Come la letteratura e la filosofia si incontrano nel tema dell’illusione e della verità
L’ILLUSIONE E LA REALTÀ NELLA LETTERATURA: TRA ANNA MARIA ORTESE E LE UPANISHAD
Redazione Inchiostronero
Quando la percezione inganna: dal realismo magico di Ortese alla filosofia indiana
L’illusione della realtà: “L’Iguana” di Anna Maria Ortese e la sapienza delle Upanishad(1)
Esistono romanzi che, più di altri, sembrano svelare il velo di Maya, quel sottile drappo che separa la realtà dalla sua illusione. L’Iguana(2) di Anna Maria Ortese (1965) è uno di questi. Con una scrittura sospesa tra realismo magico e allegoria filosofica, l’opera ci pone di fronte a una delle domande più antiche della letteratura e della filosofia: ciò che vediamo è reale o è solo una proiezione delle nostre convinzioni?

L’illusione, da sempre, è una delle grandi tematiche della letteratura e della filosofia. Le antiche civiltà, dagli Egizi ai Greci, fino ai pensatori orientali, hanno cercato di comprendere i meccanismi della percezione e del fraintendimento della realtà. Il velo di Maya, concetto cardine del pensiero induista, descrive la condizione umana come immersa in un’illusione sensoriale che impedisce di cogliere la verità ultima dell’esistenza. Allo stesso modo, Platone con il mito della caverna spiegava come gli uomini vedano solo ombre della realtà, scambiandole per la verità.
Questa problematica è centrale anche nell’opera di Ortese, che attraverso il personaggio dell’Iguana – creatura sospesa tra il regno animale e quello umano – gioca sul confine tra ciò che è reale e ciò che è proiezione di un immaginario collettivo condizionato da stereotipi e preconcetti. Il romanzo diventa così un laboratorio filosofico, in cui il lettore è chiamato a interrogarsi sul valore della percezione e sulla fallibilità dello sguardo umano.
Rileggendo questo passaggio delle Upanishad, il senso di inquietudine e rivelazione si fa ancora più forte:
“Un uomo che non conosce la Verità immagina: ‘Io sono vivo’. Proprio come si scambia una corda per un serpente o un bastone ingioiellato per una preziosa verga.”
Questo antico insegnamento della filosofia indiana ci invita a riflettere sulla natura dell’inganno percettivo: l’essere umano, prigioniero della propria ignoranza, scambia l’apparenza per realtà, l’ombra per la sostanza. Il serpente che non è un serpente, la verga che sembra preziosa ma non lo è, sono esempi della continua deformazione della realtà che avviene attraverso i sensi e la mente. Questa incapacità di vedere oltre il visibile è alla base della tragedia del protagonista de L’Iguana: Don Carlo Ludovico,(3) uomo colto e razionale, giunge su un’isola misteriosa dove tutto sfida la sua comprensione. Egli osserva l’Iguana con occhi abituati a catalogare, a ordinare il mondo in categorie fisse, ma ciò che ha di fronte sfugge alle sue definizioni.
Ortese costruisce la sua narrazione attraverso uno sguardo straniante, che obbliga il lettore a condividere lo spaesamento del protagonista. Don Carlo, inizialmente, percepisce l’Iguana come un fenomeno grottesco, un errore della natura, una mostruosità. Solo progressivamente, e attraverso il confronto con il suo stesso turbamento, comincia a intravedere qualcosa di più profondo. Ma è davvero la realtà dell’Iguana a cambiare o è il suo sguardo a mutare?
La letteratura ha spesso giocato su questo concetto: l’idea che la realtà non sia un dato oggettivo, ma una costruzione dello sguardo che la interpreta. Da Don Chisciotte che scambia mulini per giganti, a Gatsby che crede in un amore ormai sfumato nel tempo, fino a Gregor Samsa che si risveglia insetto senza mai mettere in discussione la propria identità interiore, i grandi romanzi ci ricordano quanto fragile e fallace sia la nostra percezione del mondo.
Ma cosa accade quando tale errore si insinua nella letteratura? L’illusione non è solo un tema filosofico: è una strategia narrativa, un dispositivo attraverso il quale il romanziere costringe il lettore a un atto di riflessione. L’opera di Ortese non fornisce risposte definitive, ma semina dubbi, obbligandoci a riconoscere che la realtà, forse, non è altro che una trama di illusioni tessute dai nostri stessi occhi.
L’Iguana e l’illusione dello sguardo occidentale
Il protagonista de L’Iguana, il giovane e facoltoso Don Carlo Ludovico, approda su un’isola sconosciuta, San Lorenzo, dove incontra una creatura peculiare: l’Iguana, un essere che sembra oscillare tra il regno animale e quello umano. Il romanzo si muove tra sogno e realtà, tra ciò che è tangibile e ciò che è immaginato, in un crescendo di tensione simbolica. Don Carlo vede in lei prima un fenomeno curioso, poi un’anomalia, infine una creatura capace di soffrire e provare sentimenti. La sua percezione muta gradualmente, rivelando come il vero viaggio non sia quello geografico, ma quello interiore.
Il rapporto tra Don Carlo e l’Iguana si sviluppa attraverso una serie di fasi che riflettono il processo di decolonizzazione dello sguardo. In un primo momento, Don Carlo osserva l’Iguana come un oggetto esotico, un fenomeno curioso e quasi folkloristico. Il suo sguardo è quello dell’occidentale che, di fronte all’ignoto, tenta di interpretarlo attraverso i parametri della propria cultura, senza coglierne l’essenza autentica. Questo atteggiamento rievoca l’approccio degli esploratori europei nei confronti delle culture indigene, viste spesso come primitive o incomprensibili.
Con il tempo, però, la figura dell’Iguana si carica di un valore diverso: Don Carlo inizia a percepirla come un’anomalia, una creatura al di fuori dell’ordine naturale stabilito. Il suo turbamento non deriva solo dalla sua apparenza ambigua, ma dalla sfida che essa rappresenta nei confronti del suo sistema di credenze. L’Iguana è qualcosa che non può essere catalogato con certezza, e proprio questa sua indefinibilità destabilizza il protagonista. L’Occidente, nella sua tradizione filosofica e scientifica, ha sempre cercato di etichettare e classificare il mondo, mentre l’Iguana sfugge a ogni tentativo di definizione. Questo la rende, al tempo stesso, affascinante e minacciosa.
L’ultimo stadio del rapporto tra Don Carlo e l’Iguana è il più complesso e significativo: l’empatia. Dopo averla osservata con distacco e poi con disagio, egli inizia a riconoscere in lei una sofferenza autentica. Questa trasformazione segna il passaggio da uno sguardo oggettificante a uno sguardo umano. L’Iguana non è più un’anomalia da interpretare, ma un essere vivente con cui stabilire una relazione. Questo processo riflette il superamento delle barriere culturali e il riconoscimento dell’altro come individuo dotato di dignità e valore.
In questa parabola, l’Upanishad citata trova un riflesso evidente: proprio come l’uomo comune scambia una corda per un serpente, Don Carlo è vittima del suo sguardo condizionato, che inizialmente gli impedisce di riconoscere la realtà dell’Iguana. Solo attraverso il turbamento e l’empatia, egli inizia a interrogarsi sulla natura dell’essere che ha di fronte. La verità si manifesta non come un dato immediato, ma come una rivelazione progressiva. Questo concetto richiama anche le idee di filosofi occidentali come Friedrich Nietzsche, che affermava che “non esistono fatti, solo interpretazioni”, e Michel Foucault, il quale ha studiato i modi in cui il sapere occidentale ha costruito l’immagine dell’alterità.
Ornando l’Iguana di un’aura di mistero e ambiguità, Ortese mette in discussione la visione eurocentrica della realtà e della conoscenza. La sua opera può essere letta come una critica alla mentalità coloniale, che si manifesta non solo attraverso il dominio politico ed economico, ma anche attraverso lo sguardo con cui si giudicano e si interpretano le culture e le identità diverse. L’Iguana è, in questo senso, un simbolo potente della resistenza dell’altro all’essere ridotto a oggetto di studio o a semplice curiosità esotica.
Inoltre, la figura dell’Iguana può essere letta attraverso il prisma del postumanesimo, una corrente filosofica che mette in discussione la rigida separazione tra umano e non umano. Nel suo Manifesto Cyborg,(1) Donna Haraway sostiene che le categorie con cui definiamo la realtà sono spesso costruzioni sociali piuttosto che dati oggettivi. L’Iguana di Ortese incarna proprio questa fluidità ontologica: non è né animale né pienamente umana, e questa sua condizione la rende un soggetto radicale, che sfida le gerarchie tradizionali della conoscenza.
La tensione tra realtà e illusione, tra percezione e verità, diventa così il cuore pulsante del romanzo. Non è solo Don Carlo a dover imparare a vedere oltre le apparenze, ma anche il lettore, che è chiamato a interrogarsi su quanto il suo stesso sguardo sia condizionato da preconcetti culturali e ideologici. Il viaggio di Don Carlo a San Lorenzo si rivela dunque non un semplice viaggio fisico, ma un percorso di disvelamento, un processo che ci ricorda quanto la verità sia spesso nascosta dietro il velo delle nostre stesse illusioni.
In definitiva, L’Iguana di Ortese è un’opera che ci spinge a mettere in discussione i confini del reale e del percepito, obbligandoci a interrogarci su quanto il nostro modo di guardare il mondo sia influenzato dalla cultura e dall’educazione ricevuta. Come nel mito della caverna platonica, ci troviamo davanti a ombre proiettate sulla parete, ma il vero compito è avere il coraggio di girarsi e osservare la luce che le genera.
Confronto con altre opere letterarie: l’illusione nella storia della letteratura Il tema dell’illusione e della realtà percepita in modo distorto è centrale in molte opere della letteratura mondiale. Possiamo tracciare un parallelo tra L’Iguana e altri grandi romanzi in cui la percezione della realtà è il vero fulcro della narrazione. “Don Chisciotte” di Miguel de Cervantes (1605-1615): il celebre hidalgo è vittima di un’illusione che lo porta a vedere giganti dove ci sono mulini a vento, dame dove ci sono contadine. La realtà è deformata attraverso il filtro della letteratura cavalleresca e del suo immaginario. Similmente, Don Carlo di Ortese osserva il mondo con il filtro della sua cultura e del suo pregiudizio occidentale. “Il grande Gatsby” di F. Scott Fitzgerald (1925): il sogno americano si rivela un’illusione destinata a infrangersi. Gatsby costruisce un mondo basato su desideri e fantasie, proprio come l’uomo che nelle Upanishad crede di essere vivo senza conoscere la vera essenza della vita. “La metamorfosi” di Franz Kafka (1915): Gregor Samsa si risveglia trasformato in un insetto, eppure la sua coscienza sembra restare umana. La sua famiglia, invece, progressivamente lo disumanizza. Anche qui, la percezione è soggettiva e mutevole, proprio come accade nel romanzo di Ortese, dove l’Iguana oscilla tra il riconoscimento e l’alienazione. Queste opere condividono il tema della visione distorta e dell’errata attribuzione di significato alla realtà. La verità, sembra suggerire la letteratura, non è un punto fermo, ma una costruzione che muta a seconda dello sguardo che la osserva.
Conclusione
Una letteratura della rivelazione. Se la filosofia orientale ci insegna che la realtà è un’illusione e che solo attraverso la conoscenza possiamo riconoscerla per ciò che è, L’Iguana di Anna Maria Ortese applica questo concetto alla letteratura. Il romanzo ci spinge a mettere in discussione le nostre certezze, a diffidare delle apparenze e a comprendere che ciò che definiamo “vero” è spesso solo il riflesso delle nostre aspettative e dei nostri pregiudizi. L’opera di Ortese non si limita a raccontare una storia, ma lancia una sfida intellettuale ed emotiva al lettore: è possibile osservare il mondo senza i filtri imposti dalla cultura, dall’educazione e dall’abitudine? L’incontro con l’Iguana diventa una metafora dell’incontro con l’altro, con ciò che mette in crisi il nostro sistema di valori e credenze. Questo processo di disvelamento non riguarda solo Don Carlo, ma chiunque si trovi di fronte a una realtà che non corrisponde alle proprie aspettative. In un’epoca sempre più dominata da narrazioni preconfezionate e percezioni filtrate dai media, questa lezione è di straordinaria attualità. L’era digitale ha moltiplicato le illusioni, rendendo più difficile distinguere il vero dal falso, il reale dal costruito. L’influenza dei social media, la manipolazione dell’informazione e la creazione di bolle cognitive ci costringono a interrogarci costantemente su ciò che vediamo e su ciò che scegliamo di credere. In questo contesto, il messaggio di L’Iguana assume un valore ancora più profondo: solo attraverso il dubbio e il confronto possiamo sperare di avvicinarci a una comprensione autentica del mondo. La grande letteratura, come la grande filosofia, ci esorta a guardare oltre le apparenze, a mettere in discussione le nostre percezioni e ad accogliere la complessità del reale. Il romanzo di Ortese si inserisce in una tradizione che va da Platone a Pirandello, da Kafka a Borges, una linea di pensiero che ci insegna che il mondo è spesso meno solido di quanto sembri e che la ricerca della verità è un viaggio senza fine. Alla fine, il vero messaggio di L’Iguana è che non esiste una verità assoluta, ma solo molteplici prospettive che devono essere continuamente interrogate. Questo è il grande potere della letteratura: non offrire risposte definitive, ma aprire domande, mettere in crisi le certezze e farci vedere il mondo con occhi sempre nuovi.

Approfondimenti del Blog
(1) Upaniṣad
«A tutti i lettori che desiderano qualcosa di inaudito, che li porti di colpo oltre i confini della realtà; a tutti i lettori appassionati, annoiati, sazi, entusiasti, drammatici, frivoli, passeggeri, costanti – consiglio questo bellissimo libro, uno dei pochi destinati a onorare la letteratura italiana del dopoguerra. È stato pubblicato venti anni fa; ma sembra che nessuno l’abbia mai comprato, nessuno l’abbia mai letto. È come la principessa della fiaba, la cui bellezza si nasconde dietro gli stracci e la cenere. Soltanto alcuni happy few hanno alzato il velo grigio, hanno scosso con la mano la cenere, e sostengono che è un capolavoro» – Pietro Citati.
Quando il giovane milanese Aleardo, di famiglia ricca, nobile e illuminata, decide di approdare con il suo yacht nella sperduta isola di Ocaña, al largo del Portogallo, non sa quale inusitata avventura, e quale incontro fatale, lo attendano. Fino a quel momento, egli è «il compratore di isole», sempre incerto su quale comprare, perché Aleardo è sì facoltoso, ma anche rispettoso della generale dignità del creato e non vorrebbe turbarlo con indiscrete iniziative. Come giocando, un suo amico editore lo aveva sfidato a fornirgli un manoscritto capace di risvegliare i lettori intorpiditi per eccesso di offerte: e precisamente «le confessioni di un qualche pazzo, magari innamorato di una iguana». Appunto l’iguana attende Aleardo nell’isola di Ocaña, sotto forma di una «bestiola verdissima e alta quanto un bambino, dall’apparente aspetto di una lucertola gigante, ma vestita da donna, con una sottanina scura, un corsetto bianco, palesemente lacero e antico, e un grembialetto fatto di vari colori». Quell’iguana, come la prima materia dei testi alchemici, è ciò che di più vecchio e insieme ciò che di più giovane si possa trovare nella sostanza del mondo, è la natura stessa nel suo perenne invito alla «fraternità con l’orrore». Intorno a questa principessa-servetta e al suo principe illuministico e bisognoso di iniziazione la Ortese ha intessuto una perfetta favola romantica, genere fra i più ardui, che già aveva tentato vari grandi scrittori di lingua tedesca, da Novalis a Hofmannsthal, mentre in Italia non sembra aver attirato nessuno, forse anche per la profonda estraneità della nostra letteratura alla vena fosforeggiante del romantico. L’Iguana fu pubblicato per la prima volta nel 1965, incontrando una generale incomprensione. Oggi sappiamo che questo romanzo, nella sua impeccabile commistione di incanto e ironia, è destinato a rimanere un approdo felice per chiunque ami la letteratura.
(3)
Personaggi dell’Iguana
- Don Carlo Ludovico Aleardo di Grees
- Ruolo: Protagonista del romanzo.
- Descrizione: Giovane aristocratico milanese, erede di una grande fortuna, colto e raffinato. È un uomo abituato a vedere il mondo attraverso la lente della sua cultura europea e della razionalità occidentale. Inizialmente rappresenta la visione colonialista ed eurocentrica della realtà, che lo porta a interpretare l’Iguana come un’anomalia o una curiosità esotica.
- Evoluzione: Nel corso del romanzo, Don Carlo subisce una trasformazione interiore: da osservatore distaccato e padrone del proprio destino, si ritrova progressivamente in crisi, incapace di comprendere la realtà che ha di fronte. Il suo viaggio è un percorso di disvelamento che lo conduce a una nuova consapevolezza, anche se troppo tardi.
- L’Iguana
- Ruolo: Figura centrale e misteriosa del romanzo.
- Descrizione: Una creatura dal corpo di rettile e dalle sembianze quasi umane, serva della decaduta famiglia dei De la Cerna. Vive in condizioni di estrema povertà e subisce maltrattamenti. Il suo aspetto ambiguo e la sua posizione sociale la rendono un simbolo dell’alterità, dell’incomprensione e della marginalità.
- Simbolismo: L’Iguana è una figura tragica e complessa, che incarna la sofferenza degli esseri esclusi, sfruttati e incompresi. È la voce della natura umiliata, della fragilità che l’uomo moderno non riesce a riconoscere. Il suo essere “né animale né umano” rappresenta la difficoltà di classificare e comprendere ciò che esula dalle categorie imposte dalla cultura occidentale.
- Don Ilario de la Cerna
- Ruolo: Nobile decaduto dell’isola di Ocaña.
- Descrizione: Ultimo erede di una famiglia aristocratica ormai ridotta alla miseria, vive con i suoi due fratelli in una realtà fatiscente e surreale. Don Ilario è un personaggio patetico e grottesco, intrappolato in un mondo che non esiste più, incapace di accettare la propria decadenza.
- Simbolismo: Rappresenta la nobiltà in rovina, l’aristocrazia che si ostina a mantenere le proprie illusioni di grandezza nonostante l’evidente fallimento. Il suo atteggiamento verso l’Iguana riflette il disprezzo di classe e il bisogno di mantenere una gerarchia anche quando il potere è ormai svanito.
- Don Epifanio e Don Jeronimo de la Cerna
- Ruolo: Fratelli di Don Ilario.
- Descrizione: Come il fratello maggiore, sono uomini appartenenti a una nobiltà decaduta, ormai ridotti a figure ridicole e patetiche. Il loro atteggiamento oscilla tra il distacco aristocratico e la violenza repressa.
- Simbolismo: Anche loro rappresentano la decadenza della classe aristocratica e la sua incapacità di adattarsi alla realtà. Sono l’emblema di un potere ormai vuoto, che si regge solo su apparenze e su un senso di superiorità privo di fondamento.
- Il Cavaliere di Polverosa
- Ruolo: Figura enigmatica che compare nella seconda parte del romanzo.
- Descrizione: Un uomo che sembra incarnare il potere e la razionalità occidentale, ma che nasconde un lato oscuro. È affascinante, ma anche inquietante, e rappresenta una forma di dominio più sottile e insidiosa rispetto a quella dei de la Cerna.
- Simbolismo: Il Cavaliere è l’immagine del potere moderno, che non si impone più con la forza, ma con la seduzione e la persuasione. È un simbolo dell’inganno e dell’illusione del progresso, che promette benessere ma in realtà continua a sfruttare e opprimere.
- L’Isola di Ocaña
- Ruolo: Più che un semplice sfondo, è quasi un personaggio del romanzo.
- Descrizione: Un luogo sospeso tra realtà e sogno, caratterizzato da paesaggi desolati, rovine e un’atmosfera di decadimento irreale. L’isola è il simbolo di un mondo fuori dal tempo, lontano dalla civiltà moderna e dalle sue certezze.
- Simbolismo: Ocaña è il regno dell’illusione e della decadenza, un luogo che sfida la logica e mette alla prova chiunque vi arrivi. È il teatro in cui si svolge il dramma della percezione e dell’incomprensione.