Quando l’alba dissolve le paure della notte, è meno terribile di ciò che la nostra mente ha sognato

L’EUROPA DELLA CATASTROFE

di Il Simplicissimus

“Quella notte, il buio della sua stanza divenne la tela per gli incubi più spaventosi: figure indistinte si muovevano come ombre pesanti, soffocandogli il respiro, mentre un senso di impotenza lo inchiodava al letto. Ogni tentativo di urlare svaniva in un silenzio opprimente, e il terrore prendeva forma, divenendo una realtà dal quale non c’era via di fuga.”


Quando ci si sveglia dopo un incubo, si prova un grande sollievo perché capiamo che la realtà è un altra, meno drammatica o forse solo più addomesticata e conosciuta. Però capiterà sempre meno perché l’incubo è quello che viviamo e non vedremo l’ora di sognare qualcosa di diverso da questo inferno del contrappasso storico. In un girone vediamo il presidente di quella che era considerata – peraltro a torto marcio – la democrazia guida dell’Occidente, concede la grazia il proprio figlio dopo una condanna per corruzione, guarda caso attuata proprio in un Paese, l’Ucraina, dove egli ha scatenato una sanguinosissima guerra. L’Europa decreta, senza nemmeno uno straccio di prova, che le elezioni in Georgia non sono valide e la stessa cosa farà per la Romania: se la gente di questi Paesi non vuole la guerra con la Russia, ecco allora che non sono democratici. E il cahier de doléances potrebbe continuare a lungo perché i sogni, così come gli incubi non hanno la logica della realtà.

Dopo il fallimento di Northvolt, chi produrrà le batterie EV in Europa?

Così, tanto per fare un esempio tra mille, quel sinedrio di cinici imbecilli che governa Bruxelles, non solo ha rinunciato all’energia a basso costo della Russia, ma vuole fare un’insensata guerra commerciale alla Cina, tanto per stendersi ancora di più a tappetino nei confronti di Washington. Contemporaneamente però adotta un’agenda pseudo verde – in realtà un’agenda neofeudale – nella quale possono credere solo i QI al disotto della temperatura ambiente, in cui impone in tempo brevi auto elettriche ed energie alternative, la cui tecnologia proviene al 90 per cento dalla Cina. È notizia di qualche giorno fa che la società svedese Northvolt ha presentato istanza di fallimento: si tratta del maggior produttore di batterie per trazione automobilista in Europa, oltre che un importante concorrente del settore sia in Usa che in Canada. Anzi rappresentava la sfida che il continente europeo aveva lanciato ai suoi concorrenti asiatici e che è stata persa in maniera clamorosa: l’azienda svedese non ha mai decollato come centro progettuale ed era ovvio che fosse così vista la decisione pazzesca di arrivare al tutto elettrico in dieci anni. Lavorava grazie alle equipe tecniche cinesi e tutti macchinari della linea produttiva provenivano dall’ex celeste impero. Che dire? Forse non esiste un insulto che sia all’altezza di questo raccapricciante modus operandi.

Non si tratta di semplici errori quanto dell’esito terminale di una costruzione europea guidata dagli Usa fin dal 1949, prima attraverso la Nato, poi mediante un costrutto politico nato a Maastricht  e chiamato Ue, il cui scopo era attuare la sudditanza in campo politico che si è concretata con una continua battaglia contro le sovranità nazionali che sono invece la base della rappresentatività democratica, in modo che le oligarchie di comando  potessero aderire alle volontà del padrone di Oltre Atlantico senza il problema del consenso. Questo ha permesso di fare scelte assurde del tutto contrarie agli interessi dei Paesi presi al laccio in queste trappole e del continente in generale che si avvia al proprio suicidio. E non soltanto: le scelte sono state tutte contro il lavoro e i suoi diritti per favorire il capitale e il suo sistema di sfruttamento: vedere Landini fare la voce grossa, dopo trent’anni di calate di braghe è uno spettacolo davvero indecente.

Chiamare tutto questo democrazia è un affronto alla storia e persino al buon senso. La democrazia presuppone, lo stato di diritto che è ormai aggredito dall’interno, il mantenimento imparziale della legge e dell’ordine, un’informazione libera e plurale, libertà di parola, libertà di azione e libertà di movimento. Una democrazia non è affatto il tipo di “società aperta” in cui solo i ladri come George Soros possono fare ciò che vogliono senza mai essere costretti a rispondere delle loro azioni. La frequenza odiosa e la nauseante insistenza con cui i politici europei si riferiscono alla “nostra democrazia” sono di per sé un’indicazione che una tale democrazia non è altro che un’illusione.

A forza di assurdità e di scelte volte a fini molto diversi da quelli ufficialmente fatti balenare attraverso un sistema di media irregimentati, la questione politica si salda ormai con quella della sopravvivenza. Ma quando ciò si incarna in movimenti popolari – naturalmente sempre accusati di essere di estrema destra. come se chi dà queste definizioni sapesse di cosa sta parlando e quasi sempre non ne ha proprio la minima idea – si arriva alla repressione che si attua in ogni contesto della vita e del discorso pubblico. Ecco perché la scelta della democrazia, dei suoi strumenti, del ritorno ai bisogni dopo l’orgia dei desideri, oggi è necessariamente una scelta rivoluzionaria. O vogliamo aspettare la catastrofe sul divano?

Redazione

 

 

 

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