«Se non hai ancora capito, anche dopo tutti i miracoli che ho compiuto, che proprio Io, che ti sto dinanzi, sono la verità, che senso ha risponderti?!». È indubbiamente una considerevole metafora che dovrebbe farci riflettere sull’attendibilità di certe notizie. Se vuoi, ora, puoi iscriverti al blog. Basta andare in alto a dx e digitare la mail. Poi, una volta ricevuta l’approvazione via mail, confermarla. Così ogni nuovo articolo ti verrà reso noto. Ancora un grazie e un abbraccio.
Riccardo