Eliana Martini elegante, capelli neri, gli occhi verdi, bellissima, un fisico mozzafiato. Sapeva che quell’incontro con Vittorio, che le aveva cambiato la vita, un giorno l’avrebbe dovuto onorare per non rimanere provinciale a vita.

 

racconto

di 

Riccardo Alberto Quattrini 

♠♠♠♠♠♠♠

   In una fresca giornata primaverile, nel sottostante parcheggio dell’albergo, Vittorio Premoli era all’interno della sua auto, teneva aperto un quotidiano poggiato sul volante, la radio accesa, la sigaretta stretta fra le dita e lo sguardo nel vuoto. Gettava distrattamente boccate di fumo dal finestrino aperto. Eliana Martini uscì dall’albergo, una leggera brezza mattutina le sferzò il viso giovane e minuto, restò ferma davanti all’ingresso mentre la bussola girava ancora alle sue spalle. Indossava un tailleur grigio chiaro con una gonna a tubino che le coprivano solamente un terzo delle gambe sfacciatamente lunghe, inguainate nella seta nera appena velata, la piccola borsa blu a tracolla. Calzava scarpe nere col tacco alto che rasentavano le comuni leggi di gravità. Si guardò attorno alla ricerca dell’auto. La intravide sotto le canne di bambù del parcheggio, un poco più in basso. Discese i larghi gradini in pietra e s’incamminò, con qualche difficoltà lungola ghiaia sottile, verso l’auto. Vittorio la guardò mentre avanzava ancheggiando involontariamente per il terreno sconnesso. Era veramente troppo di tutto e quell’ossessione che da mesi lo perseguitava, stava compromettendo il suo lavoro. In tutta la sua carriera non gli era mai capitato di avere accanto un’indossatrice con quegli attributi. Pertanto non sapeva decidersi se considerare quella proposta di lavoro, che le fece mesi prima, una fortuna o una iattura. Ripiegò il quotidiano e lo gettò sul tappetino posteriore, mentre la seguiva con lo sguardo aprire la portiera e gettarsi dentro l’auto, portando una ventata di Guerlain che si mescolò a quell’odore stagnante di tabacco.

    «Ti ho cercato dappertutto. Perché sei scappato così presto questa mattina?» gli domandò, richiudendo la portiera e sollevando il finestrino.

   «Mi sono svegliato prima e sono sceso a fare colazione, poi ho…»  

   «Ehi, non era mica un rimprovero il mio. Era solamente una curiosità. Pensavo te la fossi presa per ieri sera. Meglio così», disse e si stirò la gonna con le mani.

   «Figurati. Si presenterà un’altra occasione. Vedrai.» Lei alzò le spalle sbuffando.

   «Sì, buonanotte! Spera, spera!» pensò.

   «Dormito bene, piuttosto?», le chiese avviando la macchina, e cominciando a ridiscendere i tornanti.

   «Sì, tutto bene. Ho fatto una dormita tutta filata», disse e si stiracchiò come una bimba. «E tu hai letto, o ti sei subito addormentato?».

   «No, ho guardato la televisione fino a tardi. Poi mi è venuto un sonno improvviso. Così mi sono addormentato con la televisione accesa che mi ha svegliato stamattina», disse mentre compiva una manovra a uno stretto tornante.

    «Dove andiamo oggi?», gli domandò con un sorriso leggero, guardando poi fuori dal finestrino, l’albergo che appariva e scompariva dietro le file di platani, mentre discendevano lungo la strada.  

   «Prima a Salò, poi a Riva. Vedrai che bello in questo periodo il lago», disse guardando i seni ampi e voluminosi che sporgevano dalla scollatura del tailleur.

   «La strada. Guarda la strada», gli disse Eliana che si era accorta di quelle occhiate, indicandogliela con la mano.

   «Sai che oggi fanno tre mesi che lavori per me?», disse inserendo una marcia.

   «Ci pensavo proprio questa mattina. Sono veramente contenta di averti dato retta sai. Se non fosse stato per te sarei ancora in quel negozio a fare la commessa e invece…».

   «Già», disse e guardò avanti a sé. Per poi aggiungere quasi subito, con un sorrisetto malizioso: «Lo so piccina mia, e mi aspetto un poco di riconoscenza da te», e le accarezzò le cosce sode che si mostravano da sotto la gonna corta e stretta. Lei scosse la testa e, guardandolo con un sorrisetto canzonatorio, gli prese la mano e gliela sistemò sul volante.

   «Guida, Vittorio. Guida», e guardò fuori dal finestrino il verde ampio della campagna che si mostrava al termine delle curve. 

   «Me lo hai detto tu, ora, che mi devi qualcosa», e le lanciò nuovamente un sorriso sottinteso.

   «Conosco bene cosa significhi il tuo qualcosa. Ma è proprio una fissazione la tua!». Vittorio stirò le labbra in un sorriso beato e annuì con la testa. Gli venne in mente la prima volta che la vide, in quel negozio di Thiene dove si era recato per mostrare la sua collezione d’abiti femminili, stagione autunno-inverno. Ne restò folgorato per la bellezza e l’eleganza, ma soprattutto per la coincidenza di quell’incontro. In realtà, qualche settimana prima Serena, la sua indossatrice, gli aveva prospettato che presto sarebbe convolata a nozze. In questo modo, dopo due anni, trascorsi a stretto contatto di gomito, percorrendo itinerari di mezza Italia, condividendo colazioni in buoni o discreti ristoranti e serate in anonime stanze d’albergo, ora lo abbandonava. E tutto, solo perché qualche bellimbusto, l’aveva chiesta in sposa. Fu per questo motivo, che vedendola, aveva pensato a un segno del destino.

   «Perché sorridi?», gli chiese guardandogli il profilo regolare.

   «Pensavo il giorno che ti ho conosciuto.»

   «Ti avevo fatto colpo, eh?», disse Eliana dandogli una leggera spinta confidenziale sulla spalla, mentre, giratasi su un lato, e appoggiata la schiena contro la portiera, lo sollecitò a continuare dicendogli: «Dillo dai. Che cosa pensasti appena mi vedesti? Sono curiosa. Non me lo hai mai detto.» Vittorio fece scivolare lo sguardo su per le cosce.

   «Sì buonanotte!», fece scuotendo più volte la mano a taglio. «Tu pensi solamente a quella. Sii serio, dai! Come sai esserlo qualche volta. Dimmi cosa pensasti.»

   «Diavolo Eliana», disse dando un colpo sul volante «Che cosa vuoi abbia pensato un tipo come me, vedendoti quel giorno, con quel gonnellino blu e la camicetta di seta che mostrava… mostrava due meloni così», e fece un gesto eloquente con le mani, lasciando per un attimo il volante. «E quelle gambe? Mmhh! Che spettacolo. Ho ancora nelle orecchie il rumore dei tuoi tacchi che scendono da quei gradini di plexiglas.»

   «Oh, sì. Ricordo sai, ricordo i tuoi occhi che frugavano sotto la mia gonna.»

   «Sì, una gonna quella? La chiamerei piuttosto uno scampolo quella.»

   «Già. E quando mi hai conosciuto, hai sempre visto solamente il mio corpo, o hai pensato che ci fosse anche una testa?»

   «Su Eliana, non iniziare a farmi la femminista ti prego, non ti si addice», disse mentre sorpassava un trattore agricolo con un erpice a rimorchio.

   «Non è che faccio la femminista, figurati. Mi dà fastidio che si pensi sia un contenitore vuoto. Io ho un diploma magistrale preso dalle Orsoline a Vicenza.». Vittorio rise forte. «Sì, sì, dalle Orsoline. Ma che ti ridi! E anche con una bella media.»

   «Ma dai! Veramente dalle Orsoline?», Eliana annuì. «Fantastico, un’educazione bigotta in un corpo così provocante. Che contraddizione!». Rise di gusto, mentre si fermava ad un semaforo rosso.

   «Sì, ridi, ridi», disse e si aggiustò il ciuffo, con un colpo deciso della mano, che le era sceso da un lato coprendole un occhio. «Ma ti ricordi», disse proseguendo «la faccia che facesti? E poi quel gesto plateale.».

   «Quale gesto?», chiese Vittorio corrugando la fronte.

   «Ma sì, la lettera. Quella che strappasti. “Sono proprio alla ricerca di una come lei…”», disse cercando di imitare la sua voce leggermente rauca. Vittorio sorrise e le fece segno di proseguire. «Sì. Poi continuasti dicendo: “…capace di indossare i miei capi e farli risaltare. Guardi, questo è il testo dell’inserzione che dovevo spedire” E zac! La stracciasti», e fece il gesto, poi rise di gusto assieme a Vittorio.

   «Già, ma quel gesto servì allo scopo. Non è forse vero?». E ripartì a semaforo verde. Lei sorrise e annuì con la testa.

   «Devo ammettere che quel gesto smaccato, mi colpì un poco.»

   «Un poco? Allora cosa ti fece accettare la mia offerta?», le domandò guardandole il profilo minuto.

   «Guarda!», disse Eliana indicando un deltaplano colorato che scendeva lentamente, vorticando verso il lago che, dopo l’ultima curva, apparve disteso e tranquillo sullo sfondo, adagiato tra le montagne, come immerso in una grande culla. «Hai visto?», disse Eliana. Vittorio si sporse verso il parabrezza per seguirne con lo sguardo l’evoluzione. Lei gli guardò gli occhi chiari, dallo sguardo innocente, come quelli di un ragazzo che si affaccia alla vita, cui è permesso di sperare e desiderare ogni cosa. Anche se aveva il doppio dei suoi anni, e tutti quei capelli grigi, perennemente lunghi e sempre un po’ spettinati, che gli conferivano un’aria da persona matura, quale non era. E il fisico, anche se un poco appesantito, ma ancora in una buona forma, grazie agli sport praticati in gioventù. Lo considerava un uomo decisamente affascinante. Ma se n’era sempre ben guardata dal dirglielo, chissà quali idee si sarebbe messo in testa. Ma non fu per questo che accettò la sua proposta. Lei vide la possibilità di togliersi da quella cittadina così provinciale e pettegola, che cominciava ad andarle stretta, che nulla avrebbe potuto offrirle, se non limitarle sogni e desideri di una giovane e bella ragazza quale era. Vittorio era dunque il gelso, lei il bombice pronto a dischiudersi e volare.

   «Allora…?», la sollecitò.

   «Allora, che cosa…?», chiese Eliana mentre entravano nel gran piazzale di un distributore di carburante.

   «Non mi hai detto del perché accettasti la mia offerta», disse posizionandosi accanto ad un distributore. 

   «Per il tuo fascino. Contento?», gli disse per cessare quella conversazione, che stava diventando monotona. L’uomo con la tuta blu si avvicinò al finestrino, si chinò appena, portando la destra alla visiera. 

   «Quanta ne faccio?», domandò. 

   «Il pieno», poi si rivolse nuovamente ad Eliana. «Sei soddisfatta, dunque?», sollecitò posandole una mano su una coscia, sentendo la seta riscaldata dai raggi del sole che filtravano attraverso il cristallo.

   «Sì, sono soddisfatta», disse con un tono infastidito, vedendo quella mano che lentamente saliva lungo le cosce. «Vittorio!», gridò «è proprio una mania la tua! Devi farti curare. Dai, su!», disse e gli prese la mano e gliela mise sulle sue gambe. Si sistemò la gonna tirandola con le due mani.

   «Dai! Non fare così», disse Vittorio e gliela rimise facendola salire sempre più su. La fermò improvvisamente dicendo: «Ma ti sei messa il collant?».

   «Perché. Non dovevo?».

   «Accidenti no. Oggi andiamo da Visconti. Quello è uno che sbava per queste cose. Era meglio se ti mettevi quelle con l’elastico.». Lei sorrise ironica.

   «Già, solo lui… sbava», disse sorridendo e scuotendo la testa. «E poi, che ci vuole? Guarda.». Si sporse sul sedile posteriore, armeggiò dentro una scatola e ne trasse alcune confezioni di calze racchiuse nel cellophane. Si risedette. Guardò Vittorio, e sorrise beffarda. Sfasciò una confezione e passatavi una mano all’interno della calza, ne guardò la trasparenza e il colore.

   «Ma che fai?», le domandò Vittorio «mi apri le confezioni, così… E ora che mi combini? Te le vuoi cambiare… qua…? ora?». Lei annuì. Fece salire un poco la gonna su per le cosce, quindi sfilatasi le scarpe, appoggiò i piedi sul cruscotto e, facendo forza sui glutei, si divincolò come una posseduta. Si sfilò lentamente il collant che gettò sulla faccia sbalordita di Vittorio, che, appoggiato un braccio sul volante, muoveva ora la testa in segno d’approvazione, ammirando quanto Eliana gli stava offrendo, al suo sguardo visibilmente eccitato. Ripiegò una gamba e vi infilò la calza che fece risalire lentamente fino alle cosce dove la sistemò lasciando che l’ampio elastico ricamato le segnasse la pelle liscia. Vittorio era rimasto estatico nel vedere lo slip nero che si era arrotolato al centro di quella fenditura bruna, facendogli intrave­dere i peli neri del pube. Lo stesso fece con l’altra gamba. Anche l’uomo della pompa, con la bocca semi aperta dove da un angolo, un leggero filo di bava, gli scendeva lento, con la scusa di pulire il parabrezza, aveva potuto godere di una visione tanto eccitante.

   «Ecco fatto», fece Eliana risistemando la gonna lungo le cosce «sarà contento, ora, il tuo cliente?».

   «Non solo lui», disse Vittorio indicandole il benzinaio, al quale gli chiese, dopo aver fatto scendere il finestrino: «Ti è piaciuto lo spettacolo, vero?».

   «Fanno settantacinquemila», disse sorridendo, visibilmente imbarazzato. Vittorio gli porse il denaro e ripartì. Lei accese l’autoradio e vi introdusse una cassetta nel mangianastri.

 

…anche un uomo può sempre avere un’anima

ma non credere che l’userà per capire te

anche un uomo può essere dolcissimo

specialmente se al mondo oramai

gli resti solo tu.  

Cantava Mina mentre Eliana ne seguiva le parole dondolando la testa.

   Nel pomeriggio, dopo aver pranzato a Salò si diressero verso Riva del Garda costeggiando il lago. Vittorio mantenne un’andatura tranquilla. Eliana era coricata sul sedile con gli occhi chiusi. Sonnecchiava. Improvvisamente Vittorio svoltò a sinistra inerpicandosi lungo una stretta strada asfaltata a malapena. Raggiunto uno spiazzo, poco più largo di un cortile, vi si fermò. Guardò Eliana che lentamente riapriva gli occhi. Osservò Vittorio proteso su di lei. Si stiracchiò e gli domandò:

   «Siamo già arrivati?», chiese e si guardò attorno.  

Vittorio scosse la testa e le baciò le labbra. Eliana non si mosse. Pensò che era giunto il momento di pagare quel prezzo, per non rimanere provinciale a vita. Lui la baciò con più insistenza introducendole delicatamente la lingua, che mosse veloce all’interno. Eliana la sentì calda che sapeva di tabacco. Vittorio si staccò da quelle labbra e la guardò negli occhi. Lei gli passò una mano dietro la nuca e l’attirò sulla sua bocca. Vittorio le accarezzò il viso minuto. Le baciò il collo sottile. Sentì la fragranza della pelle giovane inebriargli i sensi. Le mise una mano fra le cosce calde che accarezzò, percependo la pelle levigata. La spinse oltre, sfiorò così la stoffa dello slip che sentì leggermente umido. Vi fece scivolare sopra due dita avvertendo la morbidezza del sesso. Glielo accarezzò attraverso il tessuto. Eliana allargò lentamente le cosce come ad invitarlo in quell’universo dove egli amava perdutamente smarrirsi. A Vittorio non parve vero tutto ciò, era da troppo tempo che aspettava quel momento. Vi fece scivolare sotto le dita, accarezzò così i vellutati e morbidi peli dell’inguine, le passò lungo la fessura che avvertì gelatinosa. Iniziò a muoverle fuori e dentro molto lentamente, per qualche minuto. Eliana a un certo momento, mormorò qualcosa che egli non capì. Avrebbe voluto continuare per farle raggiungere l’orgasmo, ma era troppo eccitato, troppo forte era il desiderio di penetrarla al più presto. Si fermò facendole scivolare fuori le dita. Le sbottonò la giacca del tailleur, il reggiseno, troppo piccolo, che a malapena conteneva i floridi seni bianchi come due conchiglie madreperlacee. Glielo tirò verso il basso costringendoli a fuoriuscire, così sospinti verso l’alto, apparivano ora ancora più voluminosi. Li accarezzò delicatamente come se accarezzasse la testa di un neonato. Le baciò i teneri capezzoli che sentì inturgidirsi sotto le sue labbra. Scese a baciarle il ventre piatto e pronunciò per due volte, in un lieve sussurro, il suo nome. Gli sarebbe piaciuto dirle qualche frase ad effetto per farle capire ciò che provava in quel momento. Ma le parole non erano il suo forte. Tacque e risalì per baciarle le labbra. Eliana allungò una mano e gli tastò il pene che sentì inturgidito sotto la stoffa dei pantaloni. Armeggiò un poco con la cerniera. Vittorio le fermò la mano. Uscì dall’auto, vi girò attorno, aprì la portiera dalla sua parte. Abbassò il finestrino e la fece scendere. La guardòcosì scomposta. Quel perenne ciuffo nero che le ricadeva sopra l’occhio. Le labbra umide, carnose, protese in una smorfia vezzosa. Sentì crescergli un enorme passione, doveva penetrarla subito, lì, violentemente. Sfogare rapidamente quell’enorme carica erotica che lo consumava da quando l’aveva conosciuta. Ma, con un enorme sforzo si trattenne. Le sfilò la giacca, che gettò all’interno dell’auto. Le passò le braccia dietro la schiena e posatele le labbra sul collo, le slacciòil reggiseno. Lei, in silenzio, lo osservava con uno sguardo di profonda tenerezza. Era agitato come uno scolaretto invitato ad un simposio tra i grandi. Vittorio le guardò i seni pieni, lattei come sommità innevate. Richiuse la portiera e le fece segno di mettersi carponi, al di sopra di essa. Lei si sporse all’interno e, appoggiate le mani sul sedile, attese. Vittorio inginocchiatosi, le sfilò la gonna, accosciato si sporse all’indietro per meglio ammirare quella splendida visione.

   «Dio! Eliana!» esclamò. «Il tu corpo è esplosivo come una Santabarbara». Lei rise all’interno dell’auto cominciando a percepire il dolce calore del sole riscaldarle le natiche nude, e un piacere lento le assalì i sensi. Vittorio le fece scivolare, lungo le cosce lo slip che lasciò attorcigliato lungo una gamba. Le baciò i glutei, le cosce, il centro delle natiche. Si piegò sui talloni e, posata la schiena contro la portiera, le divaricò le gambe e vi entrò fra loro con la testa. Assaporò avido quell’effluvio acuto che si diffuse su per le narici. Sporse la lingua e la insinuò fra quelle labbra increspate e umide. La mosse lenta, per poi leccarla con regolarità, dall’ano alla clitoride. Eliana sentiva il sesso gonfiarsi e consumarsi sotto la possanza di quel muscolo, ogniqualvolta le lambiva la carne nuda, stillandole un piacere immenso al suo passaggio. Improvvisamente smise di lambirla, sentendo sopraggiungere quel desiderio per troppo tempo represso. Lo avvertì alle sue spalle che ansimava desideroso. Sollevò la testa e guardò all’indietro. Vittorio si era calato i pantaloni e aveva fatto uscire il sesso da una parte dello slip, era teso lucido e gonfio. Le appoggiò l’asta tra le natiche e, aiutatosi con una mano, le allargò le labbra gonfie e umide. La penetrò, sentì così il suo membro scivolare all’interno della vagina. Deglutì graffiando con le unghie il sedile dell’auto. La tratteneva con le mani per i fianchi sottili, per ridiscendere sui glutei, che lei spinse più in fuori. Avvertì che l’azione si faceva sempre più forte. Entrava e fuoriusciva, per arrestarsi per qualche attimo, per poi riprendere nuovamente quel saliscendi, ritmato da un tempo scandito come da un metronomo. Il desiderio si fece sempre più intenso, più vorticoso, per quei corpi che rispondevano unanimi al richiamo eccitato dei sensi. La mente di Eliana si svuotò. Il mondo le parve come risucchiato in un enorme buco nero e lei solamente carne da lussuria, carne da piacere, da soddisfare, carne da godere. Vittorio gemeva e si agitava sempre di più, sempre di più. Vittorio come Eliana avvertì l’orgasmo che le saliva dalla vagina e le correva lungo la schiena, per piantarsi nel cervello, che sentì come scoperchiato e libero. Godette e gemette mentre Vittorio posatole il membro fra le natiche, lo sentì zampillare sulla schiena nuda.

Eliana leggermente dolorante per quella posizione trattenuta a lungo, si alzò, si portò una mano sul sesso che sentì gonfio e bagnato. Sollevò lo slip che era rimasto impigliato su una scarpa. Vittorio era appoggiato sul cofano dell’auto, il viso cosparso di rivoli di sudore, ma disteso in una smorfia sottile lungo le labbra. Fumava con rilassatezza, facendo fuoriuscire il fumo dalle narici, subito dissolto da una brezza fresca e piacevole. Eliana, mentre s’infilava la gonna notò a terra, sul tappetino posteriore, il giornale ripiegato, aperto alla pagina delle inserzioni. Una di queste attirò la sua attenzione. C’era scritto: “NOTO STILISTA DI PARIGI, CERCA INDOSSATRICE ESPERTA, DI BELLA PRESENZA, PER PROPRIO SHOW ROM.. Seguiva il numero telefonico.

Eliana mentre terminava di abbottonarsi la camicetta, guardò verso il lago che si vedeva sullo sfondo, oltre la curva. Era di un colore blu scuro, schiumante per il vento teso. Avrebbe voluto fosse il mare, un lago è troppo circoscritto, ti delimita la fantasia. Solamente di fronte all’immensità del mare, osservando la linea scura che si staglia all’orizzonte, è possibile fantasticare.

Era quello che avrebbe fatto di lì a qualche giorno, da un finestrino del treno guardato il mare, mentre costeggiava la costa ligure diretta a Parigi .      

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Un commento

  1. Silvano

    27 Gennaio 2020 a 22:01

    Non sono un lettore di libri preferisco i fumetti, ma in qualita di ex commilitone mi hai incoriusito, sei stato molto dettaglialto, anzi super dettagliato, bravo, mi hai fatto rivivere uno dei miei momenti furenti che vissi da trentenne su una Ford Anglia in riva al fiume Tanaro con numerose zanzare che durante le manovre ….. non ebbero pietà di me e si dissetarono del mio sangue. Maledette ! Le ricordo ancora
    a distanza di 40 anni. Ma erano altri tempi ?

    rispondere

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