Una lingua “morta” che però  continua a godere di ottima salute. Quante volte, nel parlare e nello scrivere, adoperiamo termini latini o di provenienza latina?

Dura lex sed lex.

La legge è dura, ma è la legge. È il principio basilare della civiltà giuridica, che postula l’obbedienza affinché sia garantito il bene comune, cui le leggi, almeno presuntivamente, mirano. L’obbedienza dei singoli alle leggi assicura la libertà di tutti, altrimenti si cade nell’anarchia. L’esempio più eroico di obbedienza alle leggi resta Socrate. Condannato a morte innocente, si oppose ai tentativi dell’amico Critone di farlo fuggire dal carcere, perché il buon cittadino, spiegò, deve obbedire alle leggi. Sempre. Anche se sono a suo danno. E a chi protestava perché i giudici lo avevano condannato innocente, disse: «Avreste preferito che morissi colpevole?» Chi non rispetta una legge non può dire «Non sapevo che esistesse». Ignoràintia lègis non exùsat, l’ignoranza della legge non giustifica. Si è obbligati a rispettarla anche non conoscendola. E la situazione diventa dura, molto più dura della legge, nei Paesi dove si sfornano leggi, decreti, ordinanze e circolari a ritmo industriale. Perché la Natura funziona e gli Stati un po’ meno? Perché essa ha meno leggi. Tuttavia in Italia il loro vertiginoso numero trova un sapiente antidoto nel generare lassismo e nella diffusa disobbedienza. Siccome buona parte delle leggi che si fanno sono inutili o dannose, la disobbedienza degli italiani, non più un vizio bensì una virtù, aiuta il Paese a tirare avanti.

(vedi Ignorantia legis non excusat

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